Pubblichiamo un intervento di Veralisa Massari, avvocata e volontaria dello sportello di mutuo aiuto attivato da alcune associazioni laiche presso la parrocchia di San Sabino, Bari

Mi sto occupando del tema abitativo da più di un anno e sulla scorta di istanze provenienti dallo Sportello di Mutuo Aiuto, attivato a Bari presso la parrocchia di San Sabino con varie realtà associative, presso cui sono volontaria, sento di intervenire nel dibattito sull’overtourism.

Anche a Bari è apparso un graffito che recita “Il tuo BnB, il mio sfratto”. La turistificazione delle città è percepita intuitivamente dagli abitanti come espropriazione di territorio: le proteste in molte località dimostrano che è un fenomeno generalizzato e deve preoccupare. Specie se Banca d’Italia denuncia l’ulteriore flessione del manifatturiero mentre avverte che è il turismo internazionale a trainare il Pil del Paese, ma per appena un +0,6%. La ministra Santanchè mercoledì scorso, a un’interrogazione parlamentare sul temuto aumento della tassa di soggiorno, risponde che per contrastare il sovraffollamento turistico ha stanziato 34 milioni di euro per promuovere le aree turistiche secondarie. Promuovere. Ma per cogliere il nesso tra iperturismo e crisi abitativa basta incrociare i dati del mercato immobiliare con quelli su lavoro e redditi.

Ad esempio, dai dati della Regione Puglia risulta che a Bari, di recente scoperta del turismo internazionale, decima città d’Italia per popolazione, le strutture ricettive extra alberghiere da ottobre 2023 a luglio 2024 sono passate da 2.464 a 3.242: quasi 800 in più in 8 mesi. Il numero di hotel è invece rimasto lo stesso (34).

La molteplicità delle forme con cui le locazioni brevi sono possibili, tuttavia, rende i dati opachi e di difficile lettura. E le opacità di solito piacciono alla criminalità, sia per mantenere in quell’opacità i relativi proventi, sia – al contrario – per ripulirli. Ma i dati confermano la percezione empirica di ciascuno di noi: ormai in quasi ogni portone delle zone meno periferiche della città c’è almeno un appartamento destinato al turismo, in maniera più o meno trasparente, e lo scopriamo mentre disperatamente cerchiamo casa in affitto nella città in cui viviamo e forse lavoriamo.

Nel frattempo, nel Rapporto 2024 sul mercato immobiliare in Italia, Agenzia delle Entrate – in tema di affordability della casa – riferisce che il tasso di disponibilità di reddito in Puglia nel 2023 è in media inferiore di quasi il 20% rispetto alla media nazionale e afferma che la forte crescita dei prezzi in Sardegna e Puglia può essere spiegata principalmente dal “successo” turistico delle due regioni.

Non stupisce la diminuzione dei residenti, scesi da ca. 324.000 nel 2017 a ca. 315.000 nel 2023. Ciononostante anche a Bari, in mancanza del (non più) nuovo Pug, dimenticato in un cassetto, sono proliferate le nuove costruzioni, le rigenerazioni con aumenti di volumetrie, persino le demolizioni di edifici storici e la loro integrale sostituzione: una cementificazione che porta il capoluogo nelle prime 10 posizioni nelle classifiche per consumo di suolo dell’ISPRA. Vi è stato anche un notevole incremento dei prezzi e un crollo delle compravendite del 20%.

Lo stesso Rapporto immobiliare, che non contiene le locazioni brevi (ma lo farà dal 2025), afferma che in Italia solo il 5,7% degli immobili locabili (stock disponibile) ad uso abitativo è stato effettivamente locato nel 2023 con contratti di durata da 12 mesi in su e questa percentuale è andata diminuendo negli ultimi anni. Fa eccezione solo il segmento delle locazioni per studenti, che è cresciuto del 5%. Sono invece aumentati i canoni di locazione: i picchi nel mercato studentesco, in media +20,9%, e nei contratti a canone concordato, +12,2%.

A Bari, nel 2023, è stato locato solo lo 0,072% degli immobili ad uso abitativo disponibili (cioè tenuti a disposizione dal proprietario), era lo 0,079% nel 2019. Ci sono stati quasi 1000 affitti in meno: 600 in meno di lungo periodo (sono stati 2753 nel 2019 e 2159 nel 2023), e 400 in meno i concordati (1426 nel 2019 e 1053 nel 2023); e invece quasi 1200 temporanei in più (700 transitori, 3278 nel 2019 e 3957 nel 2023, e 500 agevolati per studenti, 2017 nel 2019 e 2537 nel 2023). Il flusso verso la transitorietà è evidente, ma anche la percentuale sullo stock disponibile sconcerta.

