Nulla sulle concessioni balneari. Durante la riunione del 7 agosto, ultimo appuntamento prima della pausa estiva, il cdm non ha esaminato alcun provvedimento sul caos delle gare previste dalla direttiva Bolkestein e avviate in ordine sparso dagli enti locali dopo che il Consiglio di Stato ha sancito l’illegittimità delle proroghe. La categoria ha annunciato per il 9 agosto una sorta di serrata – due ore di ritardo nell’apertura degli stabilimenti – per protesta contro il governo Meloni, che non ha mantenuto le tante promesse a favore della lobby dei concessionari, uno dei bacini elettorali delle destre. L’esecutivo si è limitato infatti a prendere tempo inviando alla Ue – ormai sette mesi fa – una discussa mappatura mirata a dimostrare la non scarsità delle spiagge. Bocciata dalla Commissione che ha chiesto di fornire cifre più accurate e veritiere.

Nei giorni scorsi Antonio Capacchione, presidente di Sib-Confcommercio, ha attaccato il governo dal sito Mondobalneare dicendo che “non è in grado di gestire il problema” e contestando la premier: “Quando era ai banchi dell’opposizione, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni tuonava contro la norma e prometteva che avrebbe salvato i balneari dalle gare; mentre da quando si trova a capo del governo, non ha fatto nulla di concreto. Ci ha promesso qualcosa che non ha saputo mantenere. Non ha avuto nemmeno l’umiltà e la serietà di ammetterlo. Se non è in grado di arrivare a una soluzione diversa, sarebbe opportuno portare a compimento la legge di Draghi. Invece non ha fatto nemmeno questo, e ciò è paradigmatico della sua incapacità“.

Intanto anche gli enti locali sono sul piede di guerra: la Regione Emilia-Romagna ha annunciato di voler fare da sola vista la “totale incompetenza” del governo che, dice l’assessore regionale al turismo Andrea Corsini, “prende in giro le imprese con false promesse e mette tutti i cittadini nelle condizioni di pagare le sanzioni per la mancata applicazione della Bolkestein”. Di qui la decisione di “scrivere e deliberare linee guida comuni e condivise per aiutare le amministrazioni costiere a fare le evidenze pubbliche” per i bandi delle concessioni balneari. Se ne comincerà a parlare nel merito a fine agosto, quando è già stato messo in calendario un incontro in Regione con i Comuni costieri e le associazioni di categoria dei balneari. “Ormai sono passati due anni da quando presentammo il nostro documento per dare un concreto aiuto alla riforma nazionale”, ricorda Corsini. “Un provvedimento largamente condiviso con il territorio e che aveva tutti gli elementi, dal riconoscimento del valore aziendale, degli investimenti fatti e della professionalità dei gestori alla sostenibilità sociale e ambientale del piano degli investimenti, per chiudere definitivamente e in modo positivo la vicenda. Non fummo ascoltati”.

Ora fonti di governo fanno sapere che a valle delle interlocuzioni con la Commissione “in una delle prossime riunioni del Consiglio dei Ministri verrà esaminato e approvato il provvedimento di riordino delle concessioni demaniali ad uso turistico-ricreativo, al fine di stabilire un quadro giuridico certo per gli operatori e per le amministrazioni locali”. L’attendismo però sembra suggerire che Chigi intenda rimettersi alle decisioni di Bruxelles, che come è noto ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata applicazione della Bolkestein. Al parere motivato arrivato a novembre l’Italia ha risposto con una mappatura delle coste secondo cui solo il 33% dei litorali sarebbe occupato da imprese balneari. Risultato a cui si arriva annoverando nelle aree costiere anche quelle militari e industriali, aeroporti, parchi naturali, porti. La Commissione non ci sta. Il prossimo passo potrebbe essere il deferimento del caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, come ha ricordato un portavoce.

“Il governo sulle spiagge non ha preso in giro solo i balneari ma tutti gli italiani”, commenta il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra Angelo Bonelli. “La premier Meloni, con la sua proposta di mappatura che ha aumentato la lunghezza della costa italiana da 8mila a 11mila km, ha anche ridicolizzato l’Italia in tutta Europa. Giorgia Meloni, dopo aver bloccato la riforma del governo Draghi che prevedeva l’indennizzo per i gestori di stabilimenti balneari che avessero deciso di non partecipare alle gare, ha proposto di mandare in concessione le ultime spiagge libere del nostro paese. La sua strategia di privatizzare gli ultimi tratti di costa liberi si lega all’inerzia colpevole della premier di non adeguare i canoni di concessione che hanno generato privilegi inaccettabili. Dalla spiaggia dello stabilimento Bagni Fiori di Paraggi che paga allo Stato 5840 euro l’anno di concessione, cifra che viene incassata in meno di mezza giornata, al Twiga di Briatore di Forte dei Marmi che paga allo Stato poco meno di 20mila euro l’anno ma fattura oltre 9,5 milioni l’anno. Ricordo che lo stesso Briatore ha ammesso i ‘canoni demaniali troppo bassi, dovremmo pagare molto di più”.

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