La discussione sulla corruzione oggi non può essere limitata a un dibattito sulle singole normative o sulla condotta di individui specifici. Deve essere inquadrata in un paradigma più ampio, che tenga conto delle crescenti disuguaglianze sociali, delle trasformazioni socioeconomiche e politiche degli ultimi anni e della ciclicità che caratterizza questo fenomeno. Un esempio emblematico è il caso dell’ex vicepresidente del Csm, che ha accettato la presidenza di una holding legata a un imprenditore coinvolto in una pesante inchiesta per corruzione.
Questo caso evidenzia le complesse dinamiche che emergono quando figure di spicco del mondo giudiziario o politico passano a ruoli di vertice nel settore privato, soprattutto quando il contesto è macchiato da sospetti o accuse di questo tipo. Questo fenomeno è parte di un problema più ampio, noto come “revolving door” (porta girevole), dove ex magistrati, politici e funzionari pubblici assumono incarichi di rilievo nel settore privato, spesso in aziende coinvolte in procedimenti giudiziari o fortemente regolamentate dallo Stato. Il fenomeno della porta girevole solleva dubbi sull’indipendenza e l’imparzialità delle istituzioni, facilitando pratiche corruttive e creando un intreccio di relazioni che rende opaca la separazione tra interessi pubblici e privati.
In parallelo, l’attuale dibattito politico in Italia, segnato dalla decisione di abolire il reato di abuso d’ufficio e dalla proposta di limitare le misure cautelari, sembra contraddire le raccomandazioni dell’Unione Europea, che chiedono un rafforzamento delle misure anticorruzione. Queste decisioni politiche possono avere un impatto diretto sulla percezione della legalità e della giustizia nel paese, rischiando di incoraggiare un clima di impunità per coloro che operano ai confini della legalità. Questo potrebbe alimentare un circolo vizioso, in cui il potere e l’influenza personale sovrastano le regole e i principi di integrità pubblica.
Uno degli elementi più significativi del cambiamento in corso è l’evoluzione delle relazioni tra settore pubblico e privato. L’interdipendenza crescente tra questi due ambiti comporta la necessità di adattare norme e misure di controllo a nuove realtà, dove il conflitto di interessi è spesso più sfumato e difficile da identificare. La corruzione, quindi, non è più solo una questione di atti illegali espliciti, ma si manifesta anche attraverso meccanismi legali che permettono a figure con potere pubblico di influenzare decisioni a favore di interessi privati sia durante che dopo aver lasciato il proprio incarico pubblico.
In questo contesto, le disuguaglianze socioeconomiche giocano un ruolo cruciale. Non solo creano una distanza tra i cittadini e le istituzioni, ma possono anche incentivare fenomeni corruttivi, poiché i gruppi più privilegiati hanno maggiori risorse per influenzare le decisioni politiche e amministrative a loro favore. Quando l’accesso ai beni pubblici è mediato da interessi privati, si sviluppa un sistema in cui il merito e la legalità vengono spesso sacrificati a favore di chi ha il potere economico o politico per esercitare tale influenza.
Un aspetto cruciale da considerare è la ciclicità della lotta alla corruzione. Spesso, sforzi visibili e apparentemente di successo nel contrasto alla corruzione generano una reazione che può portare a un ritorno della corruzione sotto forme diverse o persino più raffinate. In Italia, dopo Mani Pulite, abbiamo assistito all’ascesa di figure come Berlusconi, il cui approccio alla legalità è stato, per usare un eufemismo, controverso. Allo stesso modo, in Brasile, dopo il periodo di contrasto alla corruzione, il ritorno di figure come Bolsonaro ha dimostrato la resilienza di certi meccanismi corruttivi. Questo ciclo di avanzamento e regressione evidenzia un problema di equilibrio: la società spesso fatica a trovare un punto stabile tra la lotta alla corruzione e la sua manifestazione sotto nuove forme. È fondamentale, quindi, non solo contrastare la corruzione in modo reattivo, ma anche pensare a istituzioni alternative che possano prevenirne il ritorno ciclico.
Inoltre, la corruzione è spesso utilizzata come strumento politico specialmente dai leader populisti che si presentano come crociati contro la corruzione per guadagnare consensi. Tuttavia, una volta al potere, questi stessi leader possono sfruttare la corruzione come un mezzo per consolidare il proprio potere, come dimostrano i casi di Bukele in El Salvador o Lukashenko in Bielorussia. Questa strumentalizzazione della corruzione evidenzia la sua funzione ambigua: da un lato, viene denunciata come male da estirpare; dall’altro, è utilizzata come un mezzo per “far funzionare le cose,” soprattutto in contesti dove le istituzioni sono deboli o le disuguaglianze sono profonde.
Nel nostro Paese, per esempio, quando la pubblica amministrazione si trasforma nell’atto di governare, “fare le cose” può giustificare minore trasparenza nelle procedure. In Russia, ad esempio, la corruzione è così radicata da essere considerata un’istituzione che permette al sistema di rimanere coeso. Dopo l’invasione dell’Ucraina, la mancanza di opposizione tra le élite russe dimostra quanto siano forti questi meccanismi coesivi.
Per affrontare efficacemente la corruzione oggi, è necessario un cambio di paradigma che vada oltre la semplice repressione dei reati specifici. Questo cambio deve includere un rafforzamento delle misure preventive, una regolamentazione più stringente del fenomeno della “porta girevole” e una maggiore attenzione alle dinamiche di potere derivanti dalle disuguaglianze socioeconomiche. Solo così si può sperare di ristabilire una reale separazione tra pubblico e privato, garantendo che l’interesse generale prevalga su quello di pochi privilegiati riattivando meccanismi virtuosi di mobilità sociale.
Riconoscere che la corruzione può anche essere un “boost” di fiducia tra le élite, una vera e propria istituzione fatta di regole condivise, infatti, significa capire che la lotta alla corruzione non può limitarsi a misure di trasparenza o repressione. Bisogna lavorare per creare istituzioni alternative che possano garantire lo stesso livello di fiducia senza ricorrere alla corruzione. In questo modo, possiamo sperare di interrompere il ciclo di avanzamenti e regressioni, portando la società verso un equilibrio più stabile e giusto.