Una farsa è stata rappresentata nel centro di Barcellona. Carles Puigdemont ha giocato le sue carte (le ultime?) per provare a frapporre un ostacolo all’accordo tra i socialisti e gli indipendentisti di Esquerra che ha portato il socialista Salvador Illa alla presidenza della Generalitat. Un fatto di non poco conto, dopo 13 anni la Catalogna avrà un President che non propugna la separazione da Madrid.

Puigdemont ne è consapevole, è per questo che nelle ultime ore ha messo in campo ogni possibile iniziativa per impedire un’intesa politica che rompa il fronte indipendentista, finora granitico, e consegni alla storia la lunga contesa, avviata con il referendum del 1 ottobre 2017, volta alla soluzione unilaterale della questione catalana.

Puigdemont vive in esilio da ben sette anni, può beneficiare solo in parte della legge sull’amnistia, provvedimento approvato in tutta fretta dal governo Sánchez per perseguire un duplice obiettivo: garantirsi i voti degli indipendentisti nel Congresso nazionale, a sostegno della sua risicata maggioranza, restituire alla politica il tema del regionalismo dopo la severa reazione della magistratura alla via unilaterale del separatismo.

La legge sull’amnistia, secondo il Tribunal Supremo di Madrid, non coprirebbe il reato di malversazione, delitto per il quale Puigdemont, president nella rovente stagione referendaria, è stato condannato in via definitiva. Quell’ordine di arresto, per un reato senz’altro meno grave dell’insubordinazione, lo tiene in scacco non consentendogli il rientro in suolo spagnolo. Non sono bastate le critiche politiche o le accuse a Esquerra di tradimento della causa indipendentista, il leader di Junts ha messo in scena una farsa ai limiti del grottesco: dapprima annunciando un rientro che è suonato come una sfida aperta alle autorità poi organizzando, quasi in concomitanza con l’insediamento di Illa, un comizio all’Arco del Triunfo, nel cuore di Barcellona, adunanza preceduta da una passeggiata con codazzo e acclamazioni. Infine la ‘desaparición’, un colpo di teatro. Tutti sapevano, tutti hanno visto, ma l’ex president ancora una volta ha saputo trovare riparo all’estero, a quel che pare nella sicura Waterloo.

E quando la farsa è finita sono emerse inefficienze e ipocrisie di Stato. Forze di polizia inermi nei confronti di un attore pubblico che ha inscenato azioni in pieno centro, membri dei Mossos d’Esquadra, la polizia locale, compiacenti. Due poliziotti messi agli arresti e alti funzionari convocati dal Tribunal Supremo per rendere conto di omissioni inspiegabili.

Oggi si discute della fragilità di un sistema o, se vogliamo, della ragion di Stato, domani toccherà governare mettendo al centro un modello di federalismo possibile. L’accordo tra le forze di maggioranza prevede una fiscalità spinta in favore della Catalogna, una sorta di autonomia perfetta in campo finanziario.

E’ giunto il momento di ridisegnare l’asse Barcellona-Madrid, e con esso anche il rapporto tra la capitale e le 17 comunidades spagnole.

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