Altro che spezzare le reni alla Ue e stoppare l’applicazione della direttiva Bolkestein. Nel giorno in cui i balneari hanno messo in scena una serrata in protesta contro l’inazione del governo sul nodo della messa a gara delle concessioni, il leader della Lega Matteo Salvini ha archiviato definitivamente tutte le promesse degli ultimi anni. Parlando al Versiliana Festival, il vicepremier ha infatti ammesso che la linea è cambiata. “Voi balneari fate bene a difendere il vostro diritto al lavoro”, ha detto parlando con il presidente Sib Toscana Alberto Nencetti. “Noi abbiamo chiesto prelazione per le uscite, indennizzo per chi farà altre scelte e anche una proroga per permettere di organizzarvi. Se arriva l’ok siamo contenti. Si sta negoziando su questo. La mappatura, su cui io avrei tenuto, non ritengono invece di considerarla. Se dall’Europa ci danno l’ok chiudiamo dopo 15 anni il percorso”.
Morale: per fare qualsiasi cosa serve il via libera della Commissione europea – altro che pretese di “rispetto” per l’Italia – e le gare vanno fatte, punto. Altro che disapplicare la direttiva con l’alibi della “non scarsità” della risorsa naturale costituita dalle spiagge, come il Carroccio ha proposto fino a qualche mese fa – prima delle Europee. Non solo: la mappatura che sostiene quella tesi inserendo nel novero delle coste anche aree industriali e militari e scogliere inaccessibili, ammette ora Salvini, è carta straccia. Cosa resta, allora, di tutte le rassicurazioni date finora alla lobby dei concessionari?
Solo la speranza che Bruxelles permetta all’Italia di garantire un diritto di prelazione al concessionario uscente e indennizzi a chi ha investito in uno stabilimento e perde la concessione – indennizzi del resto già previsti dalla legge sulla concorrenza varata durante il governo Draghi col voto contrario di Fratelli d’Italia, e di cui Meloni non ha mai approvato il decreto attuativo.