C’è anche un prete indagato per scambio elettorale politico-mafioso nell’inchiestaDucale” che, a inizio estate, ha svelato gli intrecci tra politica e ‘ndrangheta a Reggio Calabria. È il sacerdote Antonio Foderaro, incaricato diocesano per l’informatica e direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose della città dello Stretto. A “don Antonello“, come viene chiamato, i carabinieri del Ros dedicano un intero capitolo dell’informativa consegnata al procuratore Giovanni Bombardieri, agli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e al sostituto della Direzione distrettuale antimafia Salvatore Rossello: gli investigatori evidenziano in particolare “il dinamismo relazionale” tra il prelato e Daniel Barillà, principale indagato del filone “politico” dell’inchiesta, “grande elettore” di Pd e Fratelli d’Italia e genero del presunto boss Domenico Araniti di Sambatello. Che don Foderaro non sia un prete di campagna lo si capisce anche dall’incarico ricevuto dall’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia, che lo scorso settembre lo ha nominato decano della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, dove quattro mesi più tardi, a gennaio, è stato assunto come direttore del personale proprio Barillà.

Agli atti dell’inchiesta, infatti, gli investigatori ricostruiscono i rapporti tra quest’ultimo, finito prima ai domiciliari e poi sottoposto all’obbligo di firma, e “alcuni membri del clero su due diversi fronti: un primo di natura squisitamente economica e un secondo di tipo personale e fiduciario”. Sotto il primo aspetto, basta pensare che Barillà è il vicepresidente del consiglio di amministrazione della cooperativa “Cinque talenti”, un’azienda agricola a cui “l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Reggio Calabria” ha concesso in affitto diversi terreni fino al 2031, per un canone di appena duecento euro per i primi tre anni. Un prezzo, scrivono i carabinieri, “lapalissianamente di favore se si tengono presenti i guadagni che, sulla carta, possono essere realizzati attraverso la vendita del prodotto vinicolo su un territorio che, per la sola parte destinata alla coltivazione della vite, ha un’estensione di 21.900 mq”.

Ma i legami di natura economico-imprenditoriale sono solo sullo sfondo del rapporto tra Daniel Barillà e don Antonello Foderaro, la cui solidità, secondo il Ros, “emergeva in modo evidente dalle conversazioni aventi come tema principale le consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria”. Gli investigatori non hanno dubbi: dai dialoghi si comprende “che il Barillà chiederà al sacerdote di indirizzare i consensi elettorali verso Giuseppe Neri”, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia nei confronti del quale la Dda ha presentato appello al Riesame dopo che il gip ha respinto la richiesta di misura cautelare in carcere. Poche settimane prima delle elezioni del 2020, infatti, Barillà chiama il prete per chiedergli di convincere un altro sacerdote a votare per il candidato meloniano: “Sentite una cosa don, mi servirebbe un vostro passaggio… Praticamente dovreste chiamare a don Emanuel… perché solo voi lo potete chiamare sennò non sente a nessuno questo, solo a voi sente”. “Uh”. “Per Peppe… Comunque, se lo vedete voi ditegliela mezza cosa”. “Va bene”.

Dopo la morte della governatrice Jole Santelli, a distanza di un anno in Calabria si torna già alle urne. E nel settembre 2021 Barillà chiama Giuseppe Neri rassicurandolo che, anche questa volta, don Foderaro “lo avrebbe supportato elettoralmente, sebbene in misura minore” rispetto alla prima elezione (“Sono stato con don Antonello questa mattina. Te li dà penso… non è che dà assai voti però in città”). Neri viene eletto e dopo lo spoglio Barillà parla con don Antonello: “Ora sto andando a casa di Peppe… che mi ha chiamato perché gli è scattato il seggio adesso”. “Gli è scattato?”. “Sì, sì, sì”. “Eh, ma lo sapevano che gli scattava… lo davano per certo”. Per dirla con le parole di Barillà, don Antonello “è un democristiano… incontra tutti”. E parla anche con tutti. In campagna elettorale il telefono del prelato non smette di squillare: lo chiamano dalla segreteria dell’Udc (“abbiamo un buon candidato, il sindaco di San Roberto”, gli dicono) ma lo chiama anche un “grande elettore” di Tilde Minasi (non indagata), nel 2021 candidata ed eletta al Consiglio regionale e oggi senatrice della Lega. “Sono contento che ce l’ha fatta”, dice Foderaro. “Le ho mandato un messaggio ieri mattina, dopo che ho votato, proprio per sottolinearle la vicinanza… l’importante che è entrata e che ci sono spazi da adesso”.

Anche per le Comunali di Reggio nel 2020 don Antonello non lesina gli incontri, come quello che Barillà gli organizza con il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, indagato anche lui nell’inchiesta “Ducale”. “Vorrei venire a trovarvi con un candidato a sindaco”. “Chi è?”. “Giuseppe”. “Io sono molto amareggiato… perché lui si è comportato male con me… molto male”. Questo Daniel lo sa, ma spiega il ragionamento che lo porta a sostenere il candidato del Pd nonostante le frizioni degli ultimi anni: “Voi pensate che tutti quanti lo danno disgiunto alla Marcianò (ex candidata a sindaco non indagata, ndr), anche perché è venuta a trovarmi lei, è stata garbata con me no, però don, per quanto può fare ha le liste scarse, cioè un… un disgiunto lei può prendere cinque punti, dieci punti percentuali in più rispetto alle liste, ma le sue liste pigliano il 2% e lei prenderà il 10, il 12… Io non faccio il tifo per Falcomatà… però poiché lui è uno che… realisticamente può vincere, o lui o Minicuci (il candidato a sindaco della Lega non indagato, ndr)… a questo punto… che facciamo lo incontriamo?”.

Barillà convince don Antonello e l’incontro con il sindaco Falcomatà avviene all’interno del seminario il 4 settembre 2020, a due settimane dalle elezioni. Per il Ros, si tratta di “dinamiche” che “restituiscono alcuni dati di palmare evidenza desumibili dalle risultanze tecniche acquisite”: “Non può non rilevarsi che don Antonello Foderaro, che ricopre incarichi di assoluto rilievo in ambito ecclesiastico, riconosce, nonostante la giovane età, Daniel Barillà come punto di riferimento in ambito cittadino tanto da rivolgersi a lui per ottenere indicazioni su come e dove orientare le preferenze elettorali di cui dispone”. Nelle prossime settimane i pm dovranno decidere se ci sono gli elementi per esercitare l’azione penale nei confronti del sacerdote o se la sua posizione nell’inchiesta “Ducale” è destinata ad essere archiviata. Ma intanto i suoi rapporti con Barillà e le loro conversazioni su voti e candidati gli sono costate un’iscrizione nel registro degli indagati.

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