Tempi duri per la signora Meloni. L’astuta politicante emersa dal putrido bacino della destra italiana, tuttora intriso di fascismo sia nei riferimenti ideali che nelle spesso manesche prassi quotidiane, sembra aver definitivamente completato il suo periodo di grazia. Basi del suo effimero successo erano stati l’incondizionata accettazione di ogni diktat imposto da Stati Uniti, Nato ed Unione Europea, unitamente ad un’accorta gestione propagandistica della propria immagine di donna, madre, cristiana e quant’altro, sapientemente veicolata da media sempre meno autenticamente pluralistici a un popolo bue pronto alla lacrimuccia pietistica – anche perché privato di ogni alternativa credibile e praticabile al governo delle destre.

Avallata dai poteri imperiali che presiedono agli italici destini, sopportata dal popolo, le cui parti peggiori sono state titillate nei loro più bassi istinti, ad esempio legittimando in ogni modo l’evasione fiscale e lo sfruttamento del lavoro subordinato, la navicella di Giorgia galleggiava nel maleodorante mare della politica italiana e sembrava destinata a restare in superficie, anche in virtù della mediocrità dei suoi presunti antagonisti, specie l’armocromata ma insulsa Schlein.

Si sono però prodotti alcuni fatti nuovi, e altri potrebbero prodursene, fino a rendere perigliosa la navigazione delle destre, minacciando il cozzo della sua affollata scialuppa sugli scogli, con conseguente inevitabile inabissamento.

La sfera primaria e decisiva pare essere costituita ancora una volta da quella dei rapporti internazionali ed europei. La rottura dell’alleanza colla pessima von der Leyen non è certo un incidente di percorso, mentre qualche incertezza si profila anche nei rapporti con Washington della Proconsole di Provincia, quale che sia l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi. Venendo meno in parte la legittimazione internazionale sulla quale Giorgia aveva deciso di edificare il suo regno, risulta più arduo il suo ambizioso disegno controriformistico notoriamente basato sul patto a tre con Lega e Fratelli d’Italia e che presenta i tre elementi tra loro strettamente interconnessi proprio per garantire quell’alleanza politica della frantumazione dell’unità nazionale, dell’asservimento dei giudici ai poteri politici ed economici e dell’annientamento di ogni ruolo istituzionale significativo di Parlamento e Presidente della Repubblica, noti rispettivamente in gergo politichese come autonomia differenziata, separazione delle carriere e premierato.

Il successo strepitoso e almeno in parte inatteso della raccolta delle firme per il referendum sull’autonomia differenziata dimostra che la parte più avanzata e consapevole dell’elettorato italiano, per quanto avvilita e confusa da troppi anni di Partito democratico, sta cominciando a mangiare la foglia. Se si riesce a bloccare l’autonomia differenziata ne risulta pregiudicato il disegno meloniano nel suo complesso, proprio per l’accennata rigida interconnessione tra i suoi vari elementi e colla tutto sommato instabile alleanza politica che dovrebbe promuoverlo. Risulta però fondamentale vigilare contro gli inevitabili tentativi di snaturamento della sacrosanta battaglia per la difesa dell’unità nazionale e dell’eguaglianza tra i cittadini, tentativi agevolati dalla proverbiale fragilità ideologica del Pd e dagli insidiosi conati di infiltrazione da parte di soggetti come Renzi e simili.

Si tratta però a oggi del fronte più avanzato di lotta contro Meloni e le destre e occorre muoversi per vincere sul tema in questione senza se e senza ma. Bisogna inoltre che da settembre riparta con forza la mobilitazione sociale e suoi posti di lavoro, che avrà sicuramente un ruolo fondamentale nello spazzare via il governo più spudoratamente schierato a fianco del peggiore padronato che abbiamo avuto dal dopoguerra ad oggi. È bene che i sindacati, specie la Cgil, promuovano uno sciopero generale per il recupero salariale, l’equità contributiva e fiscale e la dignità del lavoro, base imprescindibile del patto costituzionale oggi attaccato frontalmente da Meloni & C.

Sul versante più specificamente politico, infine, occorre guardarsi dalle ammucchiate indistinte e procedere alla costruzione di una forza di sinistra autonoma dal cosiddetto campo largo che sappia porre tutte le questioni accennate insieme a quelle oggi urgenti della collocazione internazionale del Paese, contro la Nato, per la pace in Ucraina e per fermare l’atroce genocidio palestinese, isolando e sanzionando il criminale governo israeliano e ponendo così le basi per la realizzazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.

Costruire questa forza politica è un compito troppo a lungo differito per la dabbenaggine, l’opportunismo e la pochezza dei sedicenti gruppi dirigenti della sinistra, sempre quasi esclusivamente attenti alla propria sopravvivenza individuale. Ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che senza affrontarlo e risolverlo in modo soddisfacente, il nostro Paese e il nostro popolo saranno inevitabilmente condannati a un’esistenza grama di povertà, precarietà e servaggio ancora per molti anni a venire, mentre si consuma l’inevitabile crisi del capitalismo occidentale col suo altrettanto inevitabile seguito di guerre, catastrofi e miseria.

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