“I magistrati appartengono in maggioranza al genere femminile, che giudica non di rado in modo eccellente, ma è in equilibrio molto instabile nei giudizi di merito in materia di famiglia e figli“. “Essi non di rado appartengono alla categoria degli “psicolabili“, che manifestano nelle sentenze quello squilibrio, male oscuro, tipico della funzione. Male che giustifica il disegno di legge, presentato a suo tempo dal sen. Francesco Cossiga, volto a introdurre la visita psichiatrica per i candidati al concorso in magistratura”. Questi e altri insulti alla categoria delle toghe non vengono da un archivio berlusconiano d’annata, ma dall’ultima edizione di un celebre volume accademico: il Manuale di diritto privato di Francesco Gazzoni, classe 1942, avvocato, membro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta e per una vita professore ordinario di diritto privato e diritto civile alla Sapienza di Roma (ricordato ancora con sacro terrore dagli studenti). Nonostante Gazzoni sia in pensione ormai da qualche anno, la sua opera continua a essere aggiornata e consultata, in particolare per prepararsi al concorso in magistratura. E nell’edizione 2024, la 21esima, sono state notate alcune frasi che stanno facendo il giro delle chat di giudici e pubblici ministeri.

A saltare subito all’occhio è la considerazione per cui le donne magistrato sono “instabili“, soprattutto quando si tratta di decidere sulle cause in materia di famiglia. Ma più in generale, secondo l’accademico, le toghe nel nostro Paese peccano di ubris, il termine greco antico usato per indicare la tracotanza dell’uomo di fronte agli dei: “Ormai la ubris della magistratura italiana è incontenibile. Sentendosi superiore alla legge, a livello di padreterni, ignora l’obbligo dell’umiltà”. Il riferimento sembra essere in particolare alle decisioni in materia di suicidio assistito: “Si è assistito a invasioni di campo, sostanziali se non formali, ad opera di giudici, i quali ad esempio hanno ritenuto di poter decidere a quali condizioni si possono far morire cittadini incapaci di intendere e di volere. I giudici, in tal modo, hanno deciso in base ai valori non già fissati in leggi, ma espressione della propria visione del mondo, con (…) sostanziale violazione dell’art. 3 Cost. (il principio di uguaglianza, ndr), nonché del fondamentale principio della separazione dei poteri”.

Chi conosce Gazzoni lo descrive come un ultra-cattolico iper-conservatore, poco amato nell’ambiente accademico e non avvezzo alle relazioni sociali (il tentativo di raggiungerlo per un commento è risultato impossibile). Di sicuro le idee espresse nel manuale non aiuteranno a renderlo simpatico alle toghe. E il commento di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati (l’organismo di rappresentenza di giudici e pm) è durissimo. “Spiace molto che un manuale giuridico di pregio riesca in poche battute a impoverirsi così tanto“, dice al fattoquotidiano.it. Quelle usate da Gazzoni, sottolinea, sono “espressioni misogine e di stupido dileggio dell’ordine giudiziario, che con amara sorpresa ci tocca leggere in un testo dedicato soprattutto alla formazione dei giovani giuristi. Espressioni che al contempo avviliscono e indignano, mortificando chi le ha pensate, chi le ha scritte e chi ha ritenuto di pubblicarle”.

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