È tornato libero il 64enne Simone Boccaccini, militante delle Nuove brigate rosse–Partito comunista combattente condannato a 21 anni di carcere per aver preso parte all’omicidio di Marco Biagi. A riferirlo è il Corriere fiorentino. Boccaccini – detto il “compagno Carlo”, all’epoca idraulico dipendente del Comune di Firenze – aveva partecipato ai pedinamenti del giuslavorista nei giorni e nei mesi precedenti l’agguato, messo in atto il 19 marzo del 2002 sotto la sua abitazione a Bologna. L’ex terrorista è uscito venerdì mattina dal carcere di Alessandria: condannato a cinque anni e otto mesi per associazione sovversiva anche nel processo per l’omicidio di Massimo D’Antona (giurista assassinato a Roma il 20 maggio del 1999), ha finito di scontare la pena in anticipo grazie alla buona condotta e allo “sconto” di dieci mesi riconosciuto nel 2019 in base alla continuazione, cioè al collegamento tra i due delitti, riconosciuti come parte di un “unico disegno criminoso”.
Il 12 marzo del 2002, una settimana prima dell’esecuzione di Biagi, Boccaccini e un altro brigatista fiorentino, Roberto Morandi, erano stati fermati dai carabinieri nei pressi di Porretta terme, sull’Appennino tosco-emiliano, mentre a bordo di una Panda rientravano a Firenze da Bologna. Quel normale controllo diventò un elemento preziosissimo per la Procura di Firenze, che dopo l’arresto di Morandi – catturato insieme ad altri sei brigatisti il 24 ottobre 2003 – lo usò per dimostrare i viaggi a Bologna compiuti dai terroristi in previsione dell’omicidio. Una volta arrestato, Boccaccini si definì “militante del Partito comunista combattente“, salvo poi rinnegare l’appartenenza con una lettera ai giudici: “Non ho mai fatto parte di organizzazioni eversive, tantomeno delle Br, e la sera del 12 marzo feci solo una grande cortesia a Roberto Morandi andandolo a prendere sull’Appennino tosco-emiliano dopo una cena con un suo amico”.
“Provo tanta rabbia”, dice a Repubblica il figlio di Biagi, Lorenzo, commentando la liberazione. “È una notizia di cui prendo atto, si sapeva già. Per me non dovrebbero esserci sconti di pena per i terroristi, ma la giustizia italiana funziona così. Mi ferisce in modo profondo sapere che lui è adesso un uomo libero, ma non posso farci niente. Vado avanti e li ignoro, perché l’indifferenza nei confronti di chi ha ucciso mio babbo è il modo per andare avanti nella mia vita, che è l’unica cosa che conta”.