La ricerca di nuovi trattamenti contro il Parkinson potrebbe accelerare grazie a un nuovo modello sperimentale sviluppato da un gruppo di ricercatori del Brigham and Women’s Hospital(BWH) di Boston. Gli scienziati hanno infatti ideato un modello che è in grado di convertire in tempi record le cellule staminali in cellule cerebrali che hanno strutture proteiche caratteristiche della malattia di Parkinson. In questo modo è possibile studiare la malattia per ogni paziente, in tutta la sua varietà, in una capsula di Petri, cioè sul tipico “piattino” utilizzato nei laboratori di biologia per le colture cellulari.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuron, descrive quindi in dettaglio come il modello potrà un giorno essere utilizzato per sviluppare metodi diagnostici e terapeutici personalizzati per il Parkinson. “Abbiamo cercato di valutare la rapidità con cui potevamo creare cellule cerebrali umane in laboratorio che ci fornissero una finestra sui processi chiave che si verificano nel cervello dei pazienti con la malattia di Parkinson e i disturbi correlati come l’atrofia multisistemica e la demenza a corpi di Lewy”, spiega l’autore senior del lavoro, Vikram Khurana, responsabile della Divisione Disturbi del movimento presso il BWH. “E, a differenza dei modelli precedenti, volevamo farlo in un lasso di tempo sufficientemente breve affinché questi modelli fossero utili per screening genetici e farmacologici ad alto rendimento e sufficientemente facili da utilizzare per molti laboratori nel mondo accademico e industriale”, aggiunge.
Il Parkinson è una malattia cerebrale progressiva e degenerativa, si cui ne soffrono circa 300mila italiani. Tra i disturbi associati alla malattia sono inclusi un rallentamento dei movimenti, tremori, rigidità muscolare e disturbi del linguaggio. Il Parkinson, insieme ad altre condizioni neurodegenerative come l’Alzheimer, causa l’accumulo di proteine nei neuroni, che porta a un ripiegamento errato delle proteine e a una compromissione della funzionalità cellulare. Le attuali terapie possono alleviare alcuni sintomi, ma non affrontano la causa principale del ripiegamento errato delle proteine.
Gli attuali modelli di “Parkinson in provetta” possono trasformare efficacemente le cellule staminali in cellule cerebrali, ma non entro un lasso di tempo ragionevole per studiare la patologia in modo personalizzato così da offrire al paziente strategie di trattamento “su misura”. Eppure, seguire un approccio personalizzato è importante perché i pazienti con il Parkinson sono diversi e una strategia di trattamento unica potrebbe non essere efficace per tutti. La tecnologia sviluppata dai ricercatori del Brigham non solo consente che la trasformazione da cellule staminali a cellule cerebrali avvenga in modo riproducibile nell’arco di settimane anziché di mesi, ma permette anche ai ricercatori di sviluppare modelli che riflettono le diverse patologie da errato ripiegamento delle proteine che possono verificarsi nel cervello in questo lasso di tempo.
“Il problema è che il modo in cui si formano i cluster proteici nel Parkinson appare diverso nei diversi pazienti, e persino nelle diverse cellule cerebrali dello stesso paziente”, afferma Khurana. “Questo solleva la domanda: come modelliamo questa complessità nella capsula? E come lo facciamo abbastanza velocemente da renderlo pratico per la diagnosi e la scoperta di farmaci?”, aggiunge.
Per creare il nuovo modello, il laboratorio di Khurana ha utilizzato speciali molecole di rilascio chiamate vettori PiggyBac per introdurre specifiche istruzioni cellulari, note come fattori di trascrizione, per trasformare rapidamente le cellule staminali in diversi tipi di cellule cerebrali. Hanno quindi introdotto proteine inclini all’aggregazione come l’alfa-sinucleina, che è fondamentale per la formazione di cluster proteici nel Parkinson e disturbi correlati, nelle cellule nervose. Utilizzando CRISPR/Cas9, nota tecnica che consente di fare l’editing genetico, e altri sistemi di screening, i ricercatori hanno identificato diversi tipi di inclusioni che si formano nelle cellule, alcune delle quali protettive e altre tossiche. Per dimostrare la rilevanza per la malattia, hanno utilizzato i loro modelli di cellule staminali per scoprire inclusioni simili nei cervelli reali di pazienti deceduti.
Il lavoro consente nuovi approcci per classificare le patologie proteiche nei pazienti e determinare quali di queste patologie potrebbero essere i migliori bersagli farmacologici. Pur rappresentando un notevole progresso, il modello presenta diverse limitazioni che i ricercatori intendono affrontare. Per prima cosa, ad oggi genera neuroni immaturi. I ricercatori intendono replicare questo modello con neuroni maturi per modellare gli effetti dell’invecchiamento sugli aggregati proteici che si formano. Mentre il nuovo sistema può creare rapidamente sia neuroni che cellule “gliali” infiammatorie chiave nel cervello, l’attuale documento esamina solo queste cellule individualmente. Il team sta ora combinando insieme queste cellule per studiare le risposte infiammatorie al processo di aggregazione proteica che potrebbero essere importanti per la progressione del Parkinson.
Tuttavia, lo studio ha già notevoli applicazioni cliniche. “In un’applicazione chiave, stiamo utilizzando questa tecnologia per identificare molecole di radiotraccianti candidate per aiutarci a visualizzare patologie di aggregazione dell’alfa-sinucleina nei cervelli dei pazienti viventi che vediamo in clinica”, afferma Alain Ndayisaba, altro autore dello studio. “Questa tecnologia aprirà la strada allo sviluppo rapido di ‘modelli di cellule staminali personalizzati’ da singoli pazienti”, commenta Isabel Lam, altra ricercatrice che ha firmato lo studio. “Questi modelli vengono già utilizzati per testare in modo efficiente nuove strategie diagnostiche e di trattamento ‘in vitro’ prima di passare alle sperimentazioni cliniche, in modo da indirizzare il farmaco giusto al paziente giusto”.
Valentina Arcovio