Si fa sempre più concreta l’ipotesi che l’Italia possa diventare un polo industriale per i costruttori cinesi di automobili. Ciò risponderebbe alle istanze del Governo, che ambisce a riportare la produzione di auto nel nostro Paese attorno a quota un milione l’anno – nel primo semestre del 2024, le fabbriche hanno “sfornato” 303.510 veicoli contro i 405.870 dello stesso periodo del 2023 – e, al contempo, ad affrancarsi da Stellantis e dal suo progressivo disimpegno dalla penisola: una retromarcia che ha generato un lungo braccio di ferro fra Esecutivo e vertici del colosso franco-americano.
L’ultima stoccata in ordine di tempo è arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha ricordato a Stellantis che “deve assumersi la responsabilità del rilancio dell’auto in Italia nel rispetto del lavoro e del sacrificio di intere generazioni, nel rispetto di ciò che Fiat ha dato all’Italia e di ciò che l’Italia ha dato a Fiat. Il profitto è importante, ma non è tutto. La Fiat era ed è a Torino e vogliamo che resti a Torino. Non ci rassegniamo a vederla diventare un museo industriale”. Appelli che, però, al momento, non trovano un effettivo riscontro.
Ad attrarre gli investimenti cinesi in Italia potrebbe essere pure la possibilità di far sorgere un impianto nella zona economica speciale per il Mezzogiorno, che comprende i territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Regioni all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.
Tuttavia, sarebbe candidato pure il territorio torinese, dove l’ex impianto Maserati Giovanni Agnelli (sito a Grugliasco) è ancora in attesa di un nuovo proprietario e dove l’indotto è già ampiamente formato ad assecondare le esigenze di un grande costruttore di automobili. Senza contare che, data la sua fortunata collocazione geografica, la penisola potrebbe garantire ai costruttori della Repubblica Popolare una logistica che assicurerebbe facile accesso al Mediterraneo, configurando l’Italia come quella porta di accesso sul mercato europeo che i cinesi bramano; specie adesso che consentirebbe loro di bypassare i dazi sulle auto elettriche fatte in Cina appena approvati da Bruxelles.
Secondo le ultime indiscrezioni, poi, il governo sarebbe impegnato in trattative avanzate con Dongfeng proprio per dar vita a uno stabilimento produttivo in Italia che funga da hub per tutta l’Europa. Un progetto a cui parteciperebbero imprese italiane della componentistica e in cui lo Stato avrebbe una partecipazione di minoranza. La questione sarebbe stata fra i temi centrali delle recenti missioni diplomatiche in Cina del ministro Urso e, successivamente, del presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Risultato? La firma di un memorandum d’intesa per una collaborazione industriale tra Italia e Cina. In scia a quest’ultimo è stata siglata una partnership strategica tra l’impresa italiana EuroGroup Laminations, attiva nel campo della progettazione, produzione e distribuzione di statori e rotori per motori e generatori elettrici, e la cinese Hixih Rubber Industry Group, operante nel campo della componentistica per il mercato automotive.
Nel frattempo, secondo indiscrezioni pubblicate dal Sole 24 Ore, il patron del marchio DR, Massimo Di Risio, avrebbe presentato al ministro Urso un piano per espandere il sito produttivo di Macchia d’Isernia. In ballo ci sarebbe un nuovo impianto di assemblaggio per modelli termici, ibridi ed elettrici progettati da colossi cinesi come Chery, Baic e la medesima Dongfeng. E che, come spiegato poc’anzi, permetterebbe a queste multinazionali di dribblare i dazi europei sulle auto Made in China. Al polo molisano sarebbe affidato l’assemblaggio completo dei veicoli, mentre le DR attualmente a listino sono prevalentemente fabbricate in Cina e solo “rifinite” in Molise.
Tuttavia, non c’è solo la Cina a essere attratta dallo Stivale: in Abruzzo, infatti, potrebbe presto avere sede l’impianto industriale della Aehra, startup italo-americana per vetture elettriche di alta gamma, la cui produzione è programmata da metà 2026. Lo stabilimento dovrebbe sorgere, ex novo, a Mosciano Sant’Angelo, in provincia di Teramo: per realizzarlo la startup vorrebbe accedere alle risorse del Fondo Automotive dello Stato al fine di coprire (non è chiaro che in che percentuale) l’investimento iniziale, calcolato in 1,2 miliardi di euro. L’impianto sarebbe realizzato su una superficie di oltre 200 mila metri quadrati e garantirebbe la creazione di almeno 650 posizioni lavorative.