Mondo

Kamala Harris ha scelto il suo vice: ora vedremo se Tim Walz la aiuterà a battere Trump

Un uomo e un bianco – fin qui il pronostico è stato rispettato – che porti voti da uno Stato in bilico – e qui, invece, il pronostico è andato a vuoto: Kamala Harris ha creato una parziale sorpresa, scegliendo come suo vice il governatore del Minnesota Tim Walz. Forse perché è preoccupata che gli Stati in bilico si stiano ampliando, al di dà dei sette canonici di Usa 2024, Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, North Carolina, Georgia, Arizona e Nevada. O, forse, perché il suo obiettivo è l’elettorato in bilico, la classe lavoratrice rurale e industriale del Midwest e della Rust Belt, che comprende Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, dove i democratici devono vincere se vogliono restare alla Casa Bianca.

Il governatore Walz ha già dimostrato di essere capace di conquistare voti fra gli elettori rurali e conservatori del suo Stato e deve ora cercare di allargare il suo richiamo, anche se ha l’handicap d’essere poco conosciuto a livello nazionale. Di recente, ha però acquisito visibilità con sortite contro il candidato repubblicano Donald Trump e il suo vice, di cui è l’antitesi: dove il senatore dell’Ohio gioca la rabbia per l’esclusione, il governatore del Minnesota lavora sull’inclusione.

Ieri sera, Kamala e Tim hanno ballato insieme ‘the first Walz’, come titola la Cnn con un gioco di parole – l’ultimo valzer – comparendo per la prima volta insieme a Filadelfia, di fronte a una grande folla entusiasta (una novità, rispetto ai comizi per pochi intimi di Joe Biden). Lei lo presenta come “coach Walz”, l’insegnante (di geografia) che tutti vorrebbero avere e l’allenatore (di football) che gli europei conoscono dai ‘family movies’ americani.

Gli Stati Uniti del ticket democratico sono un Paese “compassionevole” e “gioioso”, che dà valore ai suoi cittadini e non li schiaccia, che garantisce a tutti diritti e pari opportunità, che ha come perno una classe media forte e produttiva, ma che non dimentica le categorie in difficoltà: un’immagine magari melensa da locandina dei film di John Ford e Frank Capra, ma almeno non terrificante come i film dell’orrore, truculenti e violenti, recitati da Trump e dal suo vice JD Vance, il duo che Walz definisce “strano”, con un’accezione negativa e inquietante.

In solo due settimane, dopo l’annuncio del ritiro di Biden, domenica 21 luglio, i democratici sono dunque riusciti a conferire la nomination formale a Kamala Harris, a ristabilire l’equilibrio di ticket, a recuperare nei sondaggi che ora non li danno più perdenti e a tornare in vantaggio nella raccolta dei fondi – l’annuncio di Walz ha aperto una nuova vena nella corsa all’oro della campagna Harris, con oltre 10 milioni di dollari ricevuti in sei ore.

L’interrogativo ora è se Walz possa davvero aiutare Harris a battere Trump. E questa domanda avrà una risposta compiuta il 5 novembre. Ma il primo punto, per Harris, era essere sicura che la scelta del vice non la danneggiasse, come invece potrebbe essere il caso per quella di Trump, che, dopo avere puntato sul senatore dell’Ohio JD Vance, passa il tempo ad aggiustarne le sortite fuori posto.

La selezione del vice da parte di Harris sembra avere tenuto conto di questa esigenza, ‘non farsi male’, dopo essersi ristretta a una rosa di tre candidati. Per motivi diversi, erano finiti fuori dai radar i governatori della California Gavin Newsom (presidente e vice non possono essere residenti nello stesso Stato), del Michigan Gretchen Whitmer (che intende portare a termine il proprio mandato e, intanto, coordina la campagna di Harris) e della North Carolina Roy Cooper, che s’è fatto da parte. Presi in considerazione, ma poi scartati, anche i governatori del Kentucky Andy Beshear e dell’Illinois JB Pritzker.

Dei tre finalisti, il senatore dell’Arizona Mark Kelly, ex astronauta e marito della deputata dell’Arizona Gabrielle Giffords, rimasta gravemente ferita in un attentato nel 2011 a Tucson, sembrava avere le carte in regola – Harris è una fan della corsa allo spazio – ma la sua scelta avrebbe lasciato scoperto un secondo seggio da senatore in Arizona, dopo il vuoto creato dall’inopinata decisione della senatrice anomala democratica Kyrsten Sinema di non ricandidarsi, con il rischio di compromettere la risicatissima maggioranza democratica in Senato.

Quanto al governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, lui aveva le carte in regola e poteva portare in dote il suo Stato, una casella cruciale per Usa 2024. Ma il fatto di essere un ebreo osservante poteva offuscare l’immagine di Harris, che ha già un marito ebreo, presso arabo-americani e movimenti filopalestinesi. Introducendo il ticket democratico nel meeting di ieri a Filadelfia, Shapiro s’è detto pronto a dare anima e corpo perché la Pennsylvania sia loro.

Walz, 60 anni – coetaneo di Harris -, un veterano della Guardia Nazionale e della politica, sposato con Gwen – anch’essa insegnante – due figli, fu deputato al Congresso per 12 anni, prima d’essere eletto governatore per due volte. La campagna di Trump l’ha subito bollato come “radicale di sinistra”, che sembra ormai essere la qualifica standard per qualsiasi avversario il magnate debba affrontare. “Noi pensiamo all’America, lui pensa a se stesso”, è la risposta, altrettanto standard, della campagna Harris-Walz.