La raccolta firme per il referendum contro la legge sull’Autonomia differenziata continua con un ritmo senza precedenti. Mentre si attendono ancora le cifre dai banchetti, il comitato ha diffuso i numeri delle sottoscrizioni online: “Alle 15 del 9 agosto”, scrive su Facebook il Coordinamento per la democrazia costituzionale, “le firme sono 477.717, pari al 95,5% dell’obiettivo”. Il 31 luglio scorso, a pochi giorni dalla partenza della campagna, era già stato annunciato il raggiungimento della soglia di 500mila nomi (tra carta e web).

Poche ore prima, erano stati diffusi i dati scorporati per regione (ma fermi al 6 agosto). Stando agli ultimi risultati digitali, la Campania è in testa con oltre 92mila firme. Seguono il Lazio (53mila) e Lombardia (50mila). Un segnale che arriva anche dal Nord e che ha sorpreso gli stessi promotori: se ci si aspettavano le adesioni nelle Regioni del Sud, dove la legge è destinata ad avere un maggiore impatto, non ci si aspettava un grande coinvolgimento delle aree che invece ne dovrebbero beneficiare. Senza dimenticare che proprio da Lomabrdia e Veneto il Carroccio, già nel 2017, fece partire la corsa per chiedere maggiore autonomia. Altissima è data la partecipazione anche in Sicilia (42mila firme), Puglia (40mila), Emilia-Romagna (28mila) e Toscana (26mila). Ma non passano inosservate neanche le 22mila del Piemonte e le 16mila del Veneto.

Si tratta di dati ancora parziali, ai quali andranno sommate le firme raccolte fisicamente. A rendere più difficile il quadro completo è il fatto che sono tanti i banchetti organizzati dai singoli promotori (dai partiti di opposizione ai sindacati) e per avere il numero finale è necessario mettere insieme tutte le firme. Ad esempio, in Sicilia, si parla di 43mila firme online (per ora) 60mila cartacee per un totale di 100mila: “Il risultato” dice una nota del comitato siculo, “è frutto di un lungo lavoro che ha riacceso la speranza in tantissimi cittadini, e che ha fatto riscoprire la bellezza e il valore della partecipazione democratica. È un risultato imponente che dimostra che la Sicilia è schierata senza se e senza ma contro questo progetto e che sconfessa la presa di posizione del governo regionale con il suo presidente Schifani a sostegno di questa legge che penalizza l’intero paese e in maniera particolare le aree più deboli come la Sicilia”. La soglia delle 500mila firme necessarie per chiedere il referendum abrogativo è stata superata dopo pochi giorni dall’inizio della mobilitazione, ma ora i promotori puntano a raggiungere la soglia del milione.

Per il fronte delle opposizioni che sta guidando la campagna è un segnale chiaro all’esecutivo. “E’ una riforma che di fatto condanna il Sud a restare indietro”, ha detto l’eurodeputato dem Antonio Decaro. “Si creeranno nuove fratture nel Paese, e aumenteranno le differenze che già esistono e non per colpa della classe dirigente al Sud, come dice qualcuno, ma per i ridotti trasferimenti di risorse statali”. E, ha chiuso, “a questo punto credo sia giusto che l’ultima parola debbano averla i cittadini che con la raccolta delle firme per promuovere il referendum hanno già dato una risposta importante, da Nord a Sud, perché questa riforma non penalizza soltanto i territori da Roma in giù ma tanti piccoli Comuni anche del nord e delle aree interne”. Intanto il ministro per gli Affari regionale Roberto Caledoroli, autore e promotore della legge, respinge le critiche: “Tutta questa operazione mi pare più mediatica e politica che realmente referendaria”, ha detto al Sole 24 Ore. “Tutti poi sanno che il quesito che chiede l’abolizione dell’intera legge è smaccatamente inammissibile, tanto è vero che le Regioni contrarie all’autonomia hanno scelto anche una strada diversa con un quesito parziale”.

A fianco della raccolta firme infatti, c’è la richiesta di referendum approvata da quattro consigli regionali (Campania, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna). Avrebbero dovuto essere cinque, ma la Puglia non ha potuto approvare la delibera refrendaria per un errore nell’atto e, soprattutto,perché in Aula al momento del voto è mancato il numero legale. E per questo il presidente dem Michele Emiliano ha deciso di promuovere il ricorso davanti alla Consulta.

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