Come da attese, la notizia che il governo in vista della prossima manovra sta studiando – come anticipato dal Fatto – una nuova tassa sugli extraprofitti di banche e assicurazioni (e potenzialmente altri settori come energia e lusso) ha fatto prontamente salire sulle barricate Forza Italia. Che già nel 2023 aveva fatto di tutto per ammorbidire l’impatto sulla Mediolanium della famiglia Berlusconi di un analogo balzello annunciato in pieno agosto, ottenendo alla fine lo svuotamento della norma: alla fine gli istituti di credito non hanno versato all’erario nemmeno un euro. Risultato: davanti alla nuova spaccatura nella maggioranza, fonti governative si sono affrettate a negare che ci sia l’intenzione di colpire “alcuni settori dell’economia”. Ma non finisce qui: in autunno il problema di trovare coperture per la legge di Bilancio mentre entra in vigore il nuovo Patto di stabilità è destinato a ripresentarsi.
Il primo ad esporsi in favore delle banche è stato in mattinata il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli, sostenendo che le indiscrezioni di stampa creano “effetti negativi nel settore e una cattiva immagine nei mercati internazionali che valutano la serietà di un paese se le norme del settore sono stabili e mai retroattive”. Poco dopo è sceso in campo Maurizio Gasparri, presidente dei senatori, arrivando a definire “bugie” le notizie sulla tassa “visto che il governo di centrodestra le tasse le taglia non le aggiunge”. E chiedendo di “stroncarne” la circolazione “perché queste falsità su tasse che non ci saranno causano fluttuazioni di borsa e rappresentano soltanto un vantaggio per cinici speculatori“.
Curioso che commenti analoghi siano arrivati dal Pd, che lo scorso anno in linea di principio si era espresso a favore della misura auspicandone l’ampliamento. Ora il senatore Filippo Sensi ha parlato a sua volta di “misura sbagliata, iniqua”, chiedendo di fermarsi. E aggiungendo: “Già fecero una figura da pezzottari al loro esordio, finì con una poco onorevole marcia indietro. Ora ci riprovano a mettere tasse, sempre la solita manina, quella del sottosegretario al populismo”. Il riferimento è a Giovanbattista Fazzolari, che secondo Repubblica avrebbe insistito per il varo del “contributo di solidarietà” a stretto giro durante il consiglio dei ministri di mercoledì prossimo, l’ultimo prima della pausa agostana. Mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sarebbe stato più cauto e avrebbe spinto per un preventivo confronto con gli istituti.
Il presidente del M5s Giuseppe Conte, parlando all’Ansa, commenta: “Continua il balletto indecoroso sulla possibilità di una tassa sugli extraprofitti delle banche. Abbiamo presentato proposte di legge, abbiamo fatto appelli a oltranza e, dopo un lungo pressing, Meloni e Salvini avevano fatto la gara ad annunciare finalmente una tassa sugli extraprofitti. Poi hanno avuto la tremarella con i poteri economici e finanziari che hanno grande influenza sul Governo. Hanno ingannato e beffato i cittadini: non hanno preso un euro dalle banche ma hanno aumentato le tasse sui pannolini alle famiglie che non ce la fanno più. Noi continueremo a richiedere la tassa sugli extraprofitti a oltranza e siamo pronti a votarla subito, ho perso il conto degli appelli a Meloni per questo provvedimento e per estendere la tassazione agli extraprofitti assicurativi, farmaceutici e dell’industria bellica”.
Da Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli ha definito Meloni “non credibile, ipocrita“, perché il governo “sino ad oggi non solo non ha tassato gli extraprofitti ma, con le sue politiche, ha fatto aumentare i profitti a banche, società energetiche, del lusso, ai farmaceutici e all’industria militare. Sugli extraprofitti delle banche il governo ha già fatto retromarcia una volta e sulle società energetiche ha affossato la tassa sugli extraprofitti di Draghi”. Che a dire il vero era così malscritta da aver incassato un mese una parziale bocciatura da parte della Consulta.
Intanto dagli analisti sono arrivate le usuali valutazioni sui rumor: “L’indiscrezione sulla volontà di andare nuovamente a colpire i profitti delle banche è un elemento di disturbo, che va ad aumentare la rischiosità percepita sul settore (maggiore rischio regolatorio)”, scrive Equita, che ricorda anche come “l’introduzione di nuove imposizioni potrebbe essere ritenuta illegittima” dalla Corte Costituzionale “qualora non risponda adeguatamente ai criteri di ‘ragionevolezza, congruità, coerenza e proporzionalità'”. Anche secondo Intermonte “questi rumor possono creare incertezza ed avere effetti negativi sul settore” anche se “è difficile ipotizzare come potrebbe essere strutturata una tassazione specifica per alcuni settori che potrebbe essere giudicata discriminatoria e pertanto non attuabile”. E al di là dei cali in Borsa “non riteniamo che il rischio di avere effetti negativi concreti sia rilevante”: ipotizzando un aumento del 3% dell’aliquota fiscale l’impatto sull’utile per azione sarebbe del 2-4% e quello sulla capitalizzazione di mercato di meno dell’1%. Mediobanca – il cui ad Alberto Nagel ieri ha lamentato che “le banche italiane sono tra le banche con la tassazione fra la più alta in assoluto” – paventa il rischio di “incostituzionalità” e agita lo spauracchio di un calo degli investimenti diretti esteri nel Paese.