Politica

Legge elettorale: quanti inganni in difesa della stabilità

di Carmine Di Filippo

La stabilità di un governo dipende dalla compattezza dei partiti che lo sostengono. Capita che il leader di un partito dia di testa, ritiri l’appoggio e faccia cadere il Governo. La soluzione fascista nel 1923 fu la legge Acerbo, che assegnava i due terzi dei seggi al solo partito più votato col minimo del 25% dei voti. E fu ‘stabilità’ totale.

Non è il voto degli elettori ma la legge elettorale che determina il peso dei partiti in Parlamento.

L’Inghilterra ha il sistema uninominale a turno unico. Alle ultime elezioni i laburisti hanno ottenuto il 33,7% di voti e il 63,3% di seggi (412/650). Dal 1990 i primi ministri sono stati 8, ma negli ultimi 8 anni si sono alternati 4 governi.

La Francia ha il sistema uninominale a doppio turno con sbarramento. Dopo i risultati del primo turno s’è parlato di ‘vittoria’ di Rn, valutazione che non ha logica nemmeno nel calcio: una squadra può essere in ‘vantaggio’ a fine primo tempo, ma non ha ‘vinto’ ancora niente.
I risultati definitivi hanno visto Nfp ottenere il 25,8% dei voti e il 31,2% dei seggi (180/577); Ensamble il 24,5% dei voti e il 27,6% dei seggi; Rn il 37,1% dei voti e il 24,6% di seggi. Ci sono state le desistenze, che possono anche non piacere ma sono legittime. E c’è difficoltà a fare un governo.

L’Italia ha il Rosatellum: la Destra ha avuto il 44% dei voti espressi ma il 59% dei seggi, con l’83% nel maggioritario.

Anche negli Usa il sistema anacronistico dei Grandi elettori non dà la carica di Presidente al più votato. Trump ‘vinse’ contro Hillary Clinton con 2,8 milioni di voti in meno. Ma quel sistema ha il palese difetto di spaccare in profondità la società.

Il termine ‘vittoria’ è fuori luogo: non sono incontri sportivi ma elezioni, con cui si seleziona chi rappresenta ‘di più’ l’elettorato e ha il diritto/dovere di governare. La rappresentanza è un valore di ordine superiore rispetto alla stabilità. I collegi uninominali non rispondono alle due necessità: rappresentanza e stabilità. Si parla di stabilità ma si confonde con durata e considera i numeri: troppi 68 governi dal 1945; ma inganna perché tace sulla loro qualità. Ben 28 sono stati guidati da soli 5 politici (De Gasperi, Fanfani, Moro, Rumor e Andreotti). Berlusconi ne ha guidati 4 senza cambiamenti di linea politica. Stabilità politica certa per sostanza. A valutarne gli obiettivi, al massimo si arriva a una decina di governi davvero diversi, dal 1945 ad oggi. E comunque si è votato solo 20 volte.

La signora Meloni, attualmente presidente del Consiglio (PdC), nel programma elettorale concordato proponeva l’elezione del presidente della Repubblica. Ora propone addirittura l’elezione del PdC come ‘madre di tutte le riforme’. Non parla di legge elettorale ma, col fine della stabilità, vuole che al solo partito che ottiene più voti vada il 55% dei seggi. Non lontano dalla legge Acerbo e con buona pace dei suoi soci di governo. Lei mostrava le foto dei PdC e chiedeva: ‘li avete eletti voi?’. Ovviamente è un altro inganno: il nostro attuale sistema elettorale non lo prevede, non si poteva fare. La domanda che lei fa: ‘volete scegliere chi vi governa?’ a sostegno del suo premierato è fallace. Chiunque tende a rispondere sì. Ma poi, nel suo sistema, ‘vince’ chi ha più voti, fosse pure solo il 25%. Quindi l’altro 75% che avrebbe voluto un altro PdC non viene accontentato. Più inganno di così…

Questo populismo non mi pare necessario.

Ai tanto criticati governi tecnici si è giunti quando la classe politica non riusciva a dare di più. Non c’è prova che un Capo scelto col voto di una minoranza sia preferibile ad un tecnico, che ha comunque la fiducia della maggioranza parlamentare. S’inganna parlando di ‘giochi di palazzo’: lo prevede la Costituzione.

C’è chi critica una ‘certa sinistra’ che preferisce il proporzionale, diversa dalla ‘sinistra’ che voleva il Sindaco d’Italia e una sola Camera tanto tendente alla concentrazione di potere nelle mani di un Solo Uomo al Comando che piace a destra. Tanti danni non li vedo in un proporzionale con una legge elettorale decente.

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