Il giorno tanto atteso da Imane Khelif è arrivato: oggi la pugile algerina sale sul ring per la finale dei pesi welter femminili alle Olimpiadi di Parigi 2024. Di fronte c’è la cinese Liu Yang, ma per Khelif il principale avversario durante questi Giochi sono state le polemiche. Le ultime rivelazioni del presidente del Coni, Giovanni Malagò, relative al match tra l’algerina e la pugile italiana Angela Carini, hanno reso evidente come Khelif sia finita al centro di una guerra di potere internazionale tra Iba (l’associazione internazionale di boxe) e Cio, il Comitato olimpico internazionale che già d Tokyo ha escluso l’Iba dall’organizzazione dei Giochi.
La finale dei 66 kg è in programma oggi venerdì 9 agosto alle ore 22.50. “Sono molto felice. Ho lavorato otto anni per queste Olimpiadi e sono molto orgogliosa di questo momento. Vorrei ringraziare il sostegno di chi è qui a Parigi e di tutte le persone che mi seguono in Algeria”, ha detto Imane Khelif al termine della semifinale in cui ha battuto la tailandese Janjaem Suwannapheng con il punteggio di 5-0. “È una donna ed è molto forte. Ho provato a usare la mia velocità ma era troppo forte per me”, ha ammesso la sua avversaria. Su X, anche i complimenti di Abdelmadjid Tebboune, presidente dell’Algeria: “Grazie per averci reso tutti felici con questa qualificazione alla finale, il traguardo più importante è stato raggiunto e, se Dio vuole, arriverà anche l’oro. Siamo tutti con te”.
La polemica scatenata dal match Khelif-Carini, con l’azzurra che ha abbandonato il combattimento dopo 46 secondi del primo round, è stata cavalcata anche dall’Associazione di boxe internazionale. Che infatti aveva deciso provocatoriamente di assegnare alla pugile italiana il premio in denaro previsto per la vincitrice del torneo: un’offerta rifiutata dalla Federazione italiana e dalla stessa Carini. Nel frattempo il Cio aveva smontato le accuse all’algerina Khelif, spiegando che secondo le loro informazioni “fu squalificata dai Mondiali senza un giusto processo e fu vittima di una decisione arbitraria”. Quei test effettuati dall’Iba sono stati fortemente contestati dal Cio, perché basati su parametri che sono cambiati in corsa. Insomma, non c’è nessuna prova che Khelif abbia i cromosomi XY propri degli uomini. Secondo le regole del Cio, invece, i valori dell’atleta rispettano le soglie stabilite per competere in campo femminile: Khelif – per quello che sappiamo – è un’atleta intersex e iperandrogina. Ovvero, una donna con una eccessiva produzione di ormoni maschili (androgeni), in particolare di testosterone.
Lo stesso discorso vale anche per la pugile di Taiwan Lin Yu-ting, che a sua volta ha raggiunto la finale femminile dei 57 kg: sabato affronterà la polacca Julia Szeremeta. E sua volta è stata accusata di non essere idonea a competere contro le donne ai Giochi di Parigi. Il presidente di Taiwan Lai Ching-te è intervenuto: “Nonostante le dichiarazioni fuorvianti dell’Iba e le intimidazioni da più fronti, sta andando avanti con classe e compostezza. Siamo dalla tua parte. Dai il massimo!”, ha scritto su X. Nel frattempo, ha incaricato il governo di Taiwan di intraprendere un’azione legale dopo i Giochi. “Gli aspetti legali, con tutte le prove e le informazioni già raccolte dagli avvocati, saranno molto probabilmente affrontati dopo la competizione”, ha detto il portavoce del gabinetto Chen Shih-kai in una conferenza stampa.
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