“La vita di un bambino a Gaza, nel decimo mese di questo conflitto, non è una vita. Non lo diremo mai abbastanza: non c’è un posto sicuro e tutto sta finendo: cibo, acqua, carburante, medicine. Tutto”. È la testimonianza del portavoce dell’Unicef, Salim Oweis, che riferisce di essere rimasto “scioccato dalla profondità delle sofferenze, della distruzione e degli sfollamenti diffusi a Gaza”.
“L’acqua e i rifiuti sono un problema enorme – racconta Oweis -. A Deir al-Balah, dove la maggior parte degli sfollati è fuggita negli ultimi mesi, si stima che il sistema igienico-sanitario parzialmente funzionante sia sovraccarico di sette volte la sua capacità a causa di queste massicce ondate di sfollamento nella zona. Di conseguenza, la rete fognaria vecchia di decenni è per lo più intasata e perde. Le famiglie mi hanno chiesto urgentemente sapone e prodotti per l’igiene. Stanno usando acqua e sale per pulire i loro bambini o acqua bollente con limoni per cercare di curare le eruzioni cutanee. Mi dicono che i medici non hanno la capacità o le medicine per curarle, con casi medici più gravi che arrivano ogni ora e senza scorte sugli scaffali. E così, le eruzioni cutanee si diffondono”. “C’è anche una grave mancanza di medicinali per i bambini con condizioni preesistenti come il cancro e le malattie congenite”, bambini di fatto condannati a una “morte lenta” perché non possono ricevere le cure di cui hanno bisogno.
“La loro unica speranza di sopravvivenza è il cessate il fuoco. I bambini di Gaza si aggrappano ancora alla convinzione che questo giorno arriverà, e l’Unicef condivide questa speranza. Raggiungere un cessate il fuoco è ancora possibile, è più che mai necessario e molto atteso, e tutti – sottolinea Oweis – devono fare tutto ciò che è in loro potere per sostenerlo”.

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