I cittadini elettori, anche quelli schierati con l’amministrazione di turno in carica, dovrebbero sapere che spesso i politici che hanno eletto coltivano l’hobby dello sperpero dei loro soldi, e che lo fanno anche per difendere interessi di minoranze molto, molto impattanti sull’ambiente. La Regione Lombardia lo fa da decenni, promuovendo regolamenti e atti in campo venatorio in aperto contrasto con la legge quadro nazionale e con le direttive europee. In questo caso lo spreco sta soprattutto nelle spese legali affrontate in decine e decine di procedimenti giudiziari, che nel tempo hanno visto Palazzo Lombardia soccombere di fronte ai ricorsi promossi dalla Lega per l’abolizione della caccia; ma è anche più articolato.

Come definire appunto se non uno sperpero vergognoso di 250mila euro in una ricerca e in una determinazione di cui altri si stanno già occupando, tra l’altro per effetto di una sentenza del Tar che ha censurato i vertici regionali costringendoli a non occuparsi ora dell’applicazione di norme che hanno sistematicamente ignorato nel passato?

In sintesi, dopo una battaglia durata oltre trent’anni gestita quasi esclusivamente dalla Lac e segnata da sentenze sempre avverse e appunto sempre ignorate, la Regione è stata esautorata dal compito, obbligatorio, della definizione e dell’istituzione dei valichi interessati dalla migrazione degli uccelli, i famosi “colli di bottiglia” che l’avifauna utilizza per i propri spostamenti stagionali e che in alcune zone del Nord, nel Bresciano in particolare ma anche nella Bergamasca e in altre aree lombarde e del Veneto, sono – in barba agli obblighi di legge – tappezzati da appostamenti fissi di caccia e/o interessati dalla pratica del tiro a volo; senza dimenticare la presenza di reti e trappole.

In queste aree, ben conosciute da decenni, se non da secoli, la legge quadro nazionale 157 del ’92 prevede l’interdizione di qualsiasi forma di caccia nel raggio di mille metri dal “corridoio” individuato. Ma non è quasi mai successo, se non in modo parziale, per esempio lasciando al loro posto gli appostamenti, o attraverso provvedimenti-truffa che definivano e proteggevano valichi montani ad alta quota dai quali – gli ornitologi lo sanno – non passa quasi nulla.

Ecco perché il Tar della Lombardia, sulla base dell’ennesimo intervento giudiziario della Lac, ha affidato direttamente (e finalmente) all’Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – il compito di stilare l’elenco dei siti. Peccato che l’Ispra non piaccia a Palazzo Lombardia e soprattutto non piace a consiglieri e presidenti di commissione diretta espressione del mondo venatorio. Perché i pareri che rilascia sulle continue, illegali e compulsive richieste delle Regioni di violentare le norme a tutela della fauna selvatica sono generalmente negativi, e non è detto che il recente incontro che i vertici dell’Istituto hanno avuto con l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, in trasferta insieme ad altri portaborse della lobby venatoria in Regione, siano serviti ad “ammorbidirne” le determinazioni.

Così ecco la trovata: la Regione ha appunto deciso di buttare dalla finestra 250mila euro per affidare una ricerca parallela sui valichi perfettamente inutile, visto che i dati sui flussi migratori e la loro localizzazione sono una realtà scientifica da decenni, all’Università dell’Insubria. Ora i cittadini elettori, anche quelli pro Regione, sanno come vengono buttati i loro soldi. Non lo sanno ancora i magistrati della Corte dei Conti, ma lo sapranno prestissimo, perché la Lac presenterà loro un esposto sull’ennesimo caso di spreco di risorse pubbliche.

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