Cosa succede a Genova sul tema dei cimiteri e della cremazione, una città al primo posto in Italia nell’indice di invecchiamento degli abitanti, 266,9% a fronte del 184,4 di Milano e il 226.8 di Torino, solo per citare due grandi città vicine?

Nella infernale canicola di questi giorni è in corso uno strano attacco da parte dell’amministrazione comunale genovese verso So.Crem, ente dal 1902 riconosciuto dallo Stato che si occupa di cremazione. SoCrem non è solo questo, a Genova: è anche un’associazione che promuove cultura e che dà spazio all’informazione sul fine vita: dallo scorso anno, tra le attività culturali e sociali che l’associazione svolge c’è l’innovativo corso per la formazione di una nuova figura professionale, la doula di fine vita, per l’accompagnamento della persona che muore e il suo nucleo relazionale, una iniziativa biennale per ora unica in Italia che ha coinvolto 40 persone già formate nel primo anno dei due previsti.

Ma ecco cosa accade: il 24 luglio scorso, in Consiglio comunale a Genova, si discute del progetto di un secondo forno crematorio presso il Cimitero Monumentale di Staglieno, accanto a quello storico che So.Crem gestisce e possiede: si tratta di uno degli impianti crematori più grandi d’Italia, con ben quattro linee di cremazione (7000/8000 cremazioni annue e la possibilità di effettuarne fino a 14mila) con un impatto ambientale nettamente inferiore ai limiti di legge.

L’iniziativa presa dall’amministrazione per la costruzione del secondo forno crematorio è già gravata in partenza da un esposto di Legambiente alla Procura della Repubblica. Legambiente chiede la sospensione del progetto di costruzione di un nuovo forno crematorio adducendo, tra l’altro, l’inadeguata istruttoria sotto i profili paesaggistico, monumentale ed archeologico, poi perché non risulta una adeguata istruttoria in ordine alla pericolosità dell’opera sotto il profilo geologico e infine per il mancato rispetto del piano cimiteriale, chiedendo invece investimenti per ristrutturare la struttura esistente.

Il vicesindaco di Genova Pietro Piciocchi ha, nella seduta del Consiglio del 24 luglio scorso, esposto pubblicamente dati non corretti sul conto di So.Crem, tra cui il fatto che il Comune non avrebbe mai avuto accesso ai bilanci dell’ente; ne indica un numero errato dei dipendenti, evidenzia la mancanza di una sala del commiato (che invece esiste), denuncia un eccesso di guadagni a fronte di spese minime di manutenzione e l’assenza di investimenti e di restituzione verso la città.

Tutte accuse ritenute gravi da So.Crem sulle quali, in una lunga e dettagliata lettera a firma del suo presidente, l’ente ribatte portando fatti documentati, dai quali emerge che i bilanci sono pubblici e consultabili, rimanda al mittente le accuse di opacità finanziaria, rimette a posto i numeri: So.Crem ha 15 lavoratori dipendenti tra amministrativi e operai fornisti, senza contare l’indotto delle numerose figure tecniche indispensabili per la conduzione dell’impianto e nel 2022 ha ottenuto dalla Regione Liguria l’approvazione dell’adeguamento statutario in Ente del Terzo Settore.

Inoltre, all’accusa del vicesindaco secondo il quale la tecnologia del forno sarebbe obsoleta, So.Crem ribatte nella lettera che è riuscita a lavorare a pieno ritmo anche durante il periodo della pandemia Covid, purtroppo caratterizzato da un incremento consistente dei decessi; questo nel pieno rispetto della vigente normativa, con particolare riferimento alle emissioni in atmosfera, attestandosi ben al di sotto dei limiti di legge.

In questa brutta storia di accuse e notizie scorrette si attende ora il secondo round: So.Crem infatti, come si sottolinea nella lettera, “considerato l’emergente danno reputazionale inferto all’ente, sollecita il Sig. Vice Sindaco a formulare una smentita di quanto asserito nel corso della Commissione del 24 luglio, con riserva di tutelare i propri legittimi interessi nei modi e nelle sedi giudiziarie competenti”.

E lo strano caso della città più vecchia d’Italia con un problema sul suo forno crematorio sembra non finire qui.

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