Se Putin chiedeva la liberazione di Vadim Krasikov, Stati Uniti e Germania volevano la scarcerazione di Alexei Navalny, per anni spina nel fianco e simbolo dell’opposizione interna allo zar. Ma proprio quando la proposta ufficiale di Washington e Berlino con il nome del dissidente sta per essere inoltrata a Mosca, il dissidente muore all’improvviso nella colonia artica in cui era rinchiuso dal 2021. E a quel punto, persa la pedina più importante, per ottenere la liberazione di Evan Gerskhovich, nel frattempo arrestato dalle autorità russe, Berlino e Washington chiedono a Mosca la scarcerazione degli uomini della rete di Navalny e offrono in cambio la liberazione di detenuti russi anche in Slovenia, Norvegia e Polonia. E’ il ruolo avuto dal nome del principale nemico di Putin nei negoziati conclusi con il mega scambio di prigionieri di ieri, secondo quanto ricostruito dal Washington Post.
Da anni Putin chiedeva che l’occidente gli restituisse Krasikov. Nell’autunno 2022 Mosca aveva fatto il suo nome nella trattativa in corso con Washington per liberare l’ex marine Paul Whelan, arrestato e condannato a 16 anni per spionaggio, e la star del basket Brittney Griner, fermata mentre trasportava una piccola quantità di olio di cannabis. All’epoca, però, la proposta era morta sul nascere: l’agente dell’Fsb era detenuto in Germania e gli Stati Uniti non avevano giurisdizione in merito. A dicembre Griner viene rilasciata in cambio di Viktor Bout, trafficante d’armi che stava scontando una condanna a 25 anni in America. E la trattativa riparte daccapo.
A inizio 2023 il Segretario di Stato Antony Blinken inizia a discutere con i colleghi su chi i tedeschi potessero volere vedere liberato dalla Russia in modo da indurre Berlino a contrattare la scarcerazione del sicario russo e i funzionari mettono sul tavolo il nome di Alexei Navalny, acerrimo nemico interno di Putin, l’uomo che per anni agli occhi del mondo occidentale era stato il principale oppositore del regime con i suoi articoli e le sue proteste di piazza. Ma nel marzo 2023 arriva il primo colpo di scena: Mosca arresta il reporter del Wall Street Journal Evan Gershkovich e partono le trattative per la sua liberazione.
Ad aprile Blinken e Sullivan sollevano di nuovo il possibile scambio di Krasikov con i pari-grado a Berlino e la richiesta arriva sulla scrivania di Olaf Scholz. A gennaio 2024 i negoziati accelerano. Biden invita il cancelliere alla Casa Bianca per discutere dello scambio. Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, parla con la sua controparte, il consigliere strategico Jens Ploetner, che il 2 febbraio risponde: Washington e Berlino possono trovare un approccio congiunto su Krasikov a patto che Navalny rientri nella partita. Biden riceve Scholz alla Casa Bianca il 9 febbraio, mentre i rispettivi uffici mettono a punto i dettagli di un accordo da offrire a Mosca. E qui accade l’imponderabile.
Il 16 febbraio arriva la notizia che Navalny è morto nella prigione siberiana in cui dal 2021 stava scontando una condanna a 19 anni. All’improvviso il nome chiesto da Germania e Stati Uniti per liberare Krasikov esce di scena. La trattativa si arena di nuovo. Ma Biden ha bisogno di un accordo: Donald Trump sta crescendo nei sondaggi e continua a promettere che “un mese dopo la sua elezione”, a novembre, Gerskhovic sarà libero: “Putin lo farà per me”.
Il Dipartimento di Stato riprende daccapo il bandolo della matassa. Sullivan ordina ai suoi di stilare un elenco di prigionieri politici legati a Navalny: non portranno più liberare lui, ma possono ancora far uscire i suoi luogotenenti. A fine marzo Biden invia una lettera a Scholz in cui delinea i contorni di una proposta di accordo e afferma che gli Stati Uniti hanno l’impegno degli altri paesi, tra cui Slovenia, Norvegia e Polonia, disponibili a rilasciare alcuni prigionieri russi come contropartita. L’ok di Scholz arriva a inizio giugno e Washington invia l’offerta a Mosca.
Il segnale che la trattativa è all’ultimo miglio arriva il 19 luglio quando Gershkovich viene condannato a 16 anni per spionaggio. E’ il segnale che Washington aspetta: la Russia ha nella maggior parte dei casi condannato i detenuti oggetto di trattativa prima del loro rilascio. Lo stesso giorno un altro tribunale condanna Alsu Kurmasheva, giornalista russo-americana della radio statunitense Free Europe/Radio Liberty, arrestata nel 2023. Anche lei diventerà una delle pedine liberate nello scambio finalizzato ieri.