Ambiente & Veleni

Peste suina, l’Ue boccia la strategia del governo: “Misure insufficienti, la malattia rischia di diffondersi a est e in Toscana”

Governo bocciato – di nuovo – dall’Unione europea. Questa volta è la gestione della peste suina africana a non convincere Bruxelles. Per gli esperti dell’Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue le misure dell’Italia sono insufficienti. In un report elaborato dopo una missione in Lombardia ed Emilia-Romagna, hanno evidenziato che “la strategia di controllo” della malattia “nel Nord Italia dev’essere migliorata”. Serve un piano “comune” e “coordinato” per l’intera area, oltre a un “urgente piano B esteso per il controllo e l’eradicazione della malattia”. Poi la previsione che dovrebbe preoccupare tanto l’esecutivo quanto i presidenti di regione: “L’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure” e “c’è da temere che si diffonda verso est e sud verso la Toscana“. Diverse associazioni, peraltro, hanno già contestato la strategia del governo, fatta del ricorso – tra le altre cose – dell’esercito, e i cui indennizzi vengono erogati col contagocce.

Per quanto riguarda la gestione dei cinghiali, sono due i punti contestati dai tre funzionari Ue (il team leader tedesco Klaus Depner, il lituano Marius Masiulis e il ceco Petr Satran). La prima: le recinzioni risultano insufficienti e costruite con ritardo. La seconda: la “caccia è uno strumento ma non la soluzione”. Ma il documento prende in considerazione, ovviamente, anche i suini domestici. E mette in luce una serie di criticità: dal debole coordinamento tra le regioni alle “risorse limitate” per la sorveglianza, fino al già considerato “supporto finanziario insufficiente e i problemi tecnici” che accompagnano la costruzione di recinzioni.
Sul fronte delle strategie messe in atto per il controllo della malattia, “ogni regione-provincia attua le proprie misure con un coordinamento minimo con i propri vicini”, denuncia l’Eu Veterinary Emergency Team, sollecitando a un piano “coordinato e armonizzato” nell’area settentrionale, che tenga conto della “complessiva situazione epidemiologica, indipendentemente dai confini amministrativi“.

Ridurre la popolazione dei cinghiali “a zero” attraverso la caccia, viene osservato “sembra un obiettivo difficile da raggiungere”: servirebbe dunque un piano “ben ponderato e pianificato” di strategia di caccia “che dovrebbe essere sviluppo e coordinato a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica” poiché “la caccia è solo uno strumento e non la soluzione” del problema. E maggiore coordinamento viene richiesto anche per la sorveglianza che dovrebbe essere “prioritaria” e sconta invece gli effetti di “risorse limitate”.
Le misure di recinzione “possono essere uno strumento efficace per limitare gli spostamenti dei cinghiali”, tuttavia la loro costruzione risulta ritardata da “supporto finanziario insufficiente e sfide tecniche” con il risultato che, è l’avvertimento, se fatte in ritardo, le recinzioni “potrebbero non avere l’effetto desiderato di interrompere la diffusione della Psa nelle aree non infette”. “Sono necessarie molte più risorse finanziarie e umane per implementare tempestivamente le recinzioni come misura efficace”, incalzano ancora gli esperti, concludendo che – davanti ai peggiori timori di un’ulteriore diffusione dell’epidemia verso est rispetto alla linea dell’autostrada A15 e a sud verso la Toscana – “è urgentemente necessario un piano B esteso che includa anche l’Emilia-Romagna e la Toscana”.