Musica

1984: gli album leggendari che risplendono da quarant’anni

Sotto l’ombrellone, provo a scrivere un articolo che vi invogli a partire per le vacanze. Così, tra un tuffo in mare e uno nei ricordi, torno al 1984. Sono passati quarant’anni da quell’anno, e molti dei dischi pubblicati allora restano ancora oggi nell’immaginario comune. Il 1984 segna indelebilmente la grande stagione della musica pop/rock di quella decade: un anno aureo! Incredibilmente fecondo, capace di regalare capolavori su capolavori, molti dei quali suonano ancora freschi, come fossero tormentoni estivi appena usciti.

Nei consueti nove punti di questo blog proverò a selezionare altrettanti dischi di quell’anno, consapevole della difficoltà dell’impresa, data l’ampiezza delle possibilità. E lo so che in radio, a quel tempo, imperversavano Madonna e Cindy Lauper ma io ascoltavo altro e questi che vado ora a presentarvi alla fine, sono quelli che ho scelto. Nei commenti a seguire, in fondo all’articolo, mi piacerebbe scoprire i vostri nove dischi del 1984.

Random, non in ordine di preferenza: cominciamo!

1. U2 – The Unforgettable Fire, 1 ottobre 1984
Chi non ha amato “Pride (In the Name of Love)”?

Inutile dilungarsi, The Unforgettable Fire è un vero e proprio capolavoro, una dichiarazione di intenti condensata in dieci tracce che mescola mistero e introspezione, dove Bono e compagni abbandonano certezze e conformità, dipingendo un paesaggio emozionale complesso. Un album che ha saputo scuotere e affascinare un’intera generazione, provocandone riflessioni e suscitando sensazioni contrastanti.

Brani: The Unforgettable Fire, Bad

2. Some Great Reward – Depeche Mode, 24 settembre 1984
I Depeche più iconici di sempre!

Non è il disco più bello dei Depeche ma quello che più ha rappresentato un significativo cambio di rotta nello stile, divenuto più oscuro e complesso. Un sound caratterizzato da un uso sofisticato dei sintetizzatori e da testi maturi e provocatori. Gore & soci cominciano ad esplorare temi profondi e controversi, abbandonando in parte le sonorità leggere e pop degli album precedenti. Il risultato è un sound più industriale e sperimentale, divenuto un marchio di fabbrica per la band negli anni successivi.

Brani: Somebody, Blasphemous Rumours

3. It’s My Life – Talk Talk, 13 febbraio 1984
Che disco! Al tempo risuonava in ogni angolo!

In un’epoca dominata dal synth-pop, la band crea un sound ricco e stratificato. L’album si distingue non solo per l’accessibilità, ma anche per la profondità dei suoi contenuti; melodie avvolgenti e testi enigmatici impreziosiscono il disco; una perla per chi cerca un segno distintivo di quell’anno. It’s My Life anticipa le evoluzioni stilistiche che caratterizzeranno i loro lavori successivi.

Brani: Such a Shame, It’s my life

4. The Smiths, Omonimo, 20 febbraio 1984
Non è un album ma un’opera d’arte!

Arrivando in un periodo dominato dal Synth Pop, l’album ridefinisce il panorama musicale britannico degli anni ’80. La combinazione dei testi poetici di Moz e la chitarra inconfondibile di Johnny Marr, oltre a sovvertire il diktat del periodo, rivoluziona le complessità della forma canzone. La sofisticazione lirica dei testi affascina e provoca riflessione. È un disco che invita a guardarsi dentro ma anche fuori, la superficie, infatti, rivela un ascolto “leggero” ma non per tutti.

Brani: Hand in Glove, What Difference Does It Make?

5. The Cure – The Top, 30 Aprile 1984
Il cambiamento è in atto e non si torna più indietro

C’è chi l’abbraccia e chi, al primo ascolto di “The Caterpillar,” rimane sconcertato. L’album è un viaggio nella psichedelia oscura, dove caos e bellezza si fondono sotto la guida di sua maestà Robert Smith. Un’opera di transizione che svela nuove direzioni artistiche all’orizzonte, segnando un punto di svolta nella carriera della band. Shake Dog Shake resta una delle più belle canzoni scritte dai Cure. Per questo l’ho scelto.

Brani: Shake Dog Shake, The Caterpillar

6. Frankie Goes to Hollywood – Welcome to the Pleasuredome
Come fosse l’asso di denari a briscola!

Un album straordinario che si distingue per la sua capacità di esplorare generi musicali diversi, combinando pop, rock, dance e orchestrazione sinfonica in modo audace e innovativo. È evidente sin dalla title track che la band non ha paura di sperimentare e di superare i confini oltre le convenzioni. Le canzoni si collegano in modo sorprendente, creando un mix in cui chitarre e sintetizzatori si fondono in perfetta armonia, sostenuti da una sezione ritmica incisiva.

Brani: Relax, The Power of Love

7. Bronski Beat – “The Age of Consent”, 15 ottobre 1984
“Questi” ci sono arrivati 40 anni prima degli altri.

Non è un disco, ma un pugno allo stomaco in formato synth-pop. Un album che non si accontenta di suonare bene; vuole scuoterti, farti riflettere e, perché no, anche mettere a disagio chi non è pronto ad affrontare certe realtà. È una dichiarazione audace, quasi sfrontata. Jimmy Somerville e compagni ti portano in un viaggio emotivo dove la voce acuta e penetrante si mescola a ritmi incalzanti, raccontando storie di chi non vuole più nascondersi. Non è solo musica, è un atto di ribellione contro il conformismo e l’intolleranza.

Brani: Smalltown Boy, Why?

8. Echo & the Bunnymen – Ocean Rain, 4 maggio 1984

Ogni traccia è un riflesso di un mare interiore, oscuro e affascinante; un’esperienza immersiva che ti trascina in profondità inesplorate, sfidando le convenzioni del post-punk con arrangiamenti orchestrali e una lirica che sussurra e grida insieme. Un vero capolavoro senza tempo. E poi, lasciatemelo dire, Gli Echo and The Bunnymen hanno scritto la canzone perfetta. Nessuno in quella decade c’era ancora riuscito. Il pezzo, neanche a dirlo, si chiama The Killing Moon.

Brani: The Killing Moon, Ocean Rain

9. Diaframma – Siberia, 25 novembre 1984
Oscuro e affascinante tra atmosfere gelide e introspezione.

L’album cattura l’essenza del post-punk italiano. I testi, poetici e malinconici, esplorano la solitudine e il disincanto. In dieci tracce, la band dipinge un paesaggio sonoro crudo e magnetico, lontano dalle convenzioni musicali dell’epoca. È un’opera che scuote l’ascoltatore, sfidandolo a confrontarsi con emozioni profonde e universali. Un disco che, ancora oggi, risuona con forza e autenticità, segnando una pietra miliare nella scena musicale italiana.

Brani: Siberia, Amsterdam

Vi avevo avvertito, il 1984 è stato un anno incredibile! Attendo i vostri nove dischi del 1984 nei commenti. Vi lascio con la consueta playlist di chiusura. La potrete ascoltare gratuitamente sul mio account di Spotify.

Buon ascolto e soprattutto… buone ferie!

9 canzoni 9 … del 1984