Particolarmente odioso è anche il dato sui canoni di locazione, aumentati in tutta Italia: i picchi nel mercato studentesco, in media +20,9%, e nei concordati, +12,2%. A Bari, i valori OMI (Agenzia delle Entrate) dal 2019 al 2023 danno +21,6% nel centro murattiano, +9,5% a Madonnella, +23,3% a Libertà, +12,6% a San Pasquale, non solo pieno centro. Nessun aumento, invece, nel centro storico, dove i prezzi erano già saliti in precedenza a seguito della riqualificazione URBAN: un capitolo a parte che già parlava anche di sostituzione degli abitanti.

I dati confermano l’esperienza: basta una ricerca sulle piattaforme immobiliari per accorgersi che anche a Bari è diventato quasi impossibile trovare una casa in affitto, perché i pochi alloggi offerti in locazione sono per lo più arredati e ad uso transitorio, a prezzi dai 7-800€ per un bivani ai 1.000-1.500 per 3-4vani e via in aumento. Un mercato inaccessibile per chi un reddito stabile non ce l’ha o è in quel 43% della popolazione con reddito inferiore a €15.000/anno. A Bari il reddito medio pro capite ammontava nel 2023 ad € 22.419/anno, mille euro in più rispetto all’anno precedente: ma l’aumento è azzerato dall’inflazione.

Sono noti i dati sulla povertà assoluta in Italia: nel 2023 era pari all’8,5% tra le famiglie e al 9,8% tra gli individui, per un totale di circa 5 milioni 752mila individui, di cui 1,3 milioni minori. L’assessorato al Welfare del Comune di Bari, a ottobre 2023, informava che a Bari vi sono 23.000 persone in povertà assoluta (il 14% della popolazione): 11.183 persone (7,3% popolazione) che arrivano in affanno alla fine del mese; e 11.600 persone (7,6%) a rischio povertà. Il ministero dell’Interno a ottobre 2023 ha intanto reso noto che a Bari, dei 1.864 provvedimenti di sfratto resi nel 2022, 300 erano per finita locazione (per intenderci: a Roma erano 6.134, di cui 416 per finita locazione).

E, mentre il governo taglia il Fondo Affitti, il Comune ospita in varie strutture 800 persone, ha 600 nuclei in emergenza abitativa in attesa ed è costretto a stanziare fondi per le famiglie in difficoltà per integrare il pagamento di canoni privati. Anche il Comune, perciò, subisce la bolla ingovernata in atto, a spese di tutti, ma la alimenta. L’Edilizia Residenziale Pubblica è allo stremo e, nonostante il fabbisogno, c’è chi pianifica la vendita del patrimonio pubblico: a Milano con il Fondo Invimit, del Tesoro, che il candidato a sindaco leghista, a Bari, Fabio Romito, portava come possibile esempio virtuoso di gestione da importare. Ma la gestione dei Fondi non risponde necessariamente a logiche sociali: e infatti tra i settori di investimento della gestione Invimit c’è anche il turismo.

Alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano di febbraio, la Puglia ha reso noto un aumento dell’8% degli arrivi e del 6% delle presenze, nell’ultimo quinquennio, con 1 milione di presenze in più. Sociometrica calcola che l’incremento di valore del settore turistico nel 2023 rispetto al 2022 è di miliardi di euro. In Puglia i maggiori incrementi si sono registrati a Vieste +0,51% (+481.858.651 €), Bari + 0,44% (+417.911.638 €), Ostuni +0,31% (+295.825.527 €), Lecce +0,23% (+260.096.109 €), Ugento +0,23% (+252.371.542 €), Gallipoli +0,23% (+242.407.824 €). Una crescita, quindi, quella locale, non eclatante. E dove sono finiti questi milioni in più? Sono stati redistribuiti? All’incremento di gettito fiscale misurabile derivante dal turismo sinora non è corrisposto un miglioramento dei servizi e della cosa pubblica per tutti. Il Comune riferisce che la tassa di soggiorno ammonta a 1.707.000 € per il periodo dal 1 gennaio al 2 luglio 2024 – 398.000 arrivi con permanenza media 2 notti. Sociometrica, però, già nel 2023, allertava sui dati non ufficiali: vi sono singoli host che su Airbnb offrono anche quasi 300 annunci in Puglia. Ma il CIS, il codice identificativo di struttura di cui la Puglia è stata tra i pionieri, ora mutuato in CIN dal governo centrale, indica che molte unità sono censite come alloggi privati, il cui vincolo aziendale è occulto.

L’entità degli aumenti dei canoni di locazione di cui sopra, dunque, non si giustifica con l’inflazione, riflette invece la inferiore disponibilità di immobili residenziali sul mercato, che corrisponde all’incremento di offerta turistica, a sua volta originata dalla maggiore redditività delle locazioni brevi. Sostanzialmente rendita.

Ancor più significativamente, con riguardo alle ricadute della scelta della turistificazione sull’occupazione, nel settore turistico e dei servizi ad esso connessi (ristorazione, alloggi, agenzie, ecc.), il numero di addetti è cresciuto in Puglia del 5%, rispetto al 2022, e del 16% rispetto al 2019. UnionCamere Puglia precisa che nel 2023, rispetto al 2022, in Puglia vi sono 4.700 addetti in più nella ristorazione e 1.700 in più nel settore alloggio. Ma intanto gli artigiani e i piccoli negozi chiudono (300 chiusure a Bari nel 2023) e le attività di quartiere si convertono al food (367 nuovi esercizi). Ma i dati vanno valutati con la lente dei criteri Istat per tracciare l’occupazione: anche una sola ora di lavoro nella settimana di riferimento viene registrata nell’aumento degli occupati e i contratti di lavoro in media usati nel settore sono stagionali, a chiamata, intermittenti, somministrazione – se regolari.

In ragione delle predette difficoltà relative ai redditi, inoltre, in quell’incremento esponenziale di strutture turistiche “spontanee” vi è anche chi magari ha una casa di famiglia e fitta ai turisti per arrotondare. Soluzioni individuali a una questione reddito collettiva. Ma le ricerche compiute da Inside Airbnb indicano che il ricavo medio a Bari nel 2023 per ciascuna unità era di ca. € 4.275/anno. Ad arricchirsi sono quindi solo i “grandi” gestori/proprietari.

Il turismo intensivo, dunque, contribuisce alla crisi abitativa e alla disgregazione sociale, alla distruzione dell’ambiente, al consumo di risorse e di territorio, al sovraccarico delle infrastrutture (acqua, rifiuti, trasporti), all’annientamento dello spirito dei luoghi, adattati allo stereotipo venduto, privati di autenticità e autodeterminazione. Insomma non redistribuisce ricchezza, è anzi un costo. Restare su questa rotta significa consumare il territorio, costringere le persone ad “arrangiarsi” con secondi lavori (precari) e fare retorica dell’autoimpiego: l’ideologia del merito di chi sa come usare il proprio garage (talvolta letteralmente). Solo che nella Silicon Valley inventavano software, così invece si fa economia di sussistenza, lavoro povero.

Questo fenomeno è il prodotto di molti fattori, non tutti governabili a livello locale, ma è anche conseguenza di deregolamentazione e mancata pianificazione.

Sono ormai molteplici gli studi che si occupano di overtourism e Jfc, società di consulenza turistica e marketing territoriale, a marzo 2024, utilizzando un indice (Rhr) che rappresenta il rapporto tra il numero dei residenti e la quantità di alloggi su Airbnb, colloca la Puglia al quarto posto tra le regioni italiane, con indice 8,9.

NON TUTTO È PERDUTO: GOVERNARE SI PUÒ

Per evitare di detestare il turismo, occorre regolare il fenomeno. La fissazione delle aliquote fiscali della cedolare secca per gli affitti brevi e i suoi limiti di applicazione (oggi a un massimo di quattro immobili) sono competenza statale. Quest’anno è stata portata dal 21 al 26% dal secondo immobile in locazione breve, e per combattere l’evasione le piattaforme sono ora in parte sostituti d’imposta.

È invece di competenza regionale – come non ha mancato di sottolineare Santanchè nella risposta immediata all’interrogazione parlamentare – il resto della regolamentazione, la classificazione delle strutture in B&B, affittacamere, residenze turistiche, ecc., da cui dipendono obblighi, adempimenti, qualificazione imprenditoriale (ora dal quarto immobile in su), tipo di tassazione, destinazione d’uso.

I Comuni sono sovrani sul Piano Regolatore, che – anche con e nonostante il Salva Casa – può individuare aree pubbliche con valore specifico, in cui limitare il commercio e le SCIA, proteggere l’artigianato, le attività tradizionali. E hanno poteri di controllo sugli immobili adibiti ad affitti transitori, i locali alla strada destinati all’ospitalità, le pertinenze. Con i dati IMU e quelli anagrafici (residenza), si può conoscere la concentrazione delle proprietà, la scissione tra proprietà e gestione e regolare l’imposizione fiscale locale.

Le Regioni e gli Enti Locali, dunque, i poteri li hanno. E in tempi di battaglie contro l’Autonomia differenziata, esasperare l’utilizzo dei poteri legislativi regionali può costituire uno strumento di lotta. Occorre governare i processi, fare scelte politiche: i mezzi ci sono o si creano. Altrimenti, chi verrà tra un anno non troverà la città che oggi è venduta sul mercato internazionale (che è già quella di ieri), ma un simulacro di essa, nel frattempo svuotata dei suoi abitanti. Tanto varrà andare altrove. Alle stesse condizioni, uguali, ovunque.

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