L’Italvolley femminile celebra l’oro e chi quell’oro ha permesso di raggiungerlo: non è solo questione di chi è sceso in campo, ma di chi quelle ragazze le ha scelte e le ha motivate. Fino a una vittoria incredibile: un solo set perso in tutte le partite dei giochi Olimpici e una medaglia non meritata. Di più. Julio Velasco si gode questo successo a 72 anni: ha vinto di tutto, ma le Olimpiadi gli mancavano. Anzi, riformulazione della frase: ha vinto di tutto con la pallavolo. Nel calcio ci ha provato anche senza riuscirci. Ma in qualche modo ha lasciato il segno.

Due sono le parentesi che lo hanno visto a suo modo protagonista: una nel 1998 come direttore generale della Lazio, per poco più di un anno; l’altra nel 2000, all’Inter, nello staff di Marcello Lippi. L’esperienza in nerazzurro è stata negativa per tutti, Velasco compreso. Quella alla Lazio è durata meno di quello che lui stesso si sarebbe aspettato, ma in qualche maniera viene ricordato. “Non aveva mai fatto calcio, ma trasmetteva una cultura del rispetto che meritava e merita di essere sottolineata”. La voce è quella di Igor Protti, che ha vissuto quella stagione alla Lazio per tre soli mesi, prima del passaggio alla Reggina. “È una cosa che si ha, o non si ha: non poteva e non voleva intervenire dal punto di vista tecnico, ma veniva spesso a vedere gli allenamenti di Eriksson, ma era soprattutto quella sua capacità di interagire con il gruppo che lo rendeva diverso. Si vedeva che aveva fatto sport di squadra ad altissimi livelli, e questa cosa va a prescindere dal calcio”.

E poi c’è stato un episodio che lo aveva colpito molto: “Quando stavo per salutare la Lazio, mi disse che era davvero dispiaciuto. Trovava il mio comportamento molto sano all’interno del gruppo, mi aveva detto che lavorare con persone così fosse sempre stimolante”. Inaspettato, ma genuino. Di ritorno da Parigi, lui e tutta la sua squadra sono stati accolti in trionfo. Nemmeno quell’attenzione si aspettava, probabilmente. “Cosa farò ora? Vediamo…” ha detto Velasco. Intanto, si gode l’oro e quella celebrità figlia di un percorso lungo e variegato. E con deviazioni che lo hanno arricchito.

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