L’Ucraina va aiutata, ma con Vladimir Putin bisogna trattare. Non lo dice un putiniano italiano, un Putinversteher, un filorusso, una spia sotto copertura, un nemico della democrazia, ma l’ex ministro Graziano Delrio, placido ex popolare, corrente cattolico democratica, alto dirigente del Partito democratico, dossettiano nel senso di Giuseppe Dossetti, teologo che partecipò alla Costituente e che per tutta la vita – dopo averla scritta – ha difeso la Carta fondamentale. Delrio parla dopo l’ulteriore fiammata del conflitto sul fronte orientale che ha portato all’incursione delle truppe di Kiev all’interno del territorio nemico e – nel frattempo – la Bielorussia che quasi nel cuore dell’Europa ha intenzione di schierare i missili al confine con l’Ucraina. I democratici, premette Delrio in un’intervista a Repubblica, continueranno ad appoggiare gli aiuti militari all’Ucraina: “Sì, la resistenza ucraina va sostenuta – dice – Non si può lasciare campo libero a una potenza nazionalista. Lo dico da pacifista, che crede nel disarmo. Ma la Russia, dalla Georgia all’Africa, destabilizza il mondo. Però con Putin bisogna trattare. Lo stesso Zelensky ha aperto a un cessate il fuoco”. Delrio prova a inserire nel dibattito pubblico italiano qualche parola di verità: “In giro c’è ancora troppa propaganda bellicista. Questa guerra non la può vincere nessuno, né la Russia né l’Ucraina. Purtroppo, l’Ue non sembra rendersene conto. È un gigante economico, ma politicamente è un nano addormentato“. Il ragionamento dell’ex ministro è che il blitz degli ucraini nell’area di Kursk, oltre confine, poco importa nella “contabilità degli errori, da una parte dall’altra” anche perché “è la Russia che ha invaso i confini di uno Stato sovrano” e “non si può pensare che durante una guerra non ci siano reazioni uguali e contrarie”. Il punto, sottolinea Delrio, è che dobbiamo ripudiarla, la guerra, come dice la Costituzione”. E se nana è l’Europa, l’Italia di certo non svetta. Delrio contesta al governo che mentre presiede il G7, “Meloni, Tajani e company sono spettatori inermi: assistono alle iniziative della Cina o del Brasile, mentre non sentiamo una parola chiara dall’Ue e dal G7. Vale anche per il conflitto israelo-palestinese. Io sono amico di Israele, ho lavorato e vissuto a Gerusalemme, prima di entrare in politica. Mi chiedo: Israele sarà più sicuro, dopo questa guerra? È l’unica democrazia del Medio Oriente, ma deve trovare un modo per favorire la soluzione palestinese. Credo, invece, che stia commettendo il più grande errore storico della sua esistenza”.
Risuonano, 24 ore dopo, le parole di Romano Prodi che di certo non è lontano dalle posizioni politiche di Delrio. “Per gli effetti sugli equilibri internazionali – aveva detto l’ex premier sempre a Repubblica – è ancora la guerra tra Russia e Ucraina il terreno su cui bisognerebbe riuscire a intervenire in cerca di un accordo. Ma nessun accordo ci sarà fino a che non si voterà negli Stati Uniti, e quindi è inutile farsi illusioni, almeno per i prossimi mesi”. Le posizioni di Delrio e Prodi non sono maggioritarie, almeno a occhio nudo, all’interno del Pd, dove il solo sfiorare l’argomento di un negoziato provoca un’insurrezione. Ed è in questo contesto che deve muoversi la segretaria Elly Schlein la quale ancora un paio di mesi fa a domanda diretta di Wanda Marra del Fatto Quotidiano rispondeva: “Io credo che la questione principale sia il ruolo dell’Ue. Noi non abbiamo messo in dubbio il sostegno” a Kiev, ma “continuiamo a insistere anche sul ruolo diplomatico e politico dell’Unione europea che fino a oggi è mancato”. Al contrario si è vista la campagna elettorale della presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, riconfermata peraltro anche col voto del Pd, puntellata di spot orientati sul settore della Difesa (con la maiuscola) e della difesa (con la minuscola) dell’Europa rispetto all’avanzata – presunta – dei russi verso i confini dell’Unione. Una contraddizione che si allarga ancora di più se si prendono seriamente – e non potrebbe essere altrimenti – le parole di un portavoce della Commissione europea che dopo la controinvasione dell’Ucraina in Russia ha serenamente dichiarato – non smentito – che l’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi nei modi che meglio ritiene.
Delrio parla all’indomani del commento amaro del presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo che ha sottolineato come le due settimane di Olimpiadi siano state “una occasione mancata” nel senso che nessuno dei Paesi in guerra ha accolto l’appello ad una tregua lanciato da Papa Francesco. “Rammarica molto vedere come i conflitti non si siano mai fermati in questo periodo e si siano protratti e approfonditi con la tragico conseguenza di vittime civili”. “Ciò non significa che non occorra continuare in tutti i modi possibili a sostenere la voce del Papa che chiede pace”. Nei giorni ancora precedenti l’inquieta voce del pacifismo cattolico si era fatta sentire anche attraverso Pax Christi, la storica associazione cristiana. Nel ragionamento del consigliere don Renato Sacco l’Ucraina funziona da modello per l’inasprimento del conflitto in Medio Oriente. “E’ rimasto solo il Papa, l’unico, a dire ‘parolacce’, perché parla di pace in un tempo in cui tutti parlano di guerra e armamenti” ha detto all’Adnkronos. “E malgrado le parole del Papa, – evidenzia don Sacco – si continua a respirare aria di conflitto, le parole protagoniste di questi momenti sono vendetta, farsi giustizia, parole che provocano una grande, forte inquietudine. Se parliamo di guerra, se investiamo nella guerra non se ne esce e l’Ucraina ne è un esempio: dopo due anni e mezzo l’unico risultato è l’aumento delle vittime”.
Nel caso di Delrio, peraltro, si può dire che l’ex ministro non è nuovo ad appelli di questo genere, sempre senza che qualcuno lo additasse – come successo ad altre figure del dibattito pubblico – come imputabile di intelligenza col nemico. Un anno e mezzo fa tentò un’iniziativa parlamentare trasversale e con figure le più lontane perché l’Italia riassumesse il suo “tradizionale ruolo di mediazione” e perché l’Europa lavorasse “per una tregua”, strada “obbligata per qualsiasi trattativa di pace”. Oltre a Delrio parteciparono a questa sorta di lobbying che chiamare pacifista è pure troppo anche il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, quello del M5s Stefano Patuanelli e ancora Maurizio Gasparri di Forza Italia, a sottolineare una volta di più la differenza di partenza delle varie personalità. Da allora – era il marzo 2023 – nulla è cambiato, anzi se possibile la situazione appare pure peggiorata, o comunque incancrenita.
Tanto che lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, pur nell’imbarazzo di dover ripetere che le armi italiane “possono essere utilizzate dal punto di vista difensivo”, ha vissuto con sconforto questo passo ulteriore verso una possibile escalation, cioè l’incursione degli ucraini in Russia. “Il problema di questa nuova tattica – ha detto Crosetto a Radio Rai – non è quello di capire se ci sono armi italiane questo nuovo attacco perché non ci sono. La drammaticità di questa cosa è il passo in più verso la difficoltà di raggiungere la pace”. Per Crosetto, quindi, “se vogliamo arrivare alla pace non dobbiamo incentivare altri impatti ulteriori di guerra”. “Nessun Paese deve invadere un altro Paese e dobbiamo mantenere questa linea anche in questo caso – ribadisce il ministro della Difesa – Il nostro tentativo è di dire che deve cessare l’attacco russo e ripristinare le regole del diritto internazionale, non quello di vedere un conflitto che diventa ancora più duro, che si sposta sul territorio russo. Questo prevederà un ulteriore peggioramento della Russia sul fronte ucraino e quindi allontanerà sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco, che è la precondizione per un percorso di pace“.
Che l’Europa faccia poco, anzi che non faccia proprio nulla, perché si arrivi a tentativi di negoziato lo pensa un’ampia fetta di cittadini dell’Unione, almeno a riprendere un sondaggio condotto dal think tank European Council on Foreign Relations qualche settimana fa e pubblicato da Repubblica. Tra i quasi 20mila cittadini intervistati (in 15 Paesi) c’erano anche quelli ucraini. Tra quei dati emergeva che tra il 30 e il 49% degli intervistati crede nella fine della guerra attraverso i negoziati, mentre sono minoritarie le fette di popolazione che pensano che siano possibili le vittorie sul campo di una o l’altra parte. Le posizioni si differenziano naturalmente rispetto alla posizione geopolitica. Da una parte la maggior parte degli intervistati in Estonia, Svezia, Polonia, Gran Bretagna e Portogallo ritiene che “l’Europa dovrebbe appoggiare l’Ucraina nel combattere i territori occupati dalla Russia”, mentre Bulgaria, Grecia e Italia sono i paesi in cui l’idea preponderante è che l’istituzione europeo dovrebbe far desistere l’Ucraina e accompagnarla verso un accordo di pace. Più indecisi Francia, Spagna, Paesi Bassi e Germania in cui c’è una sostanziale parità tra i due punti di vista.