Quando anni fa, Roma si candidò per i giochi olimpici del 2024, ci fu un’ondata di proteste, sia da parte dei romani che dagli antiromani di professione. I primi temevano soprattutto una città bloccata per diversi anni, gli altri, prevenuti per principio, pensavano all’impossibilità organizzativa e alle ruberie. Alla luce di quanto è successo a Parigi, al di là degli splendidi nostri risultati sportivi, ho rivisto quelle che erano in parte le mie perplessità.

C’è da rilevare che Paris 2024, ovvero i Giochi o il giocattolo di Macron, perché fortemente voluto dal Presidente francese, fu com’è noto un patto con Trump, Cio consenziente, nel senso “tu mi appoggi per Parigi io ti ringrazio con Los Angeles”…

E forse pensando alla mecca del cinema, il novello Napoleone ha convocato il suo cerchio magico, chiedendo probabilmente di anticipare Hollywood anche se il risultato è stato più simile a Bollywood.

Al di là delle vere o ipotetiche accuse di blasfemia, il risultato è stato ben al di là del kitsch, sia nelle cerimonie che nell’organizzazione complessiva, al cui confronto qualsiasi città italiana avrebbe sicuramente meglio figurato.

Certamente il desiderio di stupire e strafare, a volte tipico degli esordienti, deve aver preso il sopravvento in Thomas Joly, con un misero curriculum alle spalle, la creazione di un minuscolo teatro di provincia e la direzione di un altro, ma che a 36 anni viene investito dall’occasione della vita. Poca passione e deboli riferimenti per lo sport, passato in secondo piano e affidato solo ai Minions,
molte ripetizioni dei quadri scenici, lunghi tableau vivant, scenografie e coreografie più tipo “Il Vizietto” che “Moulin Rouge” – questo all’inaugurazione .

La chiusura molto più sobria, anzi in alcuni momenti inquietante con presagi funesti, in realtà più che una celebrazione dei giochi, una celebrazione della Francia sino a rasentare il più bieco sciovinismo, a parte la sudditanza verso gli Usa, prossimi organizzatori, e un richiamo alle prime olimpiadi in Grecia. Scomparsa del tutto l’Italia, mai inquadrata dalla regia in favore di ripetute inquadrature della Gran Bretagna e di minuscole nazioni, senza che i telecronisti Rai lo rilevassero.

Cosicché le mie iniziali perplessità sulle ipotetiche Olimpiadi a Roma sono di colpo svanite pensando al patrimonio unico a livello agonistico già esistente nella città sia a livello archeologico, che certo Parigi non ha, che architettonico. Mi riferisco al Circo Massimo, adatto per tutte le gare e ovviamente al Colosseo che, come già scrissi qui due volte, nel 2014 e nel 2016, poteva essere utilizzato per gare ed eventi, una volta ricostruito il pavimento che fu divelto solo nel 1874.

L’appello è stato accolto, anche se i tempi non sono stati rispettati, l’arena reversibile avrebbe dovuto essere pronta a metà del 2023, con costi tutto sommato contenuti, solo 18 milioni di euro, se pensiamo che la pedonalizzazione del secondo tratto di via Roma a Torino ne costerà più di 12. Innegabile poi che lo Stadio dei Marmi è di per sé spettacolare, come tutta Roma e la via dei Fori Imperiali, niente di più adatto per corse.

Riguardo il biondo Tevere poi la sua balneabilità non è certo inferiore alla Senna, anzi recenti analisi hanno confermato un accettabile grado delle acque e certamente il villaggio olimpico, la cucina e l’accoglienza sarebbero stati migliori. Così forse si sarebbe forse deciso 10 anni fa per il termovalorizzatore, per una pulizia energica su strade e piazze anche dei senzatetto, adesso con l’insana idea per il Giubileo di ospitarli a via Marsala, quindi alla Stazione Termini mentre Parigi li ha deportati a molti chilometri di distanza.

Certamente Roma aveva, avrebbe bisogno di una drastica operazione di maquillage per ridarle la dignità che nessun Sindaco o politico italiano le ha completamente restituito. Parigi o meglio le Olimpiadi di Macron non ha neanche provato, se non con alcune scontate cartoline, la Tour Eiffel con le solite paillettes, l’Arc de Triomphe, gli Champs-Elysèes, le Sacre-Coeur a raccontare la sua storia, da Lutetia in poi con il grande apporto di Caterina de’ Medici alla cultura francese, ma forse chiediamo troppo se l’Italia è addirittura scomparsa nella cerimonia di chiusura.

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