“Pressioni per le dimissioni del Ragioniere generale dello Stato? Assolutamente no, magari gli esperti sono loro, certamente non noi. È una libera scelta del dottor Mazzotta. La scelta per la sostituzione risponderà a requisiti di alta professionalità, capacità e intelligenza”. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, replica così alle accuse dei senatori del Pd che denunciano “un’opera di spoil system da parte del governo Meloni” sulla Ragioneria generale, il dipartimento del Mef che ha come obiettivo statutario “garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche” stimando il costo di ogni norma e valutando la solidità delle coperture. Il leghista contrattacca – “Gli esperti sono loro” – evocando probabilmente l’autunno 2014, quando l’allora Ragioniere generale Daniele Franco ritardò la bollinatura della manovra di Renzi causa problemi sulle coperture del bonus bebè, provocando le ire dell’allora premier. Ma Franco rimase al suo posto, finendo qualche anno dopo – sempre senza conseguenze – anche nel mirino del portavoce di Giuseppe Conte ai tempi della legge di Bilancio che ha introdotto reddito di cittadinanza e quota 100.

Nei giorni scorsi invece il ragioniere generale Mazzotta, nominato nel 2019, è stato “accompagnato” alle dimissioni offrendogli la poltrona di presidente di Fincantieri. Questo dopo che il centrodestra l’aveva individuato come capro espiatorio per mancata previsione dei reali costi del Superbonus. L’esecutivo intende sostituirlo, durante il cdm di mercoledì prossimo, con Daria Perrotta, esterna alla Ragioneria: è capo dell’ufficio legislativo dello stesso Giorgetti, con cui ha lavorato quando il ministro era presidente della Commissione Bilancio della Camera e lei documentarista dell’organismo. Per i dem l’iter di nomina va modificato.

Il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia va all’attacco sottolineando che “la Ragioneria non è una struttura di staff alle dipendenze del governo ma un pilastro insostituibile del nostro apparato pubblico“. E si chiede se “tra le oltre 5mila persone dipendenti della Rgs” non ce ne sia “una in grado di fare il Ragioniere Generale”, il che eviterebbe di andare a pescare tra i collaboratori del ministro. Poi annuncia il deposito di un ddl per “tutelare e difendere, anche alla luce dei nuovi vincoli imposti dal Patto di stabilità, la trasparenza delle procedure di nomina, l’autonomia e l’indipendenza del Ragioniere generale dello Stato”.

“La destra”, ricorda il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd e primo firmatario del ddl, “ha attaccato a testa bassa la RGS, come se i partiti che il 110 lo hanno voluto e votato fossero dei passanti. Detto questo, il nodo da sciogliere adesso è sulla base di quali criteri verrà indicato il prossimo Ragioniere generale. Non è una nomina qualunque: parliamo della guida di una struttura di cruciale importanza, che verifica la tenuta dei conti pubblici in uno dei Paesi con il più alto debito pubblico al mondo. Per ricoprire questo ruolo chiave non serve un fedelissimo del Ministro dell’Economia di turno, ma una figura caratterizzata dalla massima autorevolezza e indipendenza possibile. Per garantire il rispetto di questi criteri le regole per la nomina del Ragioniere generale vanno cambiate”.

Per questo nel ddl si propongono “procedure simili a quelle previste per il presidente di Istat: la nomina del Ragioniere generale deve essere validata, con parere vincolante, dalle commissioni parlamentari competenti, e la scelta deve ricadere su personalità che non abbiano ricoperto incarichi di governo o di diretta collaborazione, e che abbiano una elevata esperienza professionale maturata per almeno 5 anni presso la Rgs, la Corte dei Conti, la Banca d’Italia, la Bce o l’Ufficio parlamentare di bilancio“, criterio che escluderebbe Perrotta. Al momento, il Ragioniere generale viene nominato dal governo su proposta del ministro dell’Economia, senza altre formalità né specifici requisiti. Giorgetti non sembra intenzionato a cambiare rotta.

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