Da un lato prende le distanze dalla Commissione Ue, dall’altro conferma i distinguo sugli armamenti forniti a Kiev. In un’intervista su Rai Radio 1 Guido Crosetto ha rimarcato la peculiarità della posizione italiana sull’invasione russa dell’Ucraina. Ieri un portavoce dell’esecutivo aveva commentato le operazioni che Kiev sta conducendo a Kursk, in territorio russo, spiegando che il governo ucraino “sta combattendo una legittima guerra di difesa contro l’aggressione illegale” della Russia “e, nel quadro di questo legittimo diritto a difendersi, ha il diritto di colpire il nemico ovunque ritenga necessario sul proprio territorio ma anche nel territorio nemico“. Oggi il ministro della Difesa marca la distanza dell’Italia: “Nessun Paese deve invadere un altro Paese. Il nostro tentativo è di dire che deve cessare l’attacco russo e ripristinare le regole del diritto internazionale, non quello di vedere un conflitto che diventa ancora più duro, che si sposta sul territorio russo. Questo prevederà un ulteriore peggioramento della Russia sul fronte ucraino e quindi allontanerà sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco”.

Secondo punto, le armi. Se buona parte dei paesi Nato e Ue ha autorizzato Kiev a utilizzare le forniture per attaccare il territorio russo, Crosetto ribadisce la posizione dell’Italia: “Le armi che abbiamo fornito noi possono soltanto essere utilizzate da un punto di vista difensivo“, ha detto il ministro, assicurando: “In questo attacco non ci sono armi italiane ma la drammaticità di questa cosa è il passo in più che si compie”. Una posizione che alla luce dell’escalation in corso sul fronte nord-orientale si fa sempre più fragile.

Dopo l’ok degli Stati Uniti all’utilizzo delle loro armi a corto raggio oltreconfine, via via i paesi Nato (tra cui le principali cancellerie Ue) si sono accodati a Washington e Roma è stata tra le poche a non farlo. La posizione è rimasta quella ribadita ieri dal ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Noi ovviamente non siamo in guerra con la Russia, abbiamo sempre detto che le nostre armi non devono essere utilizzate in territorio russo”. La posizione del governo gioca su un distinguo semantico attorno al concetto di “uso difensivo“: per Kiev e la Nato i bombardamenti oltre le linee nemiche sono difensivi perché mirati a distruggere i punti da cui partono gli attacchi – strategia utilizzata per allentare la pressione su Kharkiv -; l’Italia invece intende che le sue armi possono essere usate per respingere gli attacchi russi esclusivamente sul territorio ucraino.

Una posizione complessivamente difficile da sostenere innanzitutto dal punto di vista logico: l’Italia fornisce armamenti e addestra i militari di un paese che combatte contro la Russia ma continua a dire di non essere in guerra con Mosca. Ma l’assunto diventa ancor meno sostenibile alla luce degli sviluppi delle ultime ore sul terreno: dopo l’attacco a Kursk iniziato 4 giorni fa, ora gli ucraini si spingono con i raid verso nord fino a Lipetsk che si trova a 300 km dal confine in direzione Mosca, ben oltre il limite degli attacchi a corto raggio di cui si parlava solo due mesi fa. Ed è basato sulla presunta certezza che emergeva dalle parole di Crosetto, ma di cui nessuno né a Roma né a Kiev ha interesse a fornire le prove, che al momento di prelevare dai magazzini le armi da usare in territorio russo i comandanti militari ucraini scelgano di non usare quelle di provenienza italiana.

Una posizione fragile anche alla luce di un altro fatto: l’Italia non rende nota la lista delle armi fornite all’Ucraina. E’ un punto nodale: con l’Ucraina che comincia a bombardare il nemico sul suo territorio il fatto che in Italia ci sia il segreto sugli armamenti forniti a Kiev costituisce un evidente elemento di opacità nella ricostruzione e nel racconto pubblico del ruolo di Roma nel complicato puzzle che è la guerra in Ucraina. Una mancanza di trasparenza che consente al governo Meloni di continuare nella politica dei due forni vista fino a questo momento: stiamo con l’Ue e con la Nato, ma non vogliamo rovinare del tutto i nostri storici rapporti con Mosca.

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