di Michele Sanfilippo
Vorrei raccontare un viaggio di ordinaria diseguaglianza nella sanità torinese.
Mia figlia è caduta e un’ambulanza l’ha portata al Centro Traumatologico Ortopedico (CTO, un ospedale che per i torinesi è sempre stato un punto di riferimento per chi ha subito traumi) dove, dopo circa 3 ore di attesa (neanche troppe per gli standard di Torino), le hanno diagnosticato una frattura alla rotula della gamba destra, che richiede un’operazione chirurgica. Una frattura molto dolorosa e invalidante.
Invece di operarla, dopo averle ingessato la gamba, l’hanno rimandata a casa dicendole che l’operazione l’avrebbero fatta più in là, facendole capire che “più in là” avrebbe potuto significare anche un mese e suggerendole, voglio sperare a fin di bene, di trovare una soluzione “alternativa” che avrebbe senz’altro accorciato i tempi.
Mia figlia, cha ha la fortuna di avere un lavoro, in queste condizioni, ovviamente, il lavoro non può svolgerlo. Se si conta un mese d’attesa, l’operazione e un minimo di rieducazione, si può indicativamente pensare ad oltre due mesi di mutua, durante i quali, per tenere a bada il forte dolore, sarebbe costretta a prendere due volte al giorno potenti antidolorifici.
Rimandando, per un momento, ogni valutazione di carattere etico vorrei sottolineare un primo aspetto di carattere economico: io capisco la mancanza di risorse ma soffermandoci sul costo economico di due mesi di mutua, assommati al costo dei farmaci, alle visite di controllo e quelle preoperatorie, mi chiedo: ma quanto è conveniente per la collettività una prassi così inefficiente?
Vorrei, poi, soffermarmi sull’aspetto etico di questa vicenda. L’articolo 3 della Costituzione dice che: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ora, la mia famiglia è fortunata ed è in grado di permettersi di rivolgersi alla sanità privata, ma chi non può permetterselo cosa deve fare? Facile: aspettare e soffrire.
E se si fosse trattato di una persona con un lavoro precario e privo di tutele? Quel lavoro l’avrebbe perso.
Credo che invece di cambiarla la Costituzione sarebbe molto più utile provare ad applicarla.