di Fiore Isabella
Ero a Bristol, due giorni fa, nel mentre una vivace folla antifascista proteggeva alcuni stranieri rifugiati in un albergo dalle grinfie di un gruppo di aggressive teste pelate. Non ero nel Regno Unito per il desiderio di sculacciare l’intolleranza neonazista – anche se la voglia di farlo non mi ha solo sfiorato. Ero lì per trascorrere qualche giorno con mio figlio e anche, non lo nego, per sfuggire alla calura che ha invaso il nostro italico stivale.
Tra una passeggiata e la cura del suo giardino ancora in embrione, le immagini di un evento che mi hanno dato la misura della diversa modalità delle polizie addette a garantire l’ordine pubblico nel Regno Unito e nella mia tanto amata patria. Le immagini, proprio per la disposizione sociometrica dei protagonisti, raccontano più di quanto ci direbbero mille verbali dei garanti alla sicurezza e le interpretazioni dei diversi schieramenti politici: il luogo dove risiedono gli obiettivi dell’attacco della sparuta ciurma di idioti inneggianti al nazismo difeso da una massa di determinati pacifisti che pensano ad un mondo in cui ci sia dignità e posto per tutti; in mezzo i poliziotti inglesi con il loro cani pronti a respingere la ventina di facinorosi che ancora non riescono a togliersi di dosso i panni degli attori della più grande tragedia dell’epoca moderna, il nazifascismo.
Tutta un’altra cosa rispetto alla polizia di Piantedosi e del governo Meloni che caricava i ragazzini delle scuole perché manifestavano per la pace e contro la guerra.