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L’Iran nella risposta a Israele dovrà tenere conto delle implicazioni a lungo termine

Dopo giorni di intensa attenzione e attesa per la risposta dell’Iran e di Hezbollah all’attentato israeliano a Tehran, che ha portato all’assassinio di Ismail Haniye, capo politico di Hamas, e al bombardamento israeliano di Dahiya, il sobborgo situato nel sud di Beirut dove è stato ucciso Fuad Shukr, comandante senior di Hezbollah, ieri il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha informato i suoi omologhi del G7 che un attacco da parte dell’Iran e di Hezbollah contro Israele potrebbe avvenire già oggi. Questa informazione è stata riportata da tre fonti al sito di informazione statunitense Axios, che hanno aggiunto di non conoscere il momento esatto degli attacchi né la loro forma.

Blinken ha spiegato ai suoi omologhi che gli Stati Uniti sperano di fermare l’escalation persuadendo l’Iran e Hezbollah a limitare i loro attacchi e ha chiesto agli altri ministri degli esteri di unirsi a questo sforzo applicando pressioni diplomatiche.

In seguito all’assassinio di Ismail Haniye, gli Stati Uniti hanno chiesto alla Cina e ad altri paesi, tra cui Turchia e Arabia Saudita, di convincere l’Iran a non rispondere all’attacco israeliano, invece di esercitare pressioni su Tel Aviv per evitare azioni che possono portare ad un allargamento del conflitto. “Abbiamo anche coinvolto alleati e partner europei negli ultimi giorni e li abbiamo esortati a inviare un messaggio chiaro all’Iran: l’escalation non è nell’interesse dell’Iran, della regione e del mondo,” ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Matt Miller.

Se l’attentato a Tehran rappresenta un’umiliazione per l’Iran, poiché, come affermato da James Jeffrey, presidente del programma per il Medio Oriente del Wilson Center ed ex ambasciatore degli Stati Uniti, dimostra la debolezza dell’Iran, incapace di proteggere i propri alleati anche nel proprio territorio, gli Stati Uniti, d’altro canto, hanno dimostrato di non avere alcun potere e influenza su Israele e le sue azioni.

L’impatto dell’assassinio di Haniye sulla deterrenza dell’Iran e le prospettive per l’“Asse della Resistenza”

“Seguendo questo tragico evento avvenuto all’interno dei confini della Repubblica Islamica, è nostro dovere vendicarlo,” ha dichiarato il supremo leader iraniano, Ali Khamenei, dopo l’uccisione di Haniye.

I membri dell’“Asse della Resistenza”, un’alleanza formata dall’Iran e composta da una vasta gamma di gruppi e governi in Yemen, Siria, Libano, Palestina e Iraq, hanno espresso l’intenzione di vendicarsi degli attacchi israeliani che mirano a imporre la propria egemonia e costringere l’Asse a rinunciare alla resistenza. Tuttavia, hanno sottolineato il loro desiderio di rispondere senza ampliare il conflitto.

L’attacco israeliano a Tehran è considerato senza precedenti dalla Rivoluzione del 1979. L’assassinio non solo colpisce una figura politica di rilievo, ma avviene anche in un luogo simbolico come il quartiere del Corpo delle Guardie della Rivoluzione. Questo attacco rivela gravi falle nel sistema di intelligence iraniano e la possibile presenza di forze interne alleate di Israele ben organizzate.

L’azione di Israele sfida direttamente l’Iran, mettendo alla prova la capacità del paese di rispondere in modo efficace senza scatenare una guerra regionale totale, che l’Iran desidera evitare. Secondo Al Jazeera Arabic, la risposta dell’Iran deve essere misurata e strategica per preservare il suo status di potenza regionale e mantenere la deterrenza contro Israele. Non rispondere potrebbe compromettere la credibilità dell’Iran tra i suoi alleati e mettere in discussione il suo ruolo di leader nell’“Asse della Resistenza”.

Tehran deve quindi considerare non solo la risposta immediata, ma anche le implicazioni a lungo termine sul piano regionale e internazionale. La strategia di attesa dell’Iran, mirata a creare tensione psicologica nel nemico, è alimentata dalla necessità di coordinarsi con i propri alleati e pianificare attentamente le proprie mosse, tenendo conto delle capacità difensive avanzate di Israele e del supporto degli Stati Uniti.

Israele vuole la guerra con l’Iran

Israele sembra orientato verso una guerra diretta con l’Iran per diversi motivi strategici e politici. Gli attacchi a leader politici e infrastrutture iraniane servono a paralizzare l’Iran e limitarne l’influenza nella regione, in particolare la sua capacità di sostenere gruppi militanti come Hezbollah e Hamas. Inoltre, un conflitto diretto con l’Iran potrebbe rafforzare la posizione interna del governo israeliano e consolidare il supporto tra la popolazione.

D’altra parte, gli Stati Uniti, pur essendo uno dei principali alleati di Israele e fornendo supporto militare e politico a Tel Aviv, hanno esplicitamente dichiarato di voler evitare un’espansione del conflitto che coinvolga direttamente le forze americane. La priorità degli Stati Uniti è raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e promuovere la de-escalation regionale. Tuttavia, la capacità degli Stati Uniti di influenzare concretamente le azioni israeliane, come visto in questi mesi, è estremamente limitata. L’approccio bellicoso e provocatorio di Israele è visto come una forma di pressione per ottenere un sostegno incondizionato dagli Stati Uniti in caso di guerra aperta con l’Iran.

Randa Slim, ricercatrice del Middle East Institute, ha dichiarato a Middle East Eye che l’attentato israeliano a Tehran presenta due scenari possibili: “Uno è che gli Stati Uniti siano stati complici in quest’assassinio. L’altro è che gli Stati Uniti non siano stati informati e non abbiano avuto alcun ruolo nell’attacco. Qualunque dei due scenari dimostra che gli Stati Uniti non hanno influenza sulle azioni israeliane. La credibilità degli Stati Uniti come garanti di un futuro accordo di cessate il fuoco è morta.”