In Italia gli stabilimenti balneari attrezzati per le persone con disabilità continuano a essere quasi introvabili. Ancora oggi, infatti, solo una spiaggia su dieci, tra quelle gestite da enti privati è accessibile. Nonostante le campagne informative delle poche realtà virtuose presenti solo a macchia di leopardo nella Penisola, la situazione generale delle spiagge è ancora ampiamente inadeguata e non rispettosa dei bisogni di chi vive una condizione di mobilità ridotta o di non autosufficienza. Nel 2023 uno studio di Unioncamere contava nel nostro Paese 7.173 lidi, ma solo 650 di questi erano davvero accessibili per tutti. Un anno dopo la situazione si conferma la stessa. Le famiglie con persone disabili non trovano praticamente mai spiagge libere fruibili e sono costrette a rivolgersi ai privati ma anche qui i numeri sono, quasi sempre, impietosi. Sono presenti da anni obblighi normativi per l’accessibilità dei lidi, come ad esempio la legge n. 104 del 1992 che all‘articolo 23 disciplina come le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione e i loro rinnovi siano subordinate alla visitabilità degli impianti e all’effettiva possibilità di accesso al mare delle persone con disabilità. Eppure continuano a essere tantissime le testimonianze di persone disabili che non hanno avuto accesso al bagnasciuga. Come ogni anno, ilfattoquotidiano.it vuole continuare a raccontare le difficoltà per chi decide di andare in vacanza e si trova in luoghi inaccessibili. Se hai storie o segnalazioni scrivici a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it.

“Tragitti impegnativi e disservizi” – Per capire cosa sia cambiato negli ultimi 12 mesi, abbiamo contattato esperti e presidenti di alcune associazioni che si battono per vedere garantiti i diritti di donne e uomini con disabilità. Ne è venuto fuori un quadro ancora molto negativo. “In Italia la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità in termini di accessibilità universale non viene rispettata neanche per le spiagge. Oggi non si deve più parlare solo di accessibilità ma anche di fruibilità dei diversi spazi e contesti, in condizione di pari opportunità con gli altri e con le minori limitazioni possibili”, dice Roberto Speziale, presidente dell’Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo (Anffas). “Sedie per disabili attrezzate per la spiaggia sono ancora un miraggio in molti stabilimenti. Le passerelle, essenziali per avvicinarsi ai lettini, spesso sono difficili da usare, perchè coperte di sabbia e in alcuni casi con assi malmessi. Solo il buon cuore del gestore dello stabilimento e la fortuna rendono possibile trovare un lettino vicino alla passerella e quindi di evitare tragitti ‘impegnativi’ tra ombrelloni e sabbia”, dice Maurizio Attanasi di Genitori Tosti in tutti i posti Aps e membro della Consulta per la mobilità attiva e accessibilità del Comune di Milano.

Le barche sono vietate – Basta una sedia job, quelle galleggianti costruite con materiali speciali, per agevolare l’ingresso in acqua delle persone non autosufficienti se poi non ci sono bagni accessibili? Basta un parcheggio riservato alle persone disabili se poi non ci sono pedane per arrivare al bagnasciuga? “Assolutamente no”, risponde Speziale. “Eppure ogni estate assistiamo a mirabolanti dichiarazioni di amministratori sensibili al tema che pensando di aver reso la spiaggia accessibile, con una semplice pedana o una sedia galleggiante, se ne fanno vanto”. Il numero uno di Anffas pone l’attenzione anche su un tema poco affrontato che è quello delle imbarcazioni da diporto e relativi porti turistici, “attività apprezzata e di straordinaria valenza per tutte le persone con disabilità ma che spesso viene impedita proprio per la mancanza di adeguate infrastrutture e protocolli a cui i gestori tanto dei lidi che delle strutture ed imbarcazioni dedicate al diporto dovrebbero attenersi”. Per Vincenzo Falabella, presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap, “inclusività e pari opportunità sono le parole chiave che stanno contribuendo a far transitare il turismo nel terzo millennio ma ancora oggi si fa un errore di fondo, ossia identificare l’inclusività con l’abbattimento delle sole barriere architettoniche”. In realtà secondo il numero uno della Fish “un soggiorno realmente accessibile è quello in cui il turista trova servizi dedicati pienamente inclusivi e informazioni affidabili, rispettose delle sue peculiari esigenze di accessibilità. Ognuno deve essere messo in condizione di decidere dove trascorrere il proprio tempo libero al mare, magari con la famiglia o gli amici, per seguire le proprie passioni senza impedimenti o limitazioni”. Si continua a vivere il rischio reale di esclusioni, assenza di ausili idonei e bagni accessibili.

Più concorrenza per spiagge più inclusive – Nonostante vi siano leggi nazionali che prescrivono l’obbligo per i concessionari di rendere accessibili le spiagge, e nonostante i progetti di accessibilità nelle spiagge italiane possano fruire di finanziamenti attraverso diverse fonti, tra cui alcuni fondi nazionali, regionali e bandi per il turismo accessibile, non pare vi siano stati significativi progressi nelle ultime estati. Alessandro Chiarini, presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità, denuncia a ilfattoquotidiano.it che “non si possono neanche più giustificare queste gravi criticità con la mancanza di norme su come rendere fruibili tutti i lidi italiani dal momento che dal 2023 è stato pure redatto dall’Ente italiano di normazione un documento tecnico (UNI/PdR 131:2023) che fornisce le linee guida e requisiti per garantire accessibilità e fruibilità”. Fra le altre disposizioni si dice di porre particolare attenzione alla promozione di un approccio globale all’accessibilità. “Evidentemente tutto questo non è bastato”, sottolinea Chiarini. “In tutta questa annosa vicenda ci sarebbe pure l’opportunità rappresentata dal ddl Concorrenza, il cui articolo 3 dispone la scadenza di tutte le concessioni vigenti al 31 dicembre 2023 e l’obbligo di gara per il 2024”. Ma il governo di Giorgia Meloni ha inserito nel suo primo decreto Milleproroghe il rinvio di un anno delle gare. “Sarebbe invece auspicabile la sua attuazione dal momento che con le nuove gare si potrebbe dare un impulso significativo all’ espansione delle strutture pienamente inclusive per tutti senza discriminazioni”, dice il presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità. “Del resto – aggiunge – i gestori delle concessioni demaniali paiono estremamente attenti nell’affermare le loro posizioni ma per nulla puntuali ed efficaci quando si tratta di affermare la piena inclusione delle persone con disabilità. Al fondo di questa vicenda emerge un chiaro problema di volontà e di civiltà se solo il 10% dei lidi sono fruibili da tutti”.

“Non sono vacanze ma traslochi brevi” – In questo quadro si continuano a moltiplicare gli episodi negativi di cui sono vittime le famiglie con minori disabili a carico. “Ogni estate ci arrivano decine di segnalazioni da ogni parte d’Italia da quelle poche famiglie con persone con disabilità che riescono a spostarsi per recarsi in vacanza: segnalano spiagge non accessibili, assenza di servizi igienici adeguati e l’impossibilità di arrivare in acqua con appositi ausili”, dice Maria Coppola presidentessa di Nessuno è Escluso. Coppola ha tre figli: una, Roberta, non è autosufficiente e convive con una patologia rarissima. “Anche per noi in vacanza al mare in agosto nella benestante Toscana, la storia non cambia, arrivare col passeggino posturale fino all’ombrellone è già un mezzo miracolo, per il resto dobbiamo arrangiarci”. In generale le spiagge non sono fruibili per la figlia che si sposta in carrozzina. Ma l’accesso limitato alla spiaggia è solo uno dei limiti da affrontare. “Dobbiamo prepararci mesi prima della partenza, già nella scelta della meta che non può mai essere quella desiderata ma legata ad alcuni parametri come per esempio un ospedale attrezzato nelle vicinanze. Sulla presenza o meno di un minimo di servizi accessibili riusciamo a informarci soltanto grazie al passaparola con altri genitori”, racconta. “Non sono vacanze rilassanti ma complessi traslochi di brevi periodi senza alcuna possibilità di reale ristoro e necessario riposo perché se a casa tua hai qualche supporto – seppur inadeguato – quando ti rechi fuori Regione sei completamente abbandonato al tuo destino con un carico assistenziale enorme da gestire”.

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