Ambiente & Veleni

Orbetello e il disastro dei pesci morti. La causa? L’immissione in laguna di tonnellate di fertilizzanti e acque di scarico. Ecco perché non è “colpa del caldo”

L’aumento della temperatura dell’acqua è solo una delle cause che trascinato la laguna di Orbetello, in provincia di Grosseto, in piena emergenza, con migliaia di anguille, orate e spigole ritrovate morte ogni giorno (già raccolti 700 quintali) e ingenti perdite per aziende ittiche e settore turistico. Uno dei fattori principali e scatenanti, però, è l’enorme accumulo di nutrienti nella laguna, che porta a una crescita incontrollata delle alghe.

Da qui parte una catena di fenomeni naturali che ha come effetto più evidente la moria di pesci a cui si sta assistendo. In questi giorni il sindaco di Orbetello, Andrea Casamenti ha annunciato la richiesta dello stato di emergenza regionale, ha invitato i turisti a scegliere il territorio lagunare e il presidente della Regione, Eugenio Giani, ha annunciato la richiesta del riconoscimento dello stato di calamità naturale al Governo (così fu fatto nel 2015, quando morirono oltre 200 tonnellate di pesci). Venerdì 2 agosto, una delegazione della commissione Ambiente della Camera ha visitato la Laguna, mentre è attesa nei prossimi giorni una proposta di legge per l’istituzione di un Consorzio di gestione dell’area e lo stanziamento di risorse.

Il Wwf, che gestisce la Riserva Naturale ‘Laguna di Ponente di Orbetello’, area finora non interessata dai fenomeni di ipertrofia, ha sottolineato come uno dei fattori principali siano le “tonnellate di azoto che vengono riversate nelle acque della laguna provenendo dai fertilizzanti utilizzati nei campi agricoli e in parte anche dalle attività di acquacoltura”. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Nascetti, responsabile del centro Ittiogenico delle Saline di Tarquinia e professore ordinario di Ecologia dell’Università degli Studi della Tuscia, il problema è “l’accumulo di nutrienti nella laguna proveniente dalle attività umane, principalmente l’azoto che arriva dall’agricoltura e il fosforo, perché spesso i depuratori non funzionano e quella è una zona turistica”. Un fenomeno che Nascetti ha documentato anche altrove, per esempio – con le dovute differenze – nel lago di Vico, in provincia di Viterbo, che il professore ha studiato per 25 anni.

Troppi nutrienti (e alghe) nella laguna di Orbetello – I nutrienti non sono inquinanti, quindi non dovrebbero rappresentare un problema? Tutt’altro. “E di fatto le alghe ne approfittano e crescono a dismisura” spiega Nascetti. Da qui si innesca un meccanismo disfunzionale: in un ambiente lagunare, con una scarsa colonna d’acqua e, quindi, poca profondità, l’alga valonia aegagropila facilmente deperibile con l’innalzamento termico, muore e si decompone, creando un problema di anossia, cioè mancanza di ossigeno.

“Ma, soprattutto, la decomposizione porta alla produzione di ammoniaca e idrogeno solforato (causata dallo sviluppo di batteri e a cui si deve il cattivo odore percepito in diverse aree che circondano la laguna, ndr), che sono due veleni per gli animali. E, in casi come questo – aggiunge Nascetti – la mortalità dei pesci è dovuto soprattutto alla presenza di queste due sostanze prodotte dalla decomposizione delle alghe. Il resto lo fanno le temperature più alte dell’acqua e la mancanza di ossigeno, ma il nodo principale è la fioritura di alghe dovuta al livello di nutrienti e non controllata dall’uomo”. Nascetti ha studiato in modo approfondito gli effetti dell’aumento “graduale e inesorabile” del carico interno di azoto e fosforo nel lago di Vico, causato dalla produzione intensiva di nocciole. Le piantagioni coprono quasi 22 ettari. “In quel caso, l’alga rossa fiorisce per fortuna solo d’inverno.

La crescita è sempre causata dal sovraccarico di nutrienti dovuti all’utilizzo di fertilizzanti nelle aree agricole che circondano il lago” spiega Nascetti, sottolineando, però, che “quel tipo di alga produce microcistine dannose per la salute umana, perché cancerogene e tossiche, oltre a togliere ossigeno al lago”. Tra l’altro, le alghe in decomposizione finiscono sul fondo, vanno a fare sedimento e a ridurre ancora di più la colonna d’acqua. Esattamente come sta avvenendo a Orbetello. “Ed è un cane che si morde la coda – aggiunge – perché la morte delle alghe produce altro carico interno, sempre azoto e fosforo, che l’anno successivo farà ricrescere di nuovo tante alghe”. Tra le attività umane sono inclusi gli allevamenti di pesci, ma soprattutto la produzione di tipo intensivo, perché per allevare grandi quantità di pesci c’è bisogno di un apporto proporzionale di nutrienti che vengono messi nelle gabbie. “Certamente anche questo fattore contribuisce, anche se nella laguna è più sviluppato l’allevamento di tipo estensivo” spiega.

Cosa fare – Ed è questo il motivo per cui negli ultimi anni alcune aziende si sono dotte di gabbie offshore, portando gli allevamenti di spigole e orate dove le acque sono più profonde. Se, però, le forti correnti aiutano a disperdere azoto e fosforo, dall’altro lato si crea un problema di sicurezza delle gabbie, che si traduce in costi più alti per le aziende. Di fatto, la maggior parte degli allevamenti in Italia si trova in zone meno esposte da questo punto di vista. In alcune aree particolari, però, questo porta a problemi di vario genere, come si è visto negli ultimi giorni.

I miasmi delle carcasse di pesci morti arrivano a chilometri di distanza, svuotando le spiagge della Feniglia e di Ansedonia. “In generale, c’è un costo per le operazioni di pulizia, che non sempre che l’amministrazione comunale, la Regione o chi per loro vuol sostenere. Ma ormai questa è la soluzione – spiega Nascetti – si è accumulato un carico enorme di azoto e fosforo e quindi bisognerebbe portarlo via dalla laguna. Le alghe non fiorirebbero in quella misura se si abbassasse il livello di nutrienti”. Interventi di pulizia sono stati fatti nel corso degli anni, ma quelli attuati non bastano e neppure i fondi sono stati sufficienti.

Le risorse stanziate e mai utilizzate per il Sin – Va sottolineato, inoltre, che Orbetello è anche luogo di un Sin, un sito di interesse nazionale a causa dell’inquinamento, in particolare – per quanto riguarda la laguna – da mercurio. Nel 2016 il ministero dell’Ambiente ha stanziato circa 30 milioni di euro, rimasti inutilizzati, per messa in sicurezza e bonifica nel Sin di Orbetello. E queste risorse non sono state nemmeno inserite dal Governo Meloni nel periodo di programmazione 2021-2027 del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Secondo il sindaco Casamenti “alla laguna servono interventi strutturali che richiedono milioni e milioni di euro”. Cifra lontana da quella messa in campo finora: un milione di euro all’anno nell’ambito dell’Accordo di programma tra Regione e Comune. Un altro freno è stato messo dalla burocrazia. Ed ecco che da più parti si chiede la nomina di un commissario, perché è diffusa ormai la convinzione che, con la stessa cifra messa a disposizione, neppure il consorzio che si dovrebbe istituire tra ministero dell’Ambiente, Regione e Comune potrà risolvere la situazione.