Cerimonia di chiusura “riparatoria” quella che ha sigillato i Giochi di Parigi, le trentatreesime Olimpiadi della storia moderna. Protocollare, allegorica, noiosa. Profusione di son et lumières (suono e luce), peccato che il son non sia stato all’altezza dell’evento, concentrato allo Stade de France, invece che essere diluito lungo sei chilometri della Senna o in giro per la città, come nella provocatoria, inclusiva e geniale cerimonia inaugurale, al centro delle polemiche per la fraintesa dissacrante “ultima cena” con le drag queen che hanno imbufalito la destra estrema e cristiana. Gli atleti olimpici rimasti a Parigi hanno preso possesso del terreno di gioco, “abbiamo voluto metterli al centro della nostra cerimonia”, ha dichiarato Thomas Jolly, il direttore artistico, in un colloquio al telegiornale di France2, e pure questo mi è parsa una pezza, come si dice peggio la toppa del buco, perché tra le varie critiche all’inaugurazione, c’era stata quella che accusava gli organizzatori di aver messo in secondo piano gli atleti (una balla: hanno sfilato sui battelli della Senna). Jolly non ha fatto altro che conformarsi alla tradizione: finite le gare, chi resta affluisce allo stadio olimpico e si mescola tra gli atleti delle altre nazioni. Ieri sera, tuttavia, in pochi lo hanno fatto, preferendo restare coi propri compagni. Al solito, sugli spalti qualche bandiera palestinese, molte ucraine, persino qualche israeliana. Tutto sotto controllo.

Momento clou: Tom Cruise che si cala dal tetto dello stadio, piglia dalle mani della sindaca di Los Angeles la bandiera olimpica, scappa via su una grosso moto, poi, mentre lui schizza fuori dallo stadio, gli schermi giganti cominciano a mandare le immagini di un lungo cortometraggio in stile Mission Impossible. Ecco lo spericolato ed ancora atletico Tom sfrecciare tra le strade di Parigi. Eccolo piombare nella “pancia” di un Hercules che decolla, rotta sulla California. Quando è sopra le colline di Los Angeles, Tom Cruise e bandiera saltano dall’aereo in caduta libera a testa in giù, come nei film in cui lui non vuole controfigure (ed è per questo diventato una sorta di leggenda degli amanti del rischio). Atterraggio perfetto. A pochi metri da una delle lettere giganti che campeggiano su Los Angeles: Hollywood. Tra la y e la w ora ci sono i cinque cerchi colorati dei Giochi che la metropoli californiana ospiterà per la terza volta nel 2028. Il filmato prosegue ed inquadra una piattaforma accanto al casotto dei bagnini di Long Beach, attorniata da due o trecento ragazzi che smaniano perché stanno suonando, alternandosi, i Red Hot Chili Peppers, Billie Eilish e i due rapper Snoop Dog e Dr Dre, già insieme un’altra volta, al SuperBowl del 2022.

Impressione? Stantìa. Tant’è che la stampa statunitense si è inviperita. Ma come? Dopo averci fatto vivere i Giochi di Parigi sotto la Tour Eiffel, alle Tuileries, al Grand Palais, al Roland Garros e a Versailles, ci umiliate con questo spotdeprimente” da guardare in video nello stadio dove si chiudono Olimpiadi difficilmente eguagliabili, per ambientazione e calore del pubblico (New York Times)? Una festa di spiaggia, tutto qui? Tutto si è svolto secondo il trito copione dell’ufficialità Cio, a parte una lunga, a tratti lenta e stucchevole coreografia che non lascia traccia nel nostro immaginario. Presenti Macron, spesso alle finali per tifare i big francesi come Léon Marchand, quattro ori e protagonista nella cerimonia come portatore dell’ultima fiaccola prima dello spegnimento, e sua moglie Brigitte che si vedeva avrebbe preferito restare sul loro yacht a Bregançon, dove vanno in vacanza dal 2018. Macron adora lo sport, pratica la boxe (sora Meloni è avvisata…) e che fa jogging scortato dagli uomini del Gspr (il gruppo di sicurezza presidenziale), dodici chilometri che gli assicurano un fisico asciutto e ben tonico. Bregançon, oltre Saint Tropez, piace molto a Brigitte e, durante i Giochi, è rimasta lì coi tre figli Tiphaine, Laurence e Sebastien e i sette nipoti che si divertono con il Seabob, qualcosa di meno potente ed esibizionista dei Jet ski che in Costa Azzurra e in Provenza abbondano. Solo domenica è tornata a Parigi per raggiungere Emmanuel ed assistere, assieme, alla cerimonia di chiusura.

Ora il prossimo impegno è l’ottantesimo anniversario dello sbarco alleato in Provenza, il 15 agosto, altrettanto grandioso, se non addirittura più imponente, di quello in Normandia. In attesa delle celebrazioni (gli uffici postali hanno già i francobolli commemorativi…), Macron ha voluto tirare le somme dei Giochi con un paio di battute, durante un incontro con degli imprenditori, nei giardini dell’Eliseo: “In questi giorni abbiamo mostrato il vero volto della Francia, è stato un successo di sicurezza, organizzazione, un successo sportivo e popolare. Abbiamo anche evitato pericoli, grazie ad oltre un milione di indagini svolte dallo Sneas, il servizio nazionale di inchieste amministrative di sicurezza che ha permesso di individuare più di 5600 persone potenzialmente pericolose”. Nemmeno dodici ore dopo la fine dei Giochi che Macron esibisce già nostalgia. Ma forse è solo astuzia politica: “Abbiamo avuto la sensazione che l’aria fosse più leggera in queste settimane olimpiche”, quasi quasi “non vogliamo che la vita ritorni alla normalità, non c’è più una prova da seguire, non c’è più l’entusiasmo di ogni mattina”, sottolineando il bilancio molto positivo degli atleti francesi (quinti nel medagliere olimpico). Per Macron il grande risultato di questa competizione prova “allo stesso tempo” che il marchio politico dalla sua elezione nel 2017, “è una realtà”. “Possiamo essere allo stesso tempo creativi e rigorosi e possiamo essere allo stesso tempo completamente folli e molto ben organizzati”, riporta il Figaro. Macron era accompagnato, tra gli altri, dal premier Gabriel Attal, dal ministro degli Interni Gérald Darmanin, da Valérie Pécresse, presidente della regione Île-de-France, da Amélie Oudéa-Castéra, ex tennista, ministro dello sport (e dei Giochi) da Tony Estanguet, ex-canoista (fu oro ai Giochi di Atene del 2004) divenuto abile presidente del comitato olimpico parigino costretto a destreggiarsi tra polemiche e sfide politiche. Insomma, il cerchio ristretto di coloro che hanno voluto fortissimamente le Olimpiadi e che si svolgessero senza problemi. Peccato, per esempio, che il primo giorno ci siano stati i sabotaggi ai tgv e alle reti cablate. O che il Progetto Senna, tanto caro alla sindaca Anne Hidalgo che ha puntato moltissimo sulla rigenerazione e la balneabilità della Senna (ma qui l’argomento si fa piuttosto…liquido) abbia fatto acqua per via di tenaci batteri fecali.

Eppure Macron ha voluto trarne una lezione, che è pure un monito agli avversari: “Questo spirito dei Giochi ci mostra una cosa molto semplice: quando siamo tutti insieme, siamo imbattibili”. Il problema è che i Giochi, quelli olimpici, sono finiti – sia pure in gloria- mentre oggi ricominciano quelli assai più complessi e difficili delle alchimie politiche, una situazione di drammatico stallo dopo l’improvviso scioglimento del governo e le contraddittorie elezioni amministrative che hanno formato un Parlamento diviso sostanzialmente in tre blocchi, per ora inconciliabili. La festa a cinque cerchi, davvero bella, è finita e con lei è finita una parentesi incantata che tuttavia non ha incantato i Mélénchon, i Bardella, la Le Pen, Attal, i cacicchi del centro e della sinistra socialista (come l’ex presidente François Hollande) o della France Insoumise. La tregua olimpica non ha fermato le guerre in Medio Oriente ed in Ucraina, mentre in Francia ha fatto comodo ai vari antagonisti, accomunati semmai dall’esplosione dello sciovinismo che ha accompagnato le prestazioni degli atleti francesi, ed immancabile anche ieri, nella mesta cerimonia di chiusura. I cui dividendi, Macron, spera di incassare.

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