Tre persone sono state fermate a Reggio Emilia con l’accusa di estorsione e usura nei confronti di un imprenditore di origine campana. I tre provvedimenti, emessi venerdì sera ed eseguiti la scorsa notte dalla Squadra Mobile, hanno riguardato tre persone di 27, 34 e 41 anni, ora in carcere, e rientrano nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica diretta da Calogero Gaetano Paci che vede altre otto persone indagate, a vario titolo per diversi reati, tutti commessi in concorso, quali usura, estorsione aggravata ed emissione o rilascio di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti allo scopo di evasione fiscale.
Secondo gli inquirenti queste persone sarebbero coinvolte nella criminalità organizzata di una locale cosca di ‘ndrangheta. Le operazioni hanno interessato anche guardia di finanza e carabinieri che hanno contestualmente perquisito anche quattro indagati, ritenuti i mandanti delle estorsioni, sequestrando documenti, telefonini e computer. I tre fermati, invece, sono ritenuti gli esecutori materiali delle attività estorsive impartite da altri due soggetti, di origine calabrese, già coinvolti e arrestati nell’ambito dell’operazione Mindfield dello scorso febbraio che portò all’arresto di 15 persone e 100 indagati di cui 26 per associazione a delinquere, nonché alla scoperta di 81 società coinvolte per vari reati fiscali al fine di riciclare denaro.
A far scattare le indagini è stata la richiesta di aiuto di un imprenditore di origini campane, con base a Reggio Emilia, vittima di estorsione e usura. L’uomo ha denunciato di essere stato inserito nel sistema criminale dell’operazione Mindfield, di aver ricevuto diverse richieste di denaro e di essere stato anche minacciato da un giovane di origini calabresi, figlio di un condannato nell’ambito del processo Aemilia.