di Stefano Briganti

Il nuovo sviluppo del conflitto russo-ucraino (Nato) pone inevitabilmente la domanda: “A chi giova questa azione?”. Ha poco o nessun senso per gli obiettivi che ci hanno detto dovrebbero essere raggiunti da Kiev con le armi Nato, ovvero liberare i territori ucraini dall’esercito russo. Invadere con mille soldati qualche decina di kmq di un paese che ne ha svariati milioni ha una valenza bellica insignificante, così come non ce l’ha ciò che dice Zelensky: “Ora facciamo provare ai russi ciò che la loro guerra fa provare agi ucraini”.

Per cui, per cercare una risposta al “cui prodest?”, bisogna uscire dalla narrazione che viene data in questi giorni, ripercorrendo il percorso partendo, come sempre, dai veri obiettivi del conflitto. Sono quelli dichiarati da Joe Biden tra marzo e maggio 2022: “è in atto una battaglia tra democrazia e autocrazie (Russia e Cina) e la democrazia (Usa) prevarrà” e “siamo ad un inflection point che nella storia si presenta di rado. C’è un nuovo ordine mondiale che si sta creando e noi dovremo guidarlo”. Insomma, la Russia deve subire una sconfitta tale che faccia implodere la Federazione Russa come accadde nel 1990 per l’Urss.

L’invasione della Russia in Ucraina è stata la scintilla attesa da decenni. La reazione occidentale e l’allineamento Ue sono fulminei e seguono le indicazioni fornite dallo studio commissionato da Washington alla Rand Co. nel 2019 “Overextending and Unbalancing Russia”. Parte la guerra commerciale a Mosca e Zelensky inizia il suo pellegrinaggio nei luoghi sacri dell’alta finanza e della politica occidentali vestito da agnello in grigioverde, aggredito dal lupo criminale di guerra e terrorista. L’Ucraina inizia a ricevere miliardi di dollari in armi sempre più potenti e miliardi di dollari per non far crollare il paese. In capo a un anno le indicazioni della Rand, divenute strategia di “contenimento” della minaccia russa, sono realizzate.

La Nato viene rafforzata, ma l’esercito ucraino inizia ad arrancare sotto la spinta di quello russo. Quando si comincia ad avere la certezza che la guerra economica alla Russia e la sola Ucraina, seppur iper armata, non faranno raggiungere gli obiettivi made in Usa, si cambia strategia: devono entrare nel conflitto anche i paesi Nato. Prima di tutto bisogna garantire soldi sicuri alla Nato e al riparo dalla sfera politica Usa: obiettivo raggiunto a luglio a Washington. Poi bisogna preparare i cittadini europei alla guerra e perciò si deve creare il nemico europeo ovvero la Russia: obiettivo raggiunto da Ursula von der Leyen nel discorso del 28 febbraio. Infine si deve dare modo a Zelensky di creare una condizione che non permetta ai paesi europei e alla Ue di tirarsi indietro al momento opportuno. Io credo che questo sia il “cui prodest” dell’invasione ucraina in Russia e degli attacchi in territorio russo con armi occidentali.

L’operazione è riuscita e ora Zelensky comincerà a rivolgersi all’Europa (non agli Usa) e dirà: “Vedete? la Russia può essere sconfitta perché se sono riuscito io a invadere chilometri di territorio russo con pochi soldati, quanto di più potreste fare voi utilizzando i vostri soldati e mezzi? Vi ho dimostrato che si può fare. Avete la possibilità di sconfiggere il nemico dell’Europa. Fatelo”. A Washington Biden starà a guardare sapendo che da qui a sei mesi il problema russo lo gestirà un altro. All’Europa, ora legata a Kiev dagli accordi bilaterali di sicurezza e a Bruxelles, con gli impegni presi con Kiev e il “supporto all’Ucraina finché necessario”, sarà molto difficile se non impossibile mandare al diavolo Zelensky. Il nuovo ministro degli esteri Ue, la estone Kallas, annuncerà che l’ora delle decisioni irrevocabili è arrivata.

I polacchi, gli estoni o i lettoni, sotto lo scudo dell’art. 5 Nato, saranno i primi a seguire la nuova logica “difensiva” sul territorio russo, per “difendere” oltre che l’Ucraina anche l’Europa tutta. Così per gli imbelli paesi europei si aprirà la nuova era annunciata da von der Leyen: l’era della guerra.

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