Xuereb e poi Cvetkovic, Deveric, Gilmar Popoca. A qualche calciofilo ultraquarantenne, magari, sarà noto solo il secondo: sfocata figurina dell’Ascoli anni ’80 e scioglilingua quasi mai azzeccato dal compianto Tonino Carino. Gli altri tre, a meno di calciofilia di livelli elevatissimi, sono nomi pressoché sconosciuti. Eppure sono nella storia, perché un atleta che vince una medaglia olimpica, oro, argento o bronzo che sia, resta nella storia. Certo forse per il calcio è un po’ diverso: nel resto degli sport l’Olimpiade è la massima vetrina, poi vengono Mondiali ed Europei. Nel pallone no: un Europeo o una Copa America conta infinitamente di più di un oro olimpico, ed Henrik Larsen, capocannoniere della Danimarca campione d’Europa nel 1992 ha un posto nella storia migliore di quello di Xuereb, capocannoniere della Francia campione olimpica nel 1984.

E sì, le Olimpiadi sono tutt’altra cosa, si sa: il Brasile ha il record di Mondiali vinti, alle Olimpiadi ha iniziato a vincere solo nel 2016, bissando nel 2020. Idem l’Argentina, due volte medaglia d’oro nel 2004 e nel 2008. Mai squadre africane sono riuscite a vincere un Mondiale di calcio: Nigeria e Camerun sono state invece medaglia d’oro nel 1996 e nel 2000, ed è riuscita a fregiarsi del titolo di campione olimpico di calcio la Germania est, mai la Germania ovest quattro volte campione del mondo. Chiaro: le nazionali olimpiche sono tutt’altra cosa rispetto alle nazionali maggiori (spesso, perché se poi si guarda, ad esempio, all’Argentina del 2008 con Gago, Riquelme, Messi, Messi, Aguero, Lavezzi e Di Maria o al Brasile del 2016 con Neymar, Gabriel Jesus, Marquinhos, Rafinha e Felipe Anderson i contorni cambiano) e le differenze molteplici.

Nel 1984 c’è l’Italia quasi per caso: sostituisce la Cecoslovacchia, all’epoca ancora nel Patto di Varsavia e dunque, visto che le olimpiadi si disputano a Los Angeles e gli Usa quattro anni prima avevano boicottato Mosca, viene riservato lo stesso trattamento. L’Italia campione del mondo due anni prima, c’è poi il Brasile vicecampione d’America, la Francia campione d’Europa.
Sulla panchina azzurra “il vecio” Bearzot che porta tre campioni del mondo, Baresi, Vierchowod e Massaro e una squadra che ha tutte le carte in regola per puntare all’oro finale con Sebino Nela, Filippo Galli, Salvatore Bagni, Walter Zenga, Pierino Fanna e Aldo Serena.

Meno ambizioso il Brasile: c’è Ronaldo, non il Fenomeno che all’epoca ha 8 anni ma un anonimo difensore allora all’Internacional di Porto Alegre, c’è Mauro Galvao, un giovanissimo Dunga e basta. Idem per la Francia: i big, da Amoros a Tiganà a Giresse a Le Roi Platini avevano vinto l’Europeo poco più di un mese prima e in America ci vanno i giovani, come giusto che sia, da Guy Lacombe a “Le Meridionel”, chiamato così per le sue origini siciliane, Daniel Xuereb.

L’Italia non brilla, passa il turno dopo una battaglia senza esclusione di colpi contro l’Egitto: colpi veri, i giornali parleranno per settimane di quella partita finita a botte, dopo l’espulsione di un calciatore egiziano e successiva aggressione a Serena, con risultato rissa totale. I quotidiani statunitensi proporranno provocatoriamente Don King come arbitro per le successive gare dei nordafricani e degli azzurri. Passa per il rotto della cuffia pure la Francia, che riesce a pareggiare in extremis addirittura contro il Qatar e poi contro il Cile. Giocano bene invece il Brasile e quella che va attestandosi come “Brasile d’Europa”, ovvero una Jugoslavia che agli ordini di Ivan Toplak porta negli Stati Uniti diversi giovani interessanti, su tutti Srecko Katanec, uno splendido ed elegantissimo centrocampista come Mehemed Bazdarevic e un reparto avanzato che funziona ottimamente con Cvetkovic, Deveric e Nikolic.

Tant’è che agli ottavi quella Jugoslavia travolge la Germania Ovest di Brehme per cinque a due e in semifinale porta la Francia ai supplementari. Semifinali dove si affrontano Italia e Brasile, con i verdeoro che proprio con Ronaldo al 95esimo riescono a superare gli azzurri. In finale Brisson e Xuereb regalano la medaglia d’oro ai transalpini, Bajic e Deveric regalano il bronzo alla Jugoslavia nella finalina contro l’Italia, rimontando il gol di Vignola. Gloria che per quasi tutti si fermerà a quelle medaglie: da Cvetkovic, promessa che in Italia non andrà oltre l’Ascoli a Xuereb, che a fine carriera contribuirà a vincere un campionato col Marsiglia, a Deveric, che al massimo giocherà nello Sturm Graz a Gilmar Popoca, che resterà con alterne fortune in Brasile.

Nella foto: Thierry Henry, ct della Francia che è tornata in finale alle Olimpiadi. Oggi alle 18 la sfida alla Spagna

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