Perfino il senatore Maurizio Gasparri, non propriamente un raffinato intellettuale dei diritti civili, si è sentito di scrivere un post per biasimare l’“innegabile talento” dell’ex generale Vannacci nel ribadire che i “tratti somatici” della pallavolista Paola Egonu non sono quelli che tradizionalmente connotano l’individuo latino (e nella fattispecie italiano). Proprio nel giorno in cui la straordinaria atleta italiana, insieme alle sue compagne e a un immenso Julio Velasco, portano l’Italia sul podio più alto della competizione olimpionica.
A un livello di superficie ci si potrebbe limitare a condannare l’ennesima uscita sgradevole dell’onorevole (?) Vannacci, reo di conferire importanza a categorie interpretative utilizzate da autori e regimi in confidenza col razzismo (“tratti somatici”), nonché di sorprendersi piacevolmente per la reprimenda di Maurizio Gasparri, il quale, per giunta, vede bene di ironizzare sull’ex generale ricorrendo a una citazione decisamente sofisticata per i tempi di penuria culturale che ci è dato vivere (“de Gobineau de noantri”).
Voglio provare, invece, ad andare oltre la superficie dei dati evidenti e addentrarmi nella profondità di quelli gravi.
Innanzitutto l’”innegabile talento” di Vannacci. Ebbene, questo ci sbatte in faccia la rude e grave verità per cui nella nostra epoca non conta se dici qualcosa di falso, cattivo o inopportuno, bensì conta (eccome!) se la tua affermazione colpisce e fa scalpore, ancor di più in un contesto destinato a potenziare quella stessa affermazione.
Vannacci si è inserito in questo meccanismo perverso con indubbia abilità e cinismo. Il suo talento è effettivo, con buona pace di Gasparri e, ancor più, della dignità intellettuale devota al vero, al buono e al giusto. L’ex generale si è riguadagnato le prime pagine, la visibilità, financo gli sberleffi e i meme in Rete, ma noi dobbiamo sapere che è proprio questo meccanismo ad avergli consentito di diventare mister cinquecentomila preferenze alle elezioni europee, nonché uno scrittore di successo perché due giornalisti progressisti decisero di attaccare il suo libro (“Un mondo al contrario”) che altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto.
Perché attaccarlo, c’è da chiedersi, se lo si considera mediocre? Con quale altro risultato se non quello di conferirgli visibilità e, quindi, successo, in cambio di un articolo che magari ottiene qualche click e like in più?
Allora va bene prendersela con Vannacci, però non si può ignorare il teatrino mediatico che ormai – sulla scia di una spasmodica e spregiudicata ricerca dei click e dell’audience – per sua stessa natura tende a ricercare con fame chimica e riprodurre con sete alcolica personaggi di tal fatta. Che poi, salvo rare eccezioni, sono sempre gli stessi a usufruire di ospitate televisive, interviste e in generale spazi mediatici a disposizione da cui elargire al popolo perle non sempre di saggezza.
Con un risultato che può essere sintetizzato in questi termini: Paola Egonu vince per propri meriti; Vannacci vince anche lui grazie ai propri demeriti che fanno audience e sono supportati da un apparato mediatico largamente indecente. In compenso a perdere è il popolo, insieme al buon senso, alla serietà, al rispetto della verità, perché irretito e instupidito da un sistema informativo che gli propina spazzatura, irrilevanza, chiacchiericcio e mediocrità.
Lo stesso popolo che, ogni giorno che passa ridotto alla penuria cognitiva anche dal meccanismo di cui sopra, cade sempre in più larga parte nell’errore logico del nostro tempo: quello di ragionare in termini di bianco e nero, like o dislike, dividendosi fra tifoserie fanatiche di questa o quell’altra verità, alla maniera di invasati della fede più che di osservanti della ragione.
È così che si finisce a sragionare, offendere, delirare sulla base di chi avrebbe tratti italiani oppure no, tratti maschili oppure femminili, come se la realtà fosse un piatto e banale schermo atto a riprodurre identità rigide e schematiche. Come se la Storia non si evolvesse costringendo noi umani che la abitiamo ad adottare categorie interpretative rinnovate, abbandonando quelle “tradizioni” che non sono più utili né corrette per interpretare e vivere il tempo nuovo.
L’intelligenza è capacità di “distinzione” – scriveva Hegel – essa è fertile quando disposta a calarsi sul terreno delle sfumature, delle contraddizioni e della complessità. Ma oggi quasi nessun giornale mainstream e ancor più televisione darebbe la parola a uno come Hegel, preferendogli i vari Vannacci e tutti quelli che come lui sono il prodotto di un sistema interessato a spargere mediocrità e ottusità. Ecco perché più che di “innegabile talento” di Vannacci, dovremmo parlare di esecrabile comportamento di un sistema mediatico e culturale al servizio degli algoritmi e del profitto finanziario.