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L’Antitrust ribadisce: “No alla proroga delle concessioni balneari, vanno messe a gara. Le spiagge libere sono risorsa scarsa”

Anche l’Antitrust ribadisce che le proroghe delle concessioni balneari sono illegittime e quelle aree demaniali vanno messe a gara. E smentisce la fantasiosa “mappatura” governativa – mirata a non applicare la direttiva Bolkestein – spiegando di condividere “le conclusioni cui sono pervenuti il giudice amministrativo nazionale e la Commissione europea secondo cui è evidente l’attuale […]

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Anche l’Antitrust ribadisce che le proroghe delle concessioni balneari sono illegittime e quelle aree demaniali vanno messe a gara. E smentisce la fantasiosa “mappatura” governativa – mirata a non applicare la direttiva Bolkestein – spiegando di condividere “le conclusioni cui sono pervenuti il giudice amministrativo nazionale e la Commissione europea secondo cui è evidente l’attuale situazione di notevole scarsità (in alcuni casi inesistenza) che caratterizza le aree demaniali a disposizione dei nuovi operatori”. Lo fa nel Bollettino settimanale diffuso oggi, inviato all’Anci e alla Conferenza Stato-Regioni.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato “ritiene necessario ricordare i propri numerosi interventi volti a censurare sia le proroghe ingiustificate delle concessioni in essere sia le disposizioni contenute nelle procedure selettive avviate per l’assegnazione delle nuove concessioni suscettibili di pregiudicare il corretto confronto concorrenziale”. L’Antitrust “ha più volte sottolineato che il continuo ricorso a tale strumento violi i principi della concorrenza nella misura in cui impedisce il confronto competitivo per il mercato, che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso, in un contesto nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere, e favorisce gli effetti distorsivi connessi a ingiustificate rendite di posizione attribuite ai concessionari”.

E ripete che, “al fine di non vanificare il ricorso a procedure concorrenziali di assegnazione, la durata della concessione dovrebbe essere commisurata al valore della stessa e alla sua complessità organizzativa e non dovrebbe eccedere il tempo ragionevolmente necessario per il recupero degli investimenti autorizzati e un’equa remunerazione del capitale investito“. In ultimo, l’Antitrust “ribadisce l’importanza del ricorso a modalità di assegnazione competitive delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico- ricreative e sportive, evitando ulteriori proroghe e rinnovi automatici e, a tal fine, auspica che i rilievi sopra svolti siano tenuti in debita considerazione”.

L’Autorità sollecita quindi gli enti “affinché tutte le procedure selettive per l’assegnazione delle nuove concessioni siano svolte quanto prima” e affinché l’assegnazione “avvenga non oltre il 31 dicembre 2024“. Nella segnalazione pubblicata sul proprio bollettino settimanale, l’Autorità ricorda che il Milleproroghe del 2022, disponendo la proroga al 31 dicembre 2024 delle concessioni in essere, ha previsto la possibilità di spostare ulteriormente il termine al 31 dicembre 2025, “nel caso in cui le amministrazioni non riescano a completare nei termini le procedure di gare per motivate ragioni oggettive”. Alla luce di tali norme, molte amministrazioni hanno deciso di adottare provvedimenti di proroga al 31 dicembre 2024 motivandoli con la complessità del quadro giurisprudenziale e normativo e l’impossibilità di espletare le gare prima del riordino delle concessioni e prima che fossero dati chiarimenti sulla scarsità o meno della risorsa demaniale.

L’Antitrust precisa quindi di aver fornito pareri motivati, in cui chiariva che le amministrazioni concedenti “avrebbero dovuto disapplicare la normativa nazionale” per contrasto con la Direttiva Servizi dell’Unione europea, e procedere alle gare. “Come noto, infatti, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi ai principi e alle disposizioni eurounitari e, ove la normativa interna confligga con il diritto dell’Unione europea, se ne impone la relativa disapplicazione”, si legge nella segnalazione. In numerose occasioni, inoltre, l’Autorità ha contestato gli argomenti degli enti a sostegno della proroga, “considerata l’infondatezza degli stessi”. La norma infatti “circoscrive la possibilità di differire ulteriormente la durata delle concessioni a ipotesi del tutto eccezionali connesse a specifiche circostanze che impediscono la conclusione della procedura selettiva. Affinché la norma possa trovare applicazione, dunque, è necessario che la procedura selettiva sia stata avviata e che sussistano ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura. Solo in presenza di tali circostanze è legittimo ritenere che il termine di scadenza delle concessioni possa essere differito”. Ma “in nessuno dei casi esaminati dall’Autorità le amministrazioni concedenti avevano avviato una procedura selettiva per l’assegnazione delle concessioni”. Con riferimento alle proroghe, del resto, anche il Consiglio di Stato ha da ultimo affermato il principio per cui si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione solo la proroga “tecnica” limitata per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle gare, specifica ancora il Garante.

Falso che le spiagge libere siano abbondanti e non sia quindi necessaria la messa a gara, conclusione a cui arrivava la mappatura già contestata da Bruxelles. La situazione di scarsità “è ancor più pronunciata se si considerano gli ambiti territoriali comunali o comunque si prendono come riferimento porzioni di costa ridotte”. Il concetto di scarsità “deve essere interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della “quantità” del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, di conseguenza, della domanda che è in grado di generare da parte di altri potenziali concorrenti. Ciò considerando che, ancora oggi, i dati del Sistema Informativo del Demanio marittimo – richiamati anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – attestano l’esistenza di una percentuale di occupazione delle coste molto elevata, viste le zone di spiaggia libera che non risultano fruibili e tenuto conto dei limiti quantitativi massimi di costa che può essere oggetto di concessione previsti in molte Regioni”, evidenzia l’Antitrust.