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Venezuela, in migliaia in piazza contro l’elezione di Maduro, arrestati due esponenti dell’opposizione. Usa: “Prove nette di brogli”

Sugli striscioni si legge: “Non siamo terroristi, siamo gente di pace”. Sono migliaia i venezuelani che hanno risposto all’appello dell’opposizione del Paese e sono scesi per le strade di Caracas per rivendicare la vittoria alle elezioni di Edmundo González Urrutia alle presidenziali del 28 luglio. Fin dalle prime ore del mattino del 3 agosto, la popolazione ha cominciato ad affollare il viale principale di Las Mercedes, al suono dei cacerolazos, le casseruole e i suppellettili di cucina percossi in segno di dissenso. Sul voto continua a pesare il sospetto di brogli, anche a causa dell’insistenza con cui le autorità continuano a rimandare la pubblicazione dei verbali completi e definitivi degli scrutini.

Le manifestazioni, convocate dall’opposizione guidata da María Corina Machado e dal suo candidato alla presidenza, Edmundo González Urrutia, arrivano nel momento in cui un numero crescente di Paesi – su cui spiccano gli Usa – ha già riconosciuto il rivale di Maduro come presidente eletto. Parallelamente alle dimostrazioni anti-chavismo, il Partito socialista unito del Venezuela, attualmente al potere nel Paese sudamericano, ha indetto una “grande marcia nazionale per la pace” che mira a sostenere la regolare investitura di Maduro, presentatosi alle urne per un terzo mandato di sei anni. Deciso a non mollare, l’ex autista di autobus ha accusato l’opposizione di aver preparato attacchi con armi e granate durante le proteste.

Sulla legittimazione di Urrutia insistono in primis gli Stati Uniti, dove anche un gruppo di parlamentari bipartisan ha presentato un’apposita risoluzione al Congresso americano, dopo che il governo di Joe Biden, attraverso il segretario di Stato Antony Blinken, ha parlato di “prove schiaccianti” della vittoria dell’ex ambasciatore venezuelano. Posizione nel frattempo seguita da altri sei Paesi latinoamericani: Argentina, Uruguay, Costa Rica, Ecuador, Perù e Panama. Non ha invece ancora sciolto gli indugi l’esecutivo del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, secondo cui, anzi, la decisione americana di riconoscere González come presidente eletto del Venezuela mina la soluzione diplomatica ricercata dai governi regionali progressisti di Brasile, Colombia e Messico. Per Brasilia – che finora non ha riconosciuto formalmente neppure la vittoria di Maduro, annunciata dal Consiglio nazionale elettorale venezuelano – per una posizione ufficiale serve attendere la pubblicazione dei risultati finali. Nelle ultime ore sono stati arrestati due importanti esponenti dell’opposizione: il coordinatore nazionale del partito Voluntad Popular, Roland Carreño, e l’attivista Denni León, ex coordinatore di Vente Venezuela (il partito di Machado) nello Stato di Barinas.