Politica

Il degrado della classe politica è esatta espressione del popolo che vota

Quando Matteo Renzi si insediò a capo del suo governo, ricordo che la prima dichiarazione che rilasciò alla stampa dopo aver giurato fu all’incirca questa: “Domattina alle otto inizieremo a lavorare per l’Italia”. Sembra un episodio di poco conto, ma in realtà la dice lunga sulla rozzezza di quello che era il nuovo presidente del consiglio: quel sottolineare che esattamente alle otto di mattina tutti sarebbero stati in riga per salvare l’Italia.

La pochezza di quel governo del resto sarebbe stata certificata anche da una ministra come Marianna Madia (nota poi per aver demolito il Corpo Forestale), che confessò apertamente di non sapere nulla di politica. Ma in realtà l’incultura politica risaliva a tempi addietro. Sicuramente a Berlusconi, che dimostrava quale fosse il suo livello anche semplicemente facendosi realizzare una Villa Certosa con un finto vulcano e altrettante finte cascate e laghetti. O al suo allora amico Umberto Bossi, che si faceva ritrarre in canottiera, come, anni dopo, il suo degno erede Salvini in maglietta sul trattore.

Ma andiamo ancora più indietro a quel governo Craxi che vide eletto nelle proprie file un Gerry Scotti che divenne infatti famoso per l’assenteismo, oppure al caso notissimo di una Ilona Staller onorevole. Ma torniamo (scusate il saltabeccare) a Berlusconi che, non sapendo chi fare ministri, nel suo primo governo, presentò un vicino di casa. Certo, mi si potrà obiettare la triste realtà della prima repubblica, spazzata via da scandali e corruzione. Potrei eccepire che la corruzione non era palese, mentre oggi una sorta di corruzione del tutto sdoganata esiste ancora ed è la sudditanza alle lobby.

Ma non è questo il punto, quello che voglio sottolineare è la rozzezza, l’incultura dominante nella classe politica, cosa impensabile all’epoca delle scuole di partito, di Piazza del Gesù o di Botteghe Oscure. E un incentivo all’incultura, spiace dirlo, lo diede pure la novità allora del momento, quei Cinquestelle che venivano su dalla strada e per i quali spesso non solo la cultura del bene comune ma anche la cultura tout court era di là da scoprire, e ce ne saremmo accorti con la politica bislacca che avrebbero perseguito.

E veniamo all’oggi, in cui al governo vanno addirittura i parenti, in cui un ministro confessa di non sapere nulla della materia per la quale è stato nominato (vero, ma mi astengo dal nominarlo), oppure un Sangiuliano afferma che Colombo voleva raggiungere le Indie sulla base delle teorie di un Galileo Galilei vissuto dopo di lui. Oppure ancora diventa ministra una Santanché, espressione del lusso e della pacchianeria, non certo di quella passione per la cosa pubblica, per il bene comune che un ministro dovrebbe perseguire. Del resto, non è amica del geometra Briatore del Twiga?

Ma qui veniamo a un’altra e ultima considerazione: questa gente è esatta espressione del popolo che vota e del degrado che sempre più pervade e caratterizza la nostra società. Del resto, ai tempi di Berlusconi ricordo bene al mercato due ambulanti (e non erano un caso isolato) che lo ammiravano perché presumibilmente si scop*va le minorenni, e oggi chi non vorrebbe avere i soldi appunto di un Briatore, che ai suoi tempi confessò a un giornalista di Repubblica che la sua libreria era finta: solo dorsi di libri e, dietro, bottiglie di liquori?

Classe politica espressione di una società. Volete farvi un’idea del livello di degrado a cui siamo giunti? Guardatevi Reazione a Catena alla sera su Rai Uno, scoprirete che non si sa qual è il fiume di Firenze o la capitale della Svezia, oppure che i Mille furono guidati da Napoleone Bonaparte. Questa è sempre più la base, gli onorevoli l’apice. Onorevole? “Ma mi faccia il piacere!”.