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Iran-Israele, Hamas e Teheran: “Non saremo ai colloqui di Doha”. Media: “Il capo della Cia in Qatar”, Tel Aviv insiste sui 33 ostaggi in vita

In attesa dei colloqui per il cessate il fuoco a Gaza promossi da Usa, Qatar ed Egitto in calendario domani a Doha, il Medio Oriente resta in fibrillazione. Ieri tre funzionari iraniani avevano detto all’agenzia Reuters che l’annunciato attacco a Israele per l’uccisione di Ismail Haniyeh potrebbe non esserci se si troverà un accordo sulla tregua. Oggi la Missione permanente presso le Nazioni Unite ha dichiarato che Teheran non intende inviare rappresentanti ai colloqui che, stando alle dichiarazioni di oggi, registreranno anche l’assenza di Hamas: parlando con Sky Arabia, uno dei leader ha affermato che il movimento non intende negoziare su quello che è già stato concordato e che Israele deve ritirarsi completamente dalla Striscia.

Hamas –Stiamo perdendo fiducia nella capacità degli Stati Uniti di mediare nei colloqui per il cessate il fuoco” ha dichiarato Osama Hamdan, esponente di spicco e membro dell’ufficio politico di Hamas, in un’intervista ad Ap, ribadendo che Hamas parteciperà ai colloqui di Doha solo se questi si concentreranno sull’attuazione della proposta illustrata dal presidente americano Joe Biden a maggio. “Abbiamo informato i mediatori che qualsiasi riunione dovrebbe basarsi sui meccanismi di implementazione e sullo stabilire un calendario piuttosto che negoziare qualcosa di nuovo”, ha detto Hamdan, nell’intervista pubblicata sul sito dell’agenzia. “Altrimenti, Hamas non trova alcun motivo per partecipare”.

Tuttavia i mediatori prevedono consultazioni dopo il 15 agosto: “Intraprendere nuovi negoziati consente a Israele di imporre nuove condizioni e di utilizzarli per compiere altri massacri”, ha detto un funzionario a Reuters. “Hamas è impegnata a rispettare la proposta presentata il 2 luglio,”, ha aggiunto. L’assenza di Hamas, tuttavia, non elimina le possibilità di progressi, poiché il suo capo negoziatore Khalil al-Hayya risiede a Doha e il gruppo ha canali aperti con Egitto e Qatar.

Israele – Tel Aviv invierà, invece, i suoi rappresentanti. Benjamin Netanyahu, ha fatto sapere l’ufficio del premier, “ha approvato la partenza della delegazione israeliana per Doha giovedì, così come il mandato per condurre i negoziati”, che saranno affidati al capo del Mossad, David Barnea, e quello dello Shin Bet, Ronan Bar. Il primo ministro è venuto incontro alle richieste delle famiglie degli ostaggi, che avevano sollecitato anche la presenza dell’inviato per l’esercito Nitzan Alon.

Ci sarà il capo della Cia – Il timore delle famiglie era che, nel caso fosse andato soltanto Barnea come inizialmente previsto, quest’ultimo avrebbe potuto ricevere un mandato ristretto da Netanyahu: “Significherebbe lasciare le ragazze e gli altri a Gaza”, avevano detto. Israele avrebbe stilato e starebbe trasmettendo presentato una lista dei nomi dei 33 ostaggi ancora in vita che dal suo punto di vista devono essere rilasciati nella prima fase dell’accordo. Channel 12 riferisce indiscrezioni secondo cui Israele ha chiarito che insiste sulla liberazione di 33 ostaggi vivi e non per il rilascio di soli 18 ostaggi vivi e 15 corpi. Secondo alcuni media Usa e israeliani in Qatar ci sarò anche il capo della Cia William Burns. Con Burns anche Brett McGurk, il coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente e l’Africa.

Resta caldo anche il confine con il Libano: un alto funzionario della sicurezza israeliana ha affermato che una risposta sproporzionata da parte di Hezbollah potrebbe “portare a un attacco israeliano che porterà a una nuova realtà sul confine settentrionale“. Alla luce della valutazione della situazione, le Israel Defense Forces hanno chiesto agli abitanti dell’Alta Galilea di rimanere vicini ai rifugi. Nel frattempo il comune di Kiriat Shmona ha comunicato che due razzi lanciati dal territorio libanese sono caduti nella cittadina.

L’insediamento riconosciuto – Intanto Israele ha annunciato i confini comunali del primo insediamento in Cisgiordania formalmente stabilito dal governo dal 2017, assegnando a Nahal Heletz circa 148 ettari di terra a sud-ovest di Gerusalemme. Il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich, che ha promosso l’istituzione dell’insediamento, afferma che aiuterà a collegare Gerusalemme al blocco degli insediamenti di Etzion e afferma che continuerà a “combattere contro” uno stato palestinese “stabilendo i fatti sul campo”. L’istituzione di Nahal Heletz è stata formalmente approvata dal governo nel giugno di quest’anno, insieme alla legalizzazione retroattiva di quattro avamposti illegali.

Un riconoscimento che avviene in un periodo di forti tensioni con il mondo arabo. Ieri Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale israeliano ed esponente dell’estrema destra al governo con Netanyahu, ha passeggiato sul Monte del Tempio insieme a circa 1.600 fedeli nel giorno di Tisha b’Av, in cui gli ebrei commemorano la distruzione del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme. Decine di pellegrini si sono sdraiati a terra in preghiera, violando lo status quo – concordato fra Israele e Giordania nel 1967 e ribadito nella pace del 1994 – e le istruzioni della polizia, secondo cui la preghiera nel sito è riservata ai musulmani.