di Marco Pozzi

Così mi sono immaginato l’incontro che avrei potuto avere con Gianmarco Tamberi ai Giochi Olimpici, dopo aver letto il suo profilo Instagram del 10 e del 16 luglio 2024.

Essere alle Olimpiadi è un’esperienza straordinaria. Ora mi trovo nella piazza centrale del Villaggio, il solo luogo in cui possono accedere gli invitati. Qui, nel grande caffè accanto al maxischermo dove vedere le gare, incontro Gianmarco Tamberi. “Le mie gare cominciano il 7 agosto, con la finale il 10,” esordisce, “ora mi sento meglio, ma che spavento a metà luglio!”.

Abbiamo letto tutti che durante il riscaldamento aveva sentito un fastidio al bicipite femorale: s’era dovuto fermare, perdendo le successive gare di avvicinamento ai Giochi, con la paura di non riuscire a recuperare la piena forma per le gare olimpiche.

“Ho pianto tre volte in ventiquattr’ore, paura, tensione, non so… rabbia, il ricordo di quello che mi è successo prima di Rio 2016, io che da strafavorito all’oro avevo dovuto rinunciare, standomene con un gesso al piede sul divano. È durissimo, irreale praticamente sentire il tuo corpo che non risponde come vuoi tu; non lo riconosci più, non è più il tuo, e allora ti scappa la voglia di fare lo sforzo, perché tanto sai che non arriverai mai dove vorresti arrivare. Perché farlo? Io non sono quelle gambe, mi dicevo, ne vorrei altre, vorrei le altre mie do quando vincevo. E ci si chiede: perché è capitato proprio a me? È colpa mia? Me lo sono meritato? Mi sono fatto mille domande, se per caso non avessi sbagliato qualcosa in quel riscaldamento, se non avessi posto abbastanza cura… Nel 2016 ero il favorito per la medaglia d’oro, ero in forma, da febbraio continuavo a vincere, a metà luglio salto 2,39, che è una misura eccezionale, poi la stessa sera tento il 2,41, a soli quattro centimetri dal record del mondo, che resisteva dal 1993, e… crac… la caviglia sinistra si rompe e bye bye Olimpiadi che sarebbero cominciate da lì a quindici giorni. Sai quante volte penso, perché c***o ho provato i 2,41, quando non ce n’era alcun bisogno? Senza quel tentativo inutilissimo probabilmente avrei in bacheca un secondo oro, e forse avrei saltato quei 2,41 a Rio, e forse anche di più, con l’adrenalina del grande evento in corpo, fino forse al record del mondo, e oltre!!! Ahhhh invece settimane intere col gesso, immobile, mentre le Olimpiadi si svolgevano senza di me… e dove fra l’altro l’oro l’ha vinto un canadese con 2,38, sotto la misura che avevo ottenuto io due settimane prima…”
Gli si inumidiscono ancora gli occhi, gli trema la voce.

“Dopo l’infortunio nel 2016 ho passato mesi davvero tosti. Il corpo poco a poco si riprendeva, recuperava, i medici erano ottimisti, le terapie avevano il loro effetto… eppure era la testa che non recuperava, e per quella non avevo terapie. E senza testa i muscoli non vanno, anche se li hai perfettamente alleati e ossigenati. Comunque, è stata dura ma ho recuperato e tutti hanno visto la mia vittoria a Tokyo 2020, che poi era nel 2021. Non mi ha proprio importato divedere l’oro con un altro atleta. Anzi, è stato pure un grande onore visto che Mutaz è un mio amico [Mutaz Essa Barshim, saltatore qatariota]”.

Io gli dico che una volta avevo letto una riflessone sulla frase attribuita al barone de Coubertin, “l’importante è partecipare, non vincere”: ogni atleta vuole e deve tendere all’eccellenza, ma può farlo soltanto attraverso il confronto; così la vera vittoria è su se stessi e i rivali non sono nemici ma testimoni e partecipi, e quindi amici.

“Esatto!” esplode Gianmarco, “mi piace essere testimone. E ci saranno tanti che testimonieranno la mia vittoria il 10 agosto! Ho più fame e cattiveria visto che mai nessuno nella storia è riuscito a vincere due medaglie d’oro in questo dannato sport e vi giuro che io farò di tutto per essere il primo a riuscirci. Non sarà facile, lo so… ma obiettivamente mi chiedo: cosa è stato facile nella mia carriera?!?!”.

Intanto ho terminato il mio caffè e Gianmarco la tortina che aveva ordinato al bancone. Ci alziamo mentre continuiamo a parlare, andando verso l’uscita. “In bocca al lupo per le gare!”. E lui grida, attirando gli occhi presenti nel bar: “Italia, this is for you!”, imitando LeBron James dopo la vittoria del titolo Nba a Cleveland nel 2016. Tutti ci guardano; noi ci allontaniamo ridendo come matti.

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