Ambiente & Veleni

Sicilia tra arance “smagrite”, frutteti tagliati e vendemmia dimezzata: così l’alternanza di siccità ed eventi estremi sta mettendo in ginocchio l’agricoltura

“Non piove e se piove addirittura grandina, danneggiando l’uva com’è successo nel Nisseno in questi giorni. Non sappiamo neanche in più in cosa sperare”. Rosario Marchese Ragona, presidente di Confagricoltura Sicilia, scuote la testa. Eventi climatici sempre più estremi stanno mettendo in ginocchio quasi tutta la penisola e la Sicilia, rimasta a secco di piogge per mesi, ha improvvisamente patito nubifragi che hanno colpito la provincia di Enna, quella di Caltanissetta e il Ragusano. Secondo l’Anbi, l’associazione consorzi di bacino, gli “eventi atmosferici estremi nell’arco di 14 giorni sono stati 173, fra tornado, raffiche di vento forte, nubifragi e grandinate anomale. Queste ultime sono state 73, di cui 63 nelle regioni settentrionali, ma i chicchi più grossi (con diametro di almeno 5 centimetri) sono caduti su Molise e Maceratese”.

Condizioni climatiche sempre più estreme che mettono completamente in ginocchio vari settori, e tra i più colpiti c’è sicuramente quello agricolo, costretto quest’anno addirittura ad una vendemmia anticipata di 10/15 giorni: “In questo momento non siamo ancora in grado di fare stime precise, dobbiamo arrivare fino alla fine della vendemmia ma di certo ci aspettiamo, nella migliore delle ipotesi, una produzione dimezzata”, dice Marchese Ragona. Che l’agricoltura risentisse dei cambiamenti climatici era già stato evidente quest’inverno quando nei banchi dei mercati ortofrutticoli la rigogliosa arancia siciliana non c’era più. Al suo posto un frutto molto più piccolo, ridimensionato dalle stesse piante che, ricevendo meno acqua, producono frutti più piccoli. E per il prossimo autunno e inverno andrà anche peggio: “La mancanza di acqua ha già costretto gli agricoltori a sacrificare parti ampie di agrumeti, dove hanno tagliato molti alberi per garantirne altri”, spiega ancora il presidente di Confagricoltura siciliana.

Il taglio degli agrumeti per risparmiare acqua – “Avevo un agrumeto vecchio di 50 anni, ho dovuto tagliarlo per salvare almeno quello più giovane, lì le piante sono più piccole e hanno bisogno di meno acqua: per questo molti di noi hanno tagliato i vecchi agrumeti completamente”, spiega Giosuè Arcoria, agricoltore e presidente degli agricoltori di Catania. È proprio la piana di Catania ad avere risentito maggiormente della penuria d’acqua. Lì, cuore agricolo dell’isola, quasi tutti gli agricoltori hanno tagliato gli agrumeti vecchi: “Ho visto già la siccità nel 2002 – continua Arcoria – ma mai niente come quello che sta succedendo adesso. È chiaro che molti agricoltori si trovano in gravi difficoltà e non tutti riusciranno a resistere. Io? Faccio questo da tre generazioni e ho fatto troppi investimenti per potere cedere adesso, ma soprattutto devo resistere anche per gli altri agricoltori: lavoriamo sempre guardando il cielo con ottimismo e ora più che mai serve speranza”.

Cartelle esattoriali per gli agricoltori in ginocchio – Intanto sulle difficili condizioni degli agricoltori pesano tributi e anche cartelle esattoriali per “servizi non ricevuti”: “Gli agricoltori pagano oltre l’acqua che ricevono dai consorzi, anche una quota che si chiama “beneficio irriguo” – spiega il presidente siciliano degli agricoltori – per intenderci una sorta di Canone, che si paga ai Consorzi di bonifica, considerando tutto il terreno a disposizione, sia che si tratti di seminativo – che non si irrigua – che di arboreo. Quel beneficio per cui si paga la quota non c’è, però va pagato lo stesso, sulle spalle di un settore che in questo momento è in una drammatica crisi”.

Ma cosa sono esattamente i consorzi di bonifica? – Si tratta di istituti regionali che si occupano della valorizzazione del territorio, dello sviluppo agricolo e – rullo di tamburi – dell’irrigazione dei terreni. Sono gli stessi per i quali l’isola nel 2022 perse la prima tranche di fondi del Pnrr – che vennero recuperati in seguito – perché aveva presentato progetti (62 in tutto) che furono per metà bocciati, mentre l’altra metà non aveva neanche superato la prima fase vista l’insufficiente documentazione presentata. Un flop di cui ilfattoquotidiano.it scrisse svelando come gli Istituti vantassero disavanzi anche di milioni di euro. A coronare il tutto le alte percentuali di dispersione dell’acqua che in molti casi superano il 50 per cento. Proprio da questi Consorzi sono arrivate le cartelle esattoriali che ora pesano sugli agricoltori: “Un modo per aiutare subito l’agricoltura sarebbe quello di sospendere gli oneri contributivi e le moratorie con le banche per chi in questo momento non riesce a produrre reddito”, sottolinea Marchese Ragona. Tra i consorzi più solerti nel recupero della somma dei benefici irrigui c’è quello di Siracusa: “Abbiamo inviato le cartelle del 2023 come prevede la legge. Quelle del 2024 sono invece state sospese proprio per non aggravare ulteriormente gli agricoltori. Noi abbiamo fatto quel che dovevamo, decisioni diverse spettano ad altri”, sostiene il commissario del Consorzio aretuseo, Calogero Ferrantello, insediatosi solo lo scorso marzo.

La siccità mette in ginocchio anche la Puglia – Intanto la crisi idrica morde pure gli agricoltori pugliesi. Dal 13 agosto la diga di Occhito “non avrà più la quantità d’acqua necessaria per soddisfare anche le esigenze irrigue della provincia di Foggia”. È questo l’allarme lanciato dopo l’incontro al comune di Foggia tra la sindaca Maria Aida Episcopo, l’assessore Lorenzo Frattarolo, i rappresentanti provinciali delle organizzazioni agricole e la dirigenza del Consorzio di Bonifica della Capitanata. “Una vera e propria disfatta: abbiamo perso il grano duro, ma anche l’ortofrutta è ai minimi termini”, commenta Luca Lazzaro, presidente di Confagricoltura Puglia. E indica: “Abbiamo mille chilometri di costa gestiti da comuni che sversano in mare acqua che potrebbe essere riutilizzata, mentre a Taranto perdiamo il 60 per cento di risorse idriche in condotte vetuste”. La mancanza d’acqua, poi, pesa soprattutto sugli ulivi, già annientati da una crisi decennale dovuta alla diffusione della xylella, un batterio che colpisce piante e alberi, spesso irreversibilmente. Secondo Lazzaro “c’è un problema ormai decennale con la xylella che ha annientato molti uliveti. Servirebbe rigenerare gli uliveti di Taranto, Lecce e Brindisi – ovvero il Salento – dove la xylella ha annientato quasi tutto. Andrebbero eradicati gli ulivi morti e ne andrebbero piantati di nuovi, ma per farlo bisogna poter contare sull’acqua che non c’è”. E adesso la questione si è aggravata: “Alla crisi dell’olivicoltura si aggiungono gli altri settori: abbiamo iniziato in anticipo la vendemmia ma la quantità di uva è molto scarsa”.