Olimpiadi Parigi 2024

Olimpiadi, l’Italia fa il record di quarti e quinti posti. Da Pilato a Jacobs e Fabbri, perché ognuno ha un significato diverso

A Parigi 2024 la spedizione azzurra è a quota 14 quarte e 15 quinte posizioni: dimostra la profondità del movimento sportivo

Mentre per l’Italia il medagliere di questi Giochi Olimpici cresce, anche se non al ritmo forse troppo ottimistico con cui si era partiti, c’è una sorta di sotto-medagliere in cui gli azzurri sono al vertice, quello dei quarti e quinti posti. Dopo il bellissimo quinto posto di domenica di Marcell Jacobs nei 100 metri, l’Italia è a quota 14 quarte e 15 quinte posizioni, un dato a cui in questi giorni si sta dando una lettura molto differente.

In primo luogo bisogna sottolineare che poche altre volte l’Italia alle Olimpiadi è stata presente in tanti sport e con così tante chance da medaglia. Questo porta con sé molte possibilità di vittoria ma anche tante possibilità di “non medaglia”. La delusione di non essere riusciti a salire sul podio è sempre comprensibile, ma forse sono proprio questi quarti e quinti posti che mostrano la profondità sportiva azzurra, il vero fatto per cui si chiedeva una conferma in questi Giochi di Parigi.

L’Italia è presente in quasi tutte le discipline olimpiche e se la gioca fino alla fine, ma se questo è un dato di sistema determinante anche per il futuro, cosa pensa il tifoso medio, magari arrivato a questi sport e a queste gare dopo tre anni da Tokyo? Per un bias classico che si attiva quando magari si sa poco degli sportivi che gareggiano, chi guarda oggi i Giochi Olimpici si divide in due grande gruppi. C’è l’estremo per cui il quarto e il quinto posto è una iattura e la sconfitta più grande. Poi c’è chi invece crede che sia comunque una meravigliosa posizione.

I quarti e i quinti posti sono tutti diversi, come sono diverse le gare e gli atleti che li ottengono. Ci sono quarti posti di crescita, come quello di Benedetta Pilato nei 100 metri rana, step necessario a 19 anni per poter e aggiungere quei dieci metri che le avrebbero consentito di vincere la propria gara. Il quinto posto di Jacobs con un 9’’85 sui 100 metri è il segno concreto della grandezza dell’atleta, capace di riportare l’Italia in finale olimpica nella gara più iconica dei Giochi, così come il quarto posto di Alice D’Amato nel concorso generale di ginnastica artistica, dimostrazione di perfezione che la mette tra le più grandi ginnaste al mondo.

Dall’altro lato invece come non essere rammaricati per i due quarti posti di Simona Quadarella negli 800 e 1500 stile libero. La romana, soprattutto nella gara più breve ha dato tutto, stabilendo il proprio personale, ma non è riuscita a salire sul podio. Non poteva fare di più, ma poteva avere di più e anche per una questione anagrafica la delusione è davvero grande. Il quarto posto di Massimo Stano invece è ancora più fastidioso. Quando era con i primi e poteva aumentare il ritmo, come ha fatto a Tokyo per il suo oro olimpico, il cedimento di una caviglia lo ha tolto dal gioco delle medaglie e per quello che aveva vissuto in questo ultimo anno, Stano meritava di risalire sul podio dei Giochi.

Il quinto posto più deludente però è ad oggi quello di Leonardo Fabbri. In questa stagione aveva lanciato il peso oltre i 22 metri un numero consistente di volte, facendo addirittura il solletico all’americano campione di tutto, Ryan Crouser. Finale olimpica del getto del peso, primo lancio lunghissimo ma nullo, problemi con la meccanica che gli fa raggiungere solo 21,70, poi arriva improvvisa la pioggia. Fabbri lancia, rischia di farsi male e la gara finisce in maniera molto malinconica sotto l’acqua parigina.

Scegliere di dare un portato semantico ed emotivo a un quarto e quinto posto da casa è molto strano e lo è ancora di più se si pensa che spesso chi si bea dei quarti posti olimpici, fra due settimane vorrebbe scuoiare il centravanti della propria squadra del cuore dopo un rigore sbagliato. Per intuire in parte minima il peso di un quarto posto nell’animo di un atleta ne bisogna conoscere il percorso e la situazione in quel momento, anche se cosa voglia dire davvero lo saprà soltanto l’atleta stesso.