Calcio

Perché l’Arabia Saudita ha smesso di investire nel calciomercato: “La Saudi Pro League è un flop, ma l’obiettivo finale è un altro”

Estate 2023: sulle spiagge impazza la Disco Paradise di Fedez, J-Ax e Annalisa. Tormentone musicale che va di pari passo o magari arranca pure dietro a quello sportivo: l’Arabia Saudita con la Saudi Pro League ipertrofica sul mercato. Cristiano Ronaldo ci gioca già da gennaio e nei mesi estivi i petroldollari portano nel Regno campioni come Mahrez, Fabinho, Benzema, Manè, Ngolo Kantè, Koulibaly. E i club vanno oltre, non solo grandi campioni a fine ciclo, ma anche giovani talenti o calciatori nel pieno della carriera, vedi Gabri Veiga soffiato al Napoli campione d’Italia, Diogo Jota, Luiz Felipe, Malcom, Ruben Neves.

Quasi riescono a prendere quello che all’epoca era e probabilmente è tuttora il miglior calciatore al mondo, Kylian Mbappé, offrendogli 200 milioni all’anno. Altrettanti ne offrono al Napoli per comprarsi Osimhen, con Aurelio De Laurentiis che da quanto raccontò L’Equipe rispose in mail: “Con quei soldi potete comprarvi solo un suo piede. Magari oggi ci starà ripensando.
Ma tra oggi e ieri pare esserci un’era geologica. E un anno fa infatti tra gli addetti ai lavori a vario livello iniziava a definirsi un concetto: l’Arabia Saudita non ha nulla in comune con precedenti esperimenti del genere, non è il Giappone degli anni ’90, né gli Stati Uniti, né tantomeno la Russia dell’Anzhi o dello Zenit o la Cina dell’Evergrande, di Suning e dell’Hebei.
No: l’Arabia ha una potenza economica pressoché infinita col fondo Pif (si parla di 600 miliardi di euro) e la Saudi Pro League diventerà uno dei campionati più seguiti al mondo. Ne era convinto Bobo Vieri ad esempio: secondo lui la Spl in cinque o dieci anni sarebbe diventato il primo campionato al mondo. Ne era convinto Cristiano Ronaldo che mette il campionato saudita già al pari di quello francese.

L’operazione coinvolgeva anche la nazionale, puntando, sempre con vagonate di milioni, su Roberto Mancini come ct, soffiandolo all’Italia. Operazione che si ricorderà, portò sdegno nel Bel Paese, sebbene il movimento calcio europeo, in difficoltà che a vario livello vanno dall’esigenza di austerità alla canna del gas ringraziasse: dai calciatori agli allenatori che si assicuravano ricchi, ricchissimi stipendi, agli agenti ovviamente ai club che trovavano acquirenti generosi laddove pure la Premier iniziava ad arrancare. E il profumo dei petroldollari aveva portato ad azzardare persino l’idea di wild card per i club arabi, in particolare per i principali, Al Nassr, Al Hilal, Al Ahli e Al Ittihad per la Champions League.

Estate 2024: cambia tutto. Dai tre miliardi circa di spesa per cartellini e ingaggi del 2023 si passa, a tre settimane dalla riapertura del mercato per la Spl, a poco più di cento milioni (quasi tutti spesi dall’Al Ittihad), nessun nome eclatante e anzi, qualcuno dei calciatori europei o sudamericani che decide di andare via. Ma quello che appare un destino comune, fallimentare, per chiunque abbia provato a diventare protagonista nel calcio a discapito di storia e geografia non può essere descritto come un fallimento (o almeno non completamente) secondo l’economista ed esperto di Sport Business Paolo Ciabattini: “Probabilmente le nostre aspettative non erano corrette”, spiega l’ex consulente Uefa, “perché l’obiettivo con Vision 2030 era di cambiare l’immagine dell’Arabia Saudita, ridurre la dipendenza dal petrolio, promuovendosi come meta turistica anche attraverso il calcio”.

Dunque, non va giudicato soltanto ciò che accade/è accaduto nel calcio, secondo Ciabattini: “Certo uno degli obiettivi intermedi era rendere la Saudi Pro League uno dei campionati top al mondo: e su questo c’è un flop incontrovertibile. Le presenze allo stadio sono addirittura calate rispetto alle stagioni precedenti all’arrivo di tutti quei campioni, i ricavi dei diritti televisivi sono bassissimi: d’altronde si è anche evidenziato come una partita non di cartello di Ligue 1 abbia avuto molti più spettatori di una delle migliori gare della Saudi Pro League. Non so dire se sia stata sbagliata la strategia o altro, ma l’obiettivo in questo senso è stato fallito clamorosamente: la passione non si compra insomma”. C’è un però, che Paolo Ciabattini spiega: “Come detto però quello di rendere la Saudi Pro League un campionato top era un obiettivo intermedio, quello finale invece passa per l’assegnazione dei Mondiali 2034 (al momento l’Arabia Saudita è unica candidata ad ospitarli, ndr). Non credo che nel frattempo vedremo grossi rilanci per la Spl: se non sono riusciti con Ronaldo, Benzema, Manè e gli altri difficilmente riusciranno con altri campioni”.

Punto di vista diverso ma non troppo per Dario Canovi, tra i più importanti procuratori sportivi in Italia: “L’Arabia Saudita nella scorsa stagione più che un’operazione sportiva ha messo in campo un’azione per modificare la sua immagine nel mondo”. Canovi poi individua uno spartiacque preciso tra il prima e il dopo: “Il 7 ottobre 2023 (con l’attacco di Hamas a Israele, ndr) ha cambiato tutto, con ricadute anche per la Saudi Pro League. A me arrivano richieste oggi non tanto dall’Arabia Saudita, quanto dall’Iran, e in particolare mi chiedono allenatori, che però non vogliono andarci”. Anche secondo Canovi, poi, è difficile immaginare evoluzioni o colpi di scena: “Qualche acquisto ovviamente lo faranno e per quel che riguarda gli ingaggi chi è già andato lì può restare, anche perché non credo che manchino soldi laddove invece cominciano a mancare persino in Inghilterra, ma non credo che investiranno nel calcio le stesse somme investite finora”. E quest’ultima, per molti, non è una buona notizia.