Dove eravamo rimasti? Se in Francia la tregua olimpica imposta da Emmanuel Macron ha fatto dimenticare per due settimane i travagli politici, il risveglio ora è ancora più duro. Il presidente della Repubblica è riuscito nell’impresa di spostare l’attenzione e, nel mentre, di esaltare una sorta di riunificazione del Paese in nome dello sport, ma passata la festa, c’è da formare il governo. E nell’immobilismo delle ultime settimane, a fare una mossa è il primo ministro dimissionario Gabriel Attal. Che oggi ha scritto una lettera a tutti i capogruppi parlamentari, tenendo fuori però l’estrema destra del Rassemblement National e la France Insoumise. Un gesto che mira a spaccare la coalizione di sinistra del Nuovo fronte popolare, vincitrice a sorpresa delle elezioni legislative e non ancora convocata dal capo dell’Eliseo. Che, evidentemente, ha ben altri piani in testa. Le sinistre un nome lo hanno già: si chiama Lucie Castets e anche lei, 24 ore prima, ha scritto alle forze repubblicane. L’ex maggioranza presidenziale si rifiuta però di considerarla come interlocutrice e va per la sua strada. Anche se non è detto che porterà risultati.

Cosa dice e cosa vuol dire la lettera di Attal – La lettera, inviata da Attal, è una sorta di appello per un patto di governo: l’obiettivo, neanche troppo mascherato, è quello di richiamarsi al senso di responsabilità delle forze politiche e puntare a un asse che tenga fuori gli estremi. Il testo, come riportato da BFMTV, contiene un appello per formare una coalizione che possa “trovare una nuova strada all’Assemblea nazionale, attraverso il dialogo e il superamento delle solite divisioni”. La lettera è rivolta a tutti i presidenti dei gruppi parlamentari: Laurent Wauquiez (Droite Républicaine), André Chassaigne (Gauche Démocrate et Républicaine), Cyrielle Chatelain (gruppo Ecologiste et Social), Stéphane Lenormand (gruppo Liot) e infine Boris Vallaud (gruppo Socialistes et apparentés). Il primo ministro dimissionario chiede loro di “tornare all’essenziale: la vita quotidiana dei francesi, le emergenze del Paese e il futuro”. E indica sei grandi aree su cui lavorare: risanamento dei conti pubblici e rafforzamento della sovranità economica, difesa dei valori e della laicità e rinnovamento delle istituzioni. Ma anche qualità della vita dei francesi, con il potere d’acquisto, la casa e il lavoro, l’ambiente e la sicurezza. E infine i servizi pubblici, con istruzione e sanità in cima alla lista. E chiude: “Tutto il mio gruppo e io siamo a vostra disposizione per discutere queste priorità”. Pur ammettendo che sarà difficile “essere d’accordo su tutto”, il rappresentante eletto chiede di “superare” eventuali disaccordi. Insieme alla lettera di Attal, ne è stata inviata una simile dal segretario del partito di Macron Stéphane Séjourné ai leader dei partiti politici. Ignorando però, ancora una volta, il partito di Marine Le Pen e quello di Jean-Luc Mélenchon. Mentre le osservazioni introduttive ricalcano quelle del primo ministro, Stéphane Séjourné stila un elenco di sette grandi progetti. E mette come priorità la “sovranità militare“.

La candidata ignorata del Nuovo fronte popolare – Ma cosa ne è stato dell’unica candidata a ricoprire il ruolo di prima ministra Lucie Castets? A indicarla è stato il fronte unito della sinistra e lo ha fatto proprio mentre Macron affrontava l’intervista live che ha accompagnato l’apertura dei Giochi Olimpici. Da quel giorno però, il presidente della Repubblica non solo non l’ha mai convocata, ma neppure ha commentato quella scelta. Si è limitato a far capire che la procedure da seguire per la formazione del nuovo governo sarà diversa. Sono seguite due settimane di silenzio politico e di celebrazione olimpica. Castets solo 24 ore fa ha inviato la sua lettera ai deputati e senatori dei gruppi repubblicani, firmata dai leader dei sette gruppi dell’asse di sinistra. “Gli elettori hanno espresso una fortissima aspettativa di cambiamento”, si legge, “che hanno portato in testa il Nuovo Fronte Popolare” ma hanno lasciato l’Assemblea Nazionale “frammentata e senza maggioranza”. Pur rivendicando il potere, i leader dicono di voler “tenere conto di tutte le implicazioni di queste elezioni”, a partire dalla necessità di “convincere le persone al di là dei ranghi del Fronte per costruire maggioranze parlamentari”. Propongono quindi un “cambiamento di prassi” all’interno del Parlamento, per “preparare i testi in anticipo”, una migliore “distribuzione delle responsabilità” durante i dibattiti e una maggiore “condivisione dell’agenda” con l’esecutivo. E a testimonianza di una “rinnovata enfasi sul lavoro parlamentare”, la sinistra assicura che un governo Castets terrà “discussioni approfondite con i gruppi parlamentari Repubblicani” “non appena sarà nominato”, formula che esclude a priori il Rassemblement National. Queste discussioni, che coinvolgeranno anche i sindacati, gli eletti locali e la “società civile organizzata”, riguarderanno sia “il bilancio per il 2025” sia “un programma di lavoro del governo per i prossimi mesi”. Alla proposta di Castets, per ora, non c’è stata risposta. Se non quella del primo ministro dimissionario Attal che ha rilanciato con una sua lettera che taglia fuori parte della sinistra. La tregua olimpica sembra già lontana.

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