Il 2 ottobre 2023, citando la cattiva qualità della gestione degli ospedali pubblici, il presidente egiziano al-Sisi suggerì che il governo avrebbe potuto costruire nuove strutture e affidarle ai privati.
Pochi mesi dopo, il 23 giugno di quest’anno, al-Sisi ha ratificato la legge 87-2024, che scardina l’intero sistema sanitario del paese e mette a rischio l’accesso alle cure mediche di milioni di persone.
La riforma consente al settore privato di gestire, in partnership col governo, le strutture sanitarie pubbliche esistenti e di crearne di nuove. Tutto è orientato al profitto: non è prevista alcuna limitazione dei costi delle prestazioni e il governo e gli investitori privati possono determinarli caso per caso. I regolamenti attuativi della legge avrebbero dovuto essere emanati entro un mese dall’entrata in vigore, ma alla fine di luglio non erano stati ancora messi a punto.
La legge, il cui testo è stato visionato da Amnesty International, è stata approvata dal parlamento dopo neanche un mese di dibattito, senza particolari consultazioni, nonostante il parere critico del Sindacato dei medici e, soprattutto, contro l’evidenza che milioni di egiziani ed egiziane sono privi di una tessera sanitaria o non sono in grado di sostenere i costi delle prestazioni della sanità privata.
Così, mettendo in mano ai privati le chiavi della sanità pubblica e dopo l’impennata dei prezzi, l’inflazione alle stelle e le interruzioni di corrente elettrica, il governo egiziano ha assestato un altro duro colpo ai diritti economici e sociali dei suoi cittadini.
Secondo dati del ministero della Salute e della popolazione, nel 2023 solo il 66% della popolazione aveva una tessera sanitaria: gli studenti, i lavoratori del settore pubblico e privato, le vedove e i pensionati. Non è noto il numero delle persone in grado di stipulare un’assicurazione sanitaria privata ma non dev’essere granché significativo, a causa della dilagante povertà.
La legge esclude dal suo ambito di applicazione i centri di assistenza primaria, i servizi di ambulanza, quelli che potrebbero rendersi necessari a causa di disastri naturali, le trasfusioni e la raccolta del sangue e il contrasto alle emergenze.
La legge, inoltre, prevede che gli ospedali pubblici gestiti dai privati debbano riservare “una percentuale” dei loro servizi a persone che hanno la tessera sanitaria o le cui cure debbano essere coperte dallo Stato. Ma a quanto ammonti quella percentuale non è dato saperlo.
Un’altra percentuale, invece, è nota ed è preoccupante: la legge obbliga il settore privato a mantenere il 25 per cento del personale degli ospedali pubblici. In altre parole, una volta che la direzione di un ospedale pubblico passerà nelle mani di un privato, il 75 per cento dei lavoratori potrà essere licenziato.
Nel 2018 al-Sisi aveva ratificato una legge per garantire la tessera sanitaria a tutta la popolazione. Alla fine del 2023, era stata attuata in soli sei dei 27 governatorati. L’obiettivo, sempre secondo al-Sisi, dovrebbe essere raggiunto entro il 2028. Ma non è detto che basterà. Le “spese vive”, ossia i costi extra che devono essere pagati dai paziente e che potrebbero non essere rimborsati successivamente, sono già adesso esorbitanti.
In Egitto c’è un posto letto ogni 1000 persone, contro la media mondiale di 2,9 letti. Dal 2014 il governo non rispetta l’obbligo costituzionale di destinare almeno il tre per cento del bilancio alle spese sanitarie.