di Nadia D’Agaro

“Il leggendario attivista oceanico Paul Watson ha dedicato la sua vita a salvare il nostro pianeta e gli oceani. Come giustamente afferma, ‘se i nostri oceani muoiono, moriamo anche noi’. Paul Watson è un uomo dal carattere incommensurabile ed è amico mio e di mia moglie Keely da oltre 30 anni. Rispettiamo molto il lavoro coraggioso, altruista e fondamentale che Paul ha svolto, a grande rischio per se stesso, per proteggere i nostri oceani e in particolare la vita marina. È un vero eroe dell’ambiente che lavora instancabilmente per dare voce a chi non ha voce, proteggendo allo stesso tempo il nostro futuro e quello delle generazioni a venire. Le sue azioni sono sempre state nell’interesse di sostenere le leggi internazionali e garantire la salute dei nostri oceani. Difendere i cetacei e l’ecosistema da cui tutti dipendiamo per la sopravvivenza non è un crimine. Vi prego di unirvi all’ufficio del presidente francese Emmanuel Macron, alla dottoressa Jane Goodall, alle comunità ambientaliste e internazionali, e a me stesso nell’esortare le autorità danesi a non estradare Paul Watson in Giappone. Chiediamo il rilascio immediato del capitano Paul Watson. Per favore firma il link in bio.”

Così si esprime l’attore e produttore cinematografico Pierce Brosnan nella sua pagina Instagram a proposito dell’attivista Paul Watson, arrestato il 21 luglio in Groenlandia su mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone. Watson era in missione per intercettare nel Pacifico Settentrionale la nuova baleniera giapponese Kangei Maru, dove le balene vengono macellate. In maggio il governo del Giappone aveva annunciato la riapertura della caccia commerciale alle balenottere comuni per la loro carne. Quella giapponese è una scelta inconcepibile, in quanto la richiesta di carne di balena è in recessione in Giappone, ma soprattutto in quanto i grandi cetacei misticeti sono accumulatori di carbonio e ciascun esemplare in meno rappresenta un danno per l’intero pianeta, precipitato in una profonda crisi climatica a causa delle emissioni di anidride carbonica (CO2).

“Il tentativo di incrementare il numero di balene potrebbe essere visto come una forma benigna di geo-ingegneria”, ha scritto George Monbiot, scrittore e giornalista britannico, autore del saggio dedicato al rewilding Selvaggi. “Una grande balena assorbe in media 33 tonnellate di CO2, mentre un albero, ad esempio, ne immagazzina annualmente meno di cinquanta chili. Quando il cetaceo muore si inabissa trascinando tutta questa anidride carbonica in fondo all’oceano, dove rimarrà per secoli.”

Il Giappone era uscito dalla IWC (International Whaling Commission) per “protesta” nel 2019: ora non solo riapre la caccia alle balene, ma emette mandato internazionale di arresto verso chi si muove per difenderle.

Purtroppo in una situazione di violenza mondiale crescente, dove ci si prende a pugni non solo e legittimamente per ottenere delle medaglie, ma anche per questioni più antiche e mai risolte, e molto più devastanti di un incontro di boxe, la notizia dell’arresto di Paul Watson ha ricoperto poca visibilità in Italia, un pochino di più in Francia, dove ci si è mossi con raccolte firme per la sua liberazione, e la non consegna al Giappone.

Dovrebbe essere condannato il Giappone per quanto sta facendo, non Paul Watson. Ma sappiamo che ci troviamo in un ‘mondo a rovescio’. Quindi, anche io mi unisco all’appello di Pierce Brosnan e invito i lettori del Fatto a firmare la petizione della Fondazione Paul Watson per chiedere al governo danese di non estradarlo.

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