Il botta e risposta a distanza tra Bezalel Smotrich e John Kirby è esemplificativo di come, anche all’interno dell’alleanza, ci siano due forze che tirano in direzioni diverse. Il 7 agosto, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense Kirby aveva detto che l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza era a un passo, “mai così vicino dall’inizio del conflitto”. Inviando un messaggio politico, ha poi aggiunto che gli Stati Uniti non avrebbero permesso agli “estremisti” di far deragliare l’intesa. Il ministro delle Finanze israeliano Smotrich, lo stesso che ha dichiarato che sarebbe “giustificato e morale” affamare a morte la popolazione palestinese, deve essersi sentito chiamato in causa: “Accetto la posizione degli Stati Uniti e li ringrazio per il sostegno, ma credo debbano rispettare la democrazia israeliana e la posizione dei cittadini e dei suoi funzionari eletti. Saranno loro a prendere le decisioni che influenzeranno la sicurezza del Paese”, ha scritto Smotrich su X. Poche ore prima della pubblicazione di questo post, almeno 93 persone, tra cui 11 bambini e sei donne, sono state uccise da un attacco israeliano che ha colpito il complesso scolastico Al-Tabin, nel centro di Gaza City, usato come rifugio per gli sfollati. Non è la prima volta che nei pressi di un accordo di tregua, di un incontro internazionale organizzato con l’obiettivo di cucire un’intesa, Tel Aviv risponde con le bombe. La strage di Al-Tabin ha lo stesso tragico tempismo di altri massacri: forte del punto a favore messo a segno con l’omicidio del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, il 15 agosto Israele è atteso al tavolo delle trattative per concordare i dettagli del quadro di un cessate il fuoco formulato da Usa, Egitto e Qatar. Ma nel frattempo, continua a sparare.
L’estrema destra tiene in stallo Bibi – I funzionari statunitensi ritengono che l’ultima proposta messa sul tavolo abbia avvicinato le parti: la liberazione degli ostaggi verrà ricambiata con almeno sei settimane di cessate il fuoco. Un primo step per arrivare poi, con altre tappe, alla fine della guerra. Conscio di questi passi in avanti, di queste nuove possibilità di pace, Kirby aveva dichiarato che la tregua “non era mai stata così vicina”. Prima di venire parzialmente smentito dall’ultimo raid ad Al-Tabin. D’altronde, l’estrema destra israeliana, fondamentale per tenere in piedi il governo di Benjamin Netanyahu, ha dichiarato più volte di non volere l’accordo. Smotrich, che guida il partito sionista religioso, si è sempre opposto a tutte le negoziazioni, definendole “trappole pericolose” che creano una “simmetria delirante” tra gli ostaggi israeliani e gli “spregevoli terroristi assassini di ebrei” che verrebbero liberati. In caso di intesa, è pronto a far cadere l’esecutivo. Netanyahu dà così un colpo al cerchio e uno alla botte: prosegue la guerra per dare ossigeno alla sua carriera politica e continua i negoziati per dare al mondo la sensazione di stare ascoltando le voci che inneggiano alla pace. Nel mezzo a queste due direttrici, resta la popolazione di Gaza. Ridotta di 40mila persone da quando è iniziata la guerra.
Luglio 2024: dopo ogni “mai così vicini alla tregua”, arriva la strage – Il tira e molla di Israele prosegue in modo pressoché identico da mesi. A ogni annuncio di negoziati in corso, segue una strage di civili, come ricostruisce Il Manifesto. Andando a ritroso, poche settimane fa, il 12 luglio, il presidente Usa Joe Biden dichiarava che, al di là di “questioni complesse da affrontare”, l’intesa per la tregua era “quasi fatta”, sia da parte di Hamas che di Israele. Il giorno dopo, le bombe di Tel Aviv piovono su al-Mawasi, a ovest di Khan Younis, in un area designata dalla stesso esercito israeliano come “zona umanitaria sicura“. Muoiono almeno 90 sfollati palestinesi – metà dei quali donne e bambini -, fuggiti dalle loro case dopo l’avvio dell’operazione di Tel Aviv nella Striscia di Gaza. Trecento persone vengono ferite, alcune di loro moriranno nei giorni successivi. A distanza di una settimana, il 19 luglio, per il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, i negoziati sul cessate il fuoco a Gaza sono vicini alla “linea di arrivo”. Attingendo a un metafora da football americano, dichiara: “Siamo all’interno della linea delle ultime 10 yard, ma spesso sono le più difficili”. La notte successiva, a Nuseirat, le forze aeree israeliane attaccheranno una residenza vicino alla moschea Murad Al Talaa. Il numero di morti e feriti è imprecisato.
Giugno 2024: al Cairo si tratta, a Nuseirat si muore – Nuseirat era stata già teatro di altri massacri. Il 6 luglio, due giorni dopo l’invio da parte di Netanyahu di una squadra negoziale al Cairo, i raid di Tel Aviv avevano preso di mira una scuola dell’Onu, la Al-Jaouni, uccidendo 16 persone. Proprio mentre si iniziava a intravedere uno spiraglio per l’avvio di una nuova fase di dialogo. Hamas, infatti, aveva dato un primo via libera al piano elaborato dal presidente Biden per il cessate il fuoco di sei settimane nella Striscia, in cambio della liberazione di numerosi ostaggi. Un compromesso per il movimento palestinese che, per arrivare a una tregua, aveva rinunciato alla richiesta di un cessate il fuoco permanente come condizione per il rilascio degli ostaggi. Il mese prima, l’8 giugno, alcuni membri delle forze speciali israeliane sono entrati nel campo profughi di Nuseirat, spacciandosi per sfollati di Rafah. Parlando fluentemente arabo, si sono mescolati alla popolazione palestinese per liberare quattro ostaggi. Nello scontro a fuoco e nei raid che hanno accompagnato l’operazione, 274 civili palestinesi sono morti. Una settimana prima, sembrava che Biden avesse convinto anche lo stesso Netanyahu e il suo governo di estrema destra della necessità di arrivare a una tregua.
Maggio 2024: l’offensiva a Rafah, nei giorni delle trattative – Maggio è stato il mese in cui è iniziata l’offensiva a Rafah. Il 7 maggio, i mezzi corazzati dell’esercito israeliano hanno fatto irruzione nella Striscia, mentre dall’alto i bombardamenti isolavano totalmente Gaza. Ancora una volta, la strategia di Netanyahu e del suo governo contravveniva a quanto annunciato nei tavoli di trattativa. Nelle stesse ore, infatti, al Cairo si discuteva di un possibile accordo. L’allora leader di Hamas, Ismail Haniyeh, aveva informato il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, e il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, “dell’approvazione da parte del movimento della loro proposta sull’accordo di cessate il fuoco”. Respinta al mittente da Israele che l’aveva ritenuta inaccettabile.
I primi mesi del 2024: la “strage degli affamati”, dopo settimane di negoziati – Tra marzo e aprile, le manifestazioni degli studenti in tutto il mondo hanno cercato di influenzare i negoziati in Egitto, senza alcun risultato. Il 2 aprile, Tel Aviv ha fatto fuoco sul convoglio dell’ong statunitense World Central Kitchen. Il premier Netanyahu lo ha definito “un tragico caso” perché le forze armate “hanno colpito senza intenzione gente innocente”. Fatto sta che sono morti sette operatori umanitari internazionali, colpiti con tre razzi mentre stavano distribuendo aiuti alimentari. Alcune settimane prima, con l’avvicinarsi del Ramadan, il 28 febbraio, 114 persone furono uccise mentre cercavano di prendere dei sacchi di farina. La “strage degli affamati” è avvenuta dopo un mese di intense trattative. Anche questa volta, tra un massacro e l’altro, la tregua sembrava a portata di mano. A gennaio, lo scenario si era ripetuto: l’uccisione di Saleh Aruri, il numero due dell’ufficio politico di Hamas, aveva interrotto un dialogo appena iniziato. A distanza di otto mesi, con l’omicidio a Teheran di Ismail Haniyeh, nulla sembra essere cambiato.