Cinema

Andare al cinema per me è una tortura: nessun regista mi dà smarrimento estatico. Forse il migliore sono io

Andare al cinema ormai per me è una vera e propria tortura. Perché devo sorbirmi una miriade di spot di automobili supertecnologiche prima dell’inizio di un film? Bisognerebbe trasmettere invece dei cortometraggi di giovani registi per dare spazio a nuove idee, nuovi autori, nuove visioni del cinema. Il cinema è condannato a ristagnare se risponde solo a logiche commerciali, se non rischia di inoltrarsi nell’ignoto. Per non parlare della maleducazione degli spettatori che parlottano, che sgranocchiano popcorn e che non si vergognano di usare il cellulare in sala. In Francia questo non è ammesso, in Francia c’è ancora la sacralità del rito cinematografico, il fascio di luce del proiettore è un fascio di luce divina, così dovrebbe essere l’esperienza della sala. Silenzio, si proietta!

Detto questo, c’è proprio un problema di movimento del cinema, non sento più il cinema muoversi nella mia mente quando vedo un film, soprattutto un film italiano. L’ultima grande emozione è stata quel capolavoro che è Il ragazzo e l’airone del maestro giapponese Miyazaki, un film d’animazione vera e propria in cui mi sono perso, non sapevo più dove mi stessero portando le immagini, precipitavo in un burrone di creatività vertiginoso ed è quello che voglio e pretendo da un film: lo smarrimento estatico. Altrimenti tanto vale restarsene a casa, al riparo dalla maleducazione degli spettatori e vedersi qualche immagine su YouTube.

Lo smarrimento estatico lo provi solo quando senti che l’autore è pienamente libero di esprimersi, di andare dove vuole, dove lo porta la propria sensibilità e la propria fantasia. Questo accade oggi con i nostri autori di cinema? Chi c’è oggi nel panorama del cinema italiano in grado di farci sentire il movimento del cinema, la libertà delle immagini? Garrone? Con Io capitano fa il suo film più “cartolinesco”, resta in superficie, l’odissea dei migranti diventa paesaggio da cartolina postale e si rimpiangono i tempi dell’Imbalsamatore e di Primo amore. Sorrentino? Rovista sempre nei fondi di magazzino di Fellini. Che fine ha fatto Salvatore Mereu? Bellas Mariposas resta il suo film più bello ed è del 2012.

Moretti ormai fa il bigino di se stesso, un Moretti sempre più in miniatura. Il mio amico Silvano Agosti (a cui voglio sempre molto bene) è ormai dedito a fare sermoni su internet, con cadenza settimanale si fa intervistare e sciorina la sua filosofia di vita, dimenticandosi di essere un creatore di immagini pure e purificate. Tra i giovani ci sono i fratelli D’Innocenzo, hanno un aspetto angelico che nasconde il veleno del cinema spiazzante, ma lo spiazzamento non è ancora la vera emozione che cerco in un film, devi spiazzarmi ma nello stesso tempo portarmi in una dimensione nuova, devo sentire la palingenesi del cinema, altrimenti mi fai solo il solletico e mi lasci sulla soglia. Pietro Castellitto racconta con spudorata sincerità Roma Nord e il privilegio raro di portare un cognome famoso. Il suo ultimo film Enea non mi è dispiaciuto, c’era una leggerezza corrosiva e una scena cult: l’uccisione in macchina del mafioso mentre ricorda con tenerezza la propria madre, finisce crivellato di colpi in un agguato, in una fusione perfetta di tenerezza e crimine.

Poi nel film c’è il mio amico Giorgio Quarzo Guarascio che ci regala una versione speciale di Spiagge di Renato Zero. Non male, ma anche qui non possiamo parlare di una tendenza, sono casi isolati, non si può parlare di una nuova ondata, di una nouvelle vague italiana, ogni autore sembra chiuso nel proprio mondo, disconnesso, in preda ai propri demoni. Del resto un autore non può fare che questo: parlare di se stesso. Se lo fa con sincerità, possiamo stare al gioco. La vera tendenza del nostro cinema sembra essere questa produzione di commediole ben confezionate, molto televisive, abbiamo così i Pieraccioni, Verdone, Zalone, Cortellesi, Albanese e affini, tutti più o meno simpatici,
tutti più o meno ripetitivi, che si servono di un’impalcatura di immagini piatte, senza spessore e carisma, per sceneggiature connesse alle mediocri aspettative del pubblico: passare del tempo in una spensieratezza vivace e vagamente narcotizzante. Sono film da Mara Venier, da Domenica in, non è cinema, è uno studio televisivo col ciak. L’unica vera “commedia nera” che ho visto di recente è Kinds of kindness di Lanthimos, magari ci fosse un italiano in grado di fare una commedia del genere, ma ci vuole coraggio ed è proprio il coraggio che manca in Italia, non è ovviamente solo un problema di creatività ma di produzione, abbiamo una selva di produttori tra il furbacchiotto e l’insipido, senza una vera visione, senza amore e soprattutto senza libertà.

Il denaro è una divinità che non produce arte. Ecco perché se voglio ancora cibarmi di immagini svincolate dall’ossessione del denaro, non mi resta che andare su YouTube, in quel territorio gratuito si trova ancora la poesia, qualche anno fa vidi le immagini di tre ragazzi che si facevano la doccia sulla spiaggia, la luce era perfetta, come perfetta era la loro innocenza, sotto la doccia non c’erano gli Scamarcio, i Favino, i Germano, erano tre sconosciuti inconsapevoli che stavano giocando con un telefonino ed era cinema, vero cinema, libero, liberatorio, sontuosamente inutile, senza pesantezza di messaggio, contenuto o filosofia spicciola, solo lo stupore epidermico della giovinezza assolata e assoluta di tre giovani di cui per fortuna nessuna rivista di cinema parlerà.

Di chi mi sono dimenticato? Martone? Bravo, bravissimo, certo, ma i suoi film mi lasciano sempre sul volto il segno delle stanghette dei suoi occhiali. Non so come dire, ma sono film stretti. Ma vuoi vedere che tutto sommato, alla fine, il più grande regista italiano è Ricky Farina? Non essere cagati da nessuno è la mia forza, la mia libertà. Vi prego, continuate così, lasciatemi solo con me stesso, è la compagnia più stimolante che conosca. Motore, azione! Bellocchio? Cinema d’autore e d’impegno civile ma con qualcosa di petulante, mai piaciuto veramente. Chi altri oltre al sottoscritto? Amelio? E’ dai tempi de Il ladro di bambini che non mi emoziona più (uno dei film italiani più belli in assoluto). Marco Tullio Giordana? Ha il nome troppo lungo, mi stanco solo a pronunciarlo, però non è malvagio, ma non è quel cinema visionario e disorientante che desidero.

Chi dimentico? Sicuramente tanti, ma evidentemente sono dimenticabili. In ogni caso mi perdonerete oppure no, ma che importa, tanto non devo rendere conto a nessuno, a parte la mia adorata mamma. C’è Franco Piavoli, sì, ma è un adorabile eremita, mi piacerebbe incontrarlo un giorno per chiedergli di fare Il pianeta azzurro due, la vendetta. Ah, questa estate vado in vacanza a La Ciotat, chi ama il cinema sa di che cosa parlo. Nel 1896 fu girato il film più spaventoso della storia del cinema, quell’arrivo del treno che spaventò gli spettatori fino a farli scappare, ecco, forse è questo che cerco: un film che mi spaventi fino a farmi scappare dalla sala verso la vita! Il cinema vero ti fa venire voglia di tuffarti nella vita con gioioso stupore. Più vita, più cinema, più verità, più libertà. W Ricky Farina